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Il futuro del wireless tra Wi-Max e LTE

Una volta, per chi se lo ricorda, ci fu un’asta. Si chiamava assegnazione delle frequenze per l’Umts, cioè la telefonia mobile 3G, e in Italia fu un bagno di sangue: gli operatori sborsarono centinaia miliardi (di lire) per conquistare il diritto alla generazione futuribile della telefonia mobile. Lo fecero pur tra le prime perplessità : forse non sarà  il 3G la tecnologia del futuro, si diceva, perché ce n’è un’altra che incombe dagli Stati Uniti.

Era la fine anni novanta, inizio del nuovo millennio e gli Usa non avevano ancora scoperto il telefonino. Così, si arrangiavano con il Wi-Fi. Ci mise la mano anche Apple (ricordiamoci che il Wi-Fi è nato anche grazie al contributo amministrativo fondamentale della casa di Cupertino, che ha pagato la Fcc per l’uso delle frequenze regolamentate dell’802.11b, “liberandole” per tutti negli Usa) e venne fuori l’utopia di una rete senza fili onnicomprensiva che coprisse il pianeta e servisse a trasmettere i dati e, perché no, anche la voce.

L’utopia cozzava frontalmente con quella altrettanto monca degli europei, che dopo aver creato il primo e il secondo grande standard della telefonia mobile, l’Etacs prima e il Gsm poi, scommettevano sulla versione 3G, terza generazione, più veloce e assolutamente capace di fare tutto. L’Umts è “universale” perché oltre alla voce porta i dati e, secondo le intenzioni, doveva servire a tutto: partendo dai telefoni arrivare ai computer, proprio come il Wi-Fi partendo dai computer doveva arrivare anche ai telefoni (ve lo ricordate l’apparecchio telefonico Wi-Fi di Skype?).

Risultato? Sono state necessarie varie generazioni intermedie di apparecchi e standard. Siamo arrivati alla generazione tre e quattro quinti, con i vari Hspa che portano più dati per la telefonia, da un lato, e dall’altra ai vari standard Wi-Fi “veloci” fino alla versione “n”, che è praticamente un cavetto Ethernet senza fili. Ma non basta.

Il futuro, nella nostra società  alla drammatica ricerca dell’ultima novità  quotidiana, ha bisogno di qualcosa d’altro. Così, sono spuntate due tecnologie. Da un lato il Wi-Max, per il quale si sono svolte varie aste e che alcuni soggetti hanno si sono accaparrate nello scetticismo generale anche nel nostro paese, e dall’altro il futuro LTE, cioè lo standard tecnologico per la telefonia mobile e trasmissione dati. LTE vuol dire Long Term Evolution ed è basato su tecnologie Mimo (Multiple In, Multiple Out) con OFDM, cioè Multiplexing a divisione ortogonale di frequenza. Attenzione a tutti questi acronimi, perché è proprio lì che si celano i limiti delle attuali generazioni sperimentali, tanto quanto si celano nelle varie sotto-sezioni del Wi-Max, un po’ più maturo ma altrettanto incompleto e vincolato da una serie di ritardi e limiti.

Cosa succederà  in futuro? Bande contrapposte stanno già  millantando la vittoria definitiva del proprio standard. Adesso ci si sono messi anche quelli che la rete la usano, tra blogger e guru, a sragionare sulla forma contigua o parziale della rete e della matrice, rendendo i discorsi un tempo appannaggio di pochi gestori di imprese un argomento da bar sport.

Quello che sappiamo è che grandi aziende come Intel scommettono su Wi-Max e addirittura sperano di riuscire a mettere tutto in un solo chip. Ci vorrà  tempo, dicono, ma ce la faremo e i risultati saranno spettacolari. Altri come Nokia, ritengono che entro il 2015 la rete LTE avrà  conquistato il pianeta e per il Wi-Max lo spazio sarà  residuale, nonostante l’ampia portata della trasmissione.

In più, quasi tutti stanno lentamente cambiando idea: c’è ci ritiene che la posizione di Intel sia troppo rigida e la casa di Santa Clara l’ammorbidisce, c’è chi spera che emergano altre tecnologie intermedie e che non ci siano choc o “singolarità ” che rompono la quiete del pomeriggio digitale. Nel mezzo ci si è infilata una strana alleanza tra la citata Intel, ovvero il (presunto) campione del Wi-Max, e Nokia, che sulla carta dovrebbe essere l’indiscusso alfiere delle reti di telefonia cellulare tradizionale. Insomma, la situazione è abbastanza ingarbugliata.

Il futuro, c’è chi prova a dire, non sarà  della tecnologia ma del modello di affari che viene costruito dietro ad essa. Come verrà  concepito il servizio. Come lo si pagherà  (se lo si pagherà ). Come si potrà  accedere e con quali strumenti dotati di quali caratteristiche. Quanti paesi nel mondo avranno la volontà  di adottare quel modello vincente e quanti invece tireranno il freno, ad esempio tenendo chiuse in una scatola le frequenze. Ma purtroppo non sempre questi ragionamenti interessano o appassionano tanto quanto la portata in chilometri o l’ampiezza di banda passante.

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