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Caro Diario, storia di un iBook (ritornato) e del suo felice padrone (3/3)

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Prosegue l’odissea. Ho male a un piede. Pensavo che fossero le scarpe, ho provato a cambiarle. Niente, il dolore rimane. Poi ho avuto un’illuminazione: è l’Acer. L’iBook stava nello zainetto nero, piccolo, bilanciato. L’Acer sta in una borsa con la tracolla, pesa da solo quasi tre chili. Poi c’è il trasformatore.
Non è come quello dell’iBook (ho lo Jo-jo), è una specie di mattone aggrovigliato tra i cavi. Più, la borsa (che, in quanto tracolla, grava su di un’unica spalla) che ha anche lei il suo bel peso. Il risultato è drammatico. Nello zainetto l’Acer non ci sta. Provo a spingerlo, ma rischio di rompere lo zainetto. Peccato, lo blocca proprio la cosa che apprezzo di più, cioè le dimensioni del monitor. In effetti 14 pollici sono una bella comodità , penso. Solo che pesano.

Il mio rapporto con Windows procede a fasi alterne. L’unico grande vantaggio è al lavoro. Collegato all’Intranet riesco a fare un paio di cose che con l’iBook mi erano vietate. Fondamentalmente è un problema di software. Infatti, anche l’iBook accede senza problemi al file server. Ancora meglio utilizzando Dave. Piccolo (e costoso) programma che consente l’integrazione nelle reti create Microsoft. Differente la storia delle stampanti: abbiamo una HP 2100 Laserjet di base. Questo vuol dire che non supporta la stampa in Postscript. Bisognerebbe installare un modulo di memoria aggiuntiva (e nessuno ha l’autorità  per farlo, soprattutto non a spese proprie). Quindi, l’iBook non stampa da nessuna parte. Poi, il collegamento a Internet. Per la sicurezza siamo dietro un Proxy di Microsoft, che chiude tutto tranne che la porta 80 per l’Http. Non c’è modo di far funzionare né il mio programma client di posta elettronica (Mail, quello di serie con Os X), né Messenger, nè nulla (compreso Fetch e Limewire) che non sia il browser (uso indifferentemente Explorer e Omniweb) o – grazie al cielo – Software Update. E’ un po’ frustrante, sopratutto perchè l’Acer si collega automaticamente al proxy e una piccola utility della Microsoft – Proxy Client – setta automaticamente il forward di tutte le porte logiche attraverso la porta 80 del Proxy. Credo sia possibile anche sotto Os X, solo che richiede una notevole esperienza con i settaggi di Unix. Che io non ho. Da questo punto di vista, Windows fa la sua bella figura.

A casa, lo ammetto, ho ceduto alla tentazione e mi sono installato Flight Simulator 98. Giaceva in un cassetto da quattro anni, regalo di un amico ormai disperso. E’ il miglior simulatore di volo sul mercato, meglio dei vari Fly! e X-Plane, soprattutto perchè si trovano tonnellate di aerei e scenari sulla rete. Lo ammetto, è l’unica applicazione che mi manca veramente sul Mac. Avevano detto che la Microsoft intendeva farne una versione anche per i computer di Apple, ma non è mai successo. Oltretutto, quei maledetti hanno comprato il gioco che originariamente era stato sviluppato per Apple II e poi per Mac da una software house indipendente. Lo hanno trasferito su Pc, migliorato alla grande, e di noi poveri utenti Apple se ne sono sempre fregati. Una vecchia ferita… In questo momento ho installato praticamente otto applicazioni (Office, Quicktime, Flight Simulator). Il disco rigido è pieno per un terzo. Le risorse del sistema sono al 65%! Inoltre, la macchina evidenzia i primi sintomi di instabilità . Guardo il cielo di Milano fuori dalla mia finestra, è notte ed ha uno sgradevole colore giallino. Mi chiedo come diavolo fa quel 95% a usare Windows e dormire sereno. Credo sia un problema di esperienza: non ho mai visto un utente Pc passare al Mac e poi tornare indietro deluso. Però è anche vero che alla fine ci si abitua a tutto…

