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Il nuovo eroe del Kindle Million Books Club

Un milione di libri. Un autore da best seller. Un vero record. E se non avete mai sentito nominare John Locke, tra i vari Ken Follett e WIlbur Smith, non è solo perché per adesso è disponibile solo in inglese. E neanche perché è entrato a far parte del “Kindle Million Book Club”, cioè il club degli autori che ha venduto un milione di libri in formato digitale sulla piattaforma di Amazon. No, c’è di più.

John Locke ha fatto tutto questo da solo, senza bisogno di un editore. Il vero traguardo superato dall’autore che “balla da solo” è questo: aver dimostrato in un tranquillo giorno di giugno che in realtà c’è qualcosa che i grandi editori e monopoilsti vari della cultura non immaginavano possibile. Si può fare da soli e si può fare di più.

Cosa succede? Cos’è successo? Partiamo dal nostro amico, mr. Locke. Russ Grandinetti, vicepresidente di Amazon che ne cura i contenuti della parte Kindle è emozionato mentre lo rivela alle grandi agenzie stampa internazionali: “Kindle Direct Publishing sta avendo successo sia per gli autori che per i clienti”. Autori e clienti. Mr. Locke ha venduto un milione di libri scrivendo sette titoli di successo: “Saving Rachel”, “Wish List”, “A Girl Like You,”, “Don’t Poke the Bear”, “Lethal People”, “Lethal Experiment” e “Vegas Moon” In più, c’è anche: “How I Sold 1 Milllion eBooks in 5 Months”. Furbetto quest’ultimo, perché destinato al pubblico attivo di lettori-consumatori-scrittori di contenuti per Kindle.

Ogni sette secondi da qualche parte qualcuno scarica, dopo aver comprato, uno dei libri di Locke. Le cifre non sono enormi, il guadagno non si gioca sul valore assoluto, ma sui margini (lui prende il 70%, Amazon il 30%, mentre di solito accade più che il contrario, con gli editori al 92 e gli autori a un ottimistico 8% quando va bene) e sui volumi. Perché con i libri a 5 dollari, si vende dieci, venti volte più che non con i libri a 19 dollari (che costano meno di quattro volte di più ma vendono un ventesimo, alle volte un trentesimo). Insomma, storie di ordinaria rivoluzione digitale.

Una rivoluzione digitale che sta facendo cadere non le teste dei re e delle regine di Francia, bensì mette a rischio tutta la grande macchina organizzativa, il caravanserraglio, il bestiario, il circo dell’editoria. Con margini principeschi, spazi che solo il cinema, la televisione, i videogiochi e l’industria discografica si potevano permettere e che adesso sono già crollati nel settore discografico e in proporzione ridotta per quello cine-televisivo. Tra poco la mannaia liberatrice dell’anarchia digitale cadrà anche su questo settore, separando il grano dal loglio, cioè quelli che si sono organizzati (self publishing, settori “Indie” della grande editoria, piattaforme digitali) e tutto il resto, i piccoli editori che campano di sovvenzioni, le macchine per produrre best seller, le grandi ruote tritatutto.

Ecco, il cambiamento di cui sulle colonne (digitali) di Macity si è più volte parlato sta adesso prendendo forma. La battaglia è dominata nell’immaginario da Amazon ma in realtà le piattaforme sono diverse e la bio-diversità del settore è grande. Cosa succede adesso? Dopo l’entrata del primo autore self-published nel Club del Milione del Kindle, vediamo quando sbarcherà nella classifica del New York Times e poi, con un paio di anni di calma, anche nelle nostre case. Vedranno i nostri editori. Vedranno i nostri autori. Vedranno soprattutto i nostri lettori.

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