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Jobs e Apple, non solo applausi

Profitti al record storico, prodotti aggressivi, un’€™immagine commerciale come poche volte nella storia ha avuto, leadership strabordante nell’€™ambito della musica digitale, il suo leader Jobs salutato come una specie di Einstein del marketing, il record storico in borsa.
Ci sono pochi dubbi sul fatto che Apple sia al top degli ultimi anni. Ma tra riverenze di investitori e applausi di analisti, parte all’€™indirizzo di Cupertino anche qualche fischio sonoro. Sono quelli dei rivenditori, o almeno di una parte di essi, che in questa corsa verso la gloria lamentando di essere stati lasciati indietro, se non calpestati o addirittura utilizzati da Apple come podio per elevarsi più in alto.

Una significativa e approfondita analisi del malumore che regna presso una parte dei partner di Cupertino è testimoniata in un lungo articolo pubblicato nei giorni scorsi da Var Business , un autorevole sito edito da CMP e dedicato alle tematiche dei Technology Integratore.

Nell’€™articolo, che è anche la storia di copertina della rivista on line, intitolato ‘€œInside the Channel’s Battle With Apple’€œ, ovvero ‘€œUno sguardo alla battaglia dei canali con Apple’€, sono riportate le testimonianze di alcuni importanti rivenditori americani, qualcuno dei quali rappresentano un pezzo di storia americana della Mela, una condizione che non li ha salvati da un depauperamento della clientela, la riduzione dei profitti e, in qualche caso, dalla chiusura.

Tra le voci che si ascoltano ci sono quella, note anche ai lettori di Macitynet che si era occupato della sua vicenda , di Thomas Armes di Elite Computer e di Tom Santos di Macadam. Il primo proprietario di Elite Computer, una catena di cinque negozi (di cui uno proprio di fronte alla sede storica di Apple) costretto alla chiusura dalla riduzione del business e, a suo dire, di pratiche poco corrette da parte di Apple, il secondo un rivenditore che ha un negozio in Union Square a San Francisco e che accusa addirittura Apple di ‘€œbarare’€ sulle informazioni fornite ai clienti, indirizzandoli verso i propri negozi e screditando i rivenditori.

Proprio la catena dei negozi che Apple possiede negli USA è la principale accusata da parte dei rivenditori americani. Secondo una fitta serie di documenti che sono contenuti in un fascicolo processuale ( e un sito web , Apple non solo farebbe in modo di favorire i propri punti vendita, ma danneggerebbe anche i negozi ‘€œconcorrenti’€ e che in realtà  vendono prodotti Apple al pari degli Apple Store. I negozi, ormai tanto numerosi che la metà  della popolazione americana vive a non più di una distanza di quindici minuti d’€™auto da uno di essi, hanno drenato clienti e fatturato, secondo i rivenditori, potendo contare su condizioni artificiosamente favorevoli ad essi create da Apple. Viene citato, ad esempio, il caso del lancio dei nuovi monitor LCD per i quali Armes aveva raccolto 500 prenotazioni salvo poi perderne il 95% nel momento in cui si è saputo che mentre i suoi clienti ancora attendevano, gli Apple Store ne avevano decine a magazzino.

Secondo i rivenditori americano Apple sarebbe tanto assetata di controllo sul mercato da avere pianificato l’€™attacco dei mercato secondario e terziario con gli Apple Store mini. Questi negozi arriverebbero vicini anche a quei clienti che oggi sono ancora distanti dai punti vendita tradizionali e come se questo non bastasse sta cominciando a svanire anche la prospettiva di fare soldi con le riparazioni di prodotti fuori garanzia visto che Cupertino spinge con decisione su Apple Care, un’€™offerta di supporto che potenzialmente taglia profitti, secondo i rivenditori, per milioni di dollari.

Se a questo si aggiunge la politica di ‘€œpareggio dei prezzi’€ (un’€™offerta che sconta i costi dei negozi Apple se il cliente trova lo stesso prodotto altrove ad un prezzo più basso), il fatto che Apple ottiene periferiche e software a costi del 10% più bassi di quelli che riescono a spuntare i rivenditori, i margini ridotti all’€™osso, ce n’€™è abbastanza per disegnare un orizzonte fosco.

Secondo l’€™articolo, che dipinge un quadro decisamente pessimistico, cambiare questa situazione potrebbe essere difficile se non impossibile. La ragione è nel quadro strutturale che si profila e nel quale, come dice David Lerner della Newyorkese TekServe, ‘€œil tuo principale fornitore è anche il tuo concorrente’€.

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