Sono in ufficio, con una certa tristezza nell’anima. Lavoro col Pc. Apro un file di Word, inizia ad aprirsi l’applicazione e io non posso fare nient’altro. Se clicco sul sottostante programma di posta per fare anche un check-mail lui si rifiuta. Devo aspettare con calma che si apra Word. Minimizzarlo. Controllare la posta e poi ripassare a Word. Con Os X, per dirne una, potevo anche premere il pulsante di spegnimento, appare il classico dialogo (Spegni, riavvia, sleep, annulla) e lasciarlo lì mentre faccio altre cose dell’ultimo momento. Perchè Windows non ci riesce? Oltretutto la licenza costa anche di più…

Squilla il telefono, è l’angelo dell’assistenza. “Guardi, il suo iBook è arrivato”. La saluto che sto già  scendendo le scale. Metropolitana, tram e poi arrivo. Un po’ di coda, qualche sorriso nel caldo, e poi me lo ridanno avvolto nella plastica. Lo scarto, per controllare che ci sia tutto. E’ lui! Il coperchio è perfetto (solo, lievemente fuori asse lateralmente). Il tecnico mi assicura che sono le solite “tolleranze” ammesse: come i pixel bruciati. Fino a quattro contigui è una “tolleranza” ammessa e quindi non coperta dalla garanzia. Tanto per fare due chiacchiere butto lì una battuta: “per risolvere il cigolìo potevo anche fare da me con un antiossidante”. Lui mi guarda con un sorrisetto ironico e mi mostra il dietro della macchina. Le cerniere sono incardinate sopra una delle due porte di ventilazione. Questo vuol dire che se per caso il liquido cola dentro, finisce direttamente sulla scheda madre del computer. Non credo che gli faccia bene, provo a dire. Lui annuisce, felice di avermi spiegato con la maieutica socratica che sono un potenziale assassino di iBook. Inoltre, adesso ho altri tre mesi di garanzia specifica su questa riparazione.

Me lo riporto al lavoro. Siamo di nuovo insieme. Lo accendo seduto in metropolitana: finalmente Tom Hanks è tornato in città , ragazze! Lo nascondo subito dopo perchè mi sento ridicolo. In ufficio devo “ripulire” dalle mie cose il Pc, che mi guarda come un cagnolone scemo. Gli faccio “ciao-ciao” con la manina e le restanti quattro ore al lavoro le faccio col Mac. Ho il trasformatore a casa, ma la batteria è generosa e basta. In realtà  mi sembra che sia un po’ meno performante di prima e che scaldi di più, ma è una sensazione dettata – credo – dalla lunga separazione. Riprendo il mio felice rapporto fisico con l’iBook, fatto di articoli scritti sul prato dei giardini vicino a casa mia, di mattinate in aeroporto con l’iBook sulle gambe, di zainetti che non mi fanno male ai piedi. A casa, la mia compagna guarda con sospetto il ritorno di questo potenziale concorrente. Poi, la sera, come di abitudine, me lo scippa, si apre il Mame e gioca felice a Puzzle Bobble.

Lascio cuocere nel suo brodo il restante 95% del popolo informatico. Il mio iBook, dopo 13 giorni, è tornato a casa. In due giorni ho fugato qualsiasi dubbio: è molto meglio di un Pc: ha dei limiti, sopratutto software per alcune compatibilità  con i sistemi basati su Windows, (alcune stampanti, proxy), ma è infinitamente superiore in tutto il resto e soprattutto nell’hardware. Inoltre, i prezzi delle ram hanno ripreso a scendere e magari quest’estate passo da 256 a 640 Mb. Sono felice, è come se mi fosse arrivato un computer nuovo. Il futuro mi sorride. Sono convinto che questo sia davvero un Happy End.

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