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Arriva IPv6 e Mac Os X è già  pronto

Il futuro di Internet si basa sull’abbandono dell’attuale protocollo IPv4, basato su quattro gruppi di quattro cifre costituienti gli indirizzi Internet (che i server Dns traducono in indirizzi meglio comprensibili agli esseri umani basati su chiavi alfanumeriche, come ad esempio www.macitynet.it) in favore del nuovo IPv6.

La differenza sta nel calcolo combinatorio: quattro gruppi di quattro cifre consentono di ottenere un numero massimo di indirizzi molto elevato ma non abbastanza da reggere il peso di un mondo che ha fame di indirizzi Internet. Soprattutto nell’immediato futuro, quando periferiche intelligenti (dai telefonini a migliaia di home appliances) saranno stabilmente collegate ad Internet. Per ottenere un numero di indirizzi IP sufficientemente elevati, da alcuni anni è allo studio lo standard IPv6, che crea un nuovo modo di gestire gli indirizzi IP basato su sei gruppi di cifre. Il totale degli indirizzi IP è talmente elevato che difficilmente potranno essere esauriti anche se mettessimo online tutta l’elettronica che avremo a disposizione nei prossimi cento anni.

L’esperimento di Bruxelles, dove è partita la prima rete sperimentale, è rivolto al mondo delle grandi imprese, i primi soggetti che hanno manifestato una “fame di indirizzi” insaziabili e che vedono nella nuova struttura un modo per non perdere i vantaggi dell’utilizzo della rete. Ma si pongono problemi sia di compatibilità  con la rete esistente che di gestione della transizione. Quali hardware e quali sistemi operativi sono pronti?

Neanche a farlo apposta Mac Os X implementa, fin dalla versione di Jaguar, la risorsa per IPv6, che però in Panther ha raggiunto la piena maturità  ed è tranquillamente visibile all’interno del pannello Network delle preferenze di sistema. Per adesso inutile, garantisce però una compatibiltà  già  presente con il futuro della rete agli utilizzatori della piattaforma. Lo stesso succede con Windows Xp SE e con l’ultimo kernel di Linux.

Il problema, soprattutto per la piattaforma di Microsoft, è però duplice: da un lato non sarà  facile la configurazione per gli utenti Windows (ma quale configurazione è mai stata facile per l’utente nel mondo progettato da Bill Gates?) e soprattutto il tasso di adozione del nuovo sistema operativo di Microsoft risulta essere molto più lenta della transizione già  effettuata con successo da Mac Os X.

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