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L’informatica italiana è poco valorizzata secondo Assinform

L’informatica italiana, forte di 97.000 imprese, di circa 390 mila addetti e con un valore aggiunto che copre il 2,8% del totale prodotto dall’industria e servizi a livello nazionale, costituisce uno dei primi settori industriali del Paese e uno dei primi settori IT a livello europeo.

Da uno studio di Assinform risulta come l’IT sia la spina dorsale dell’innovazione tecnologica in Italia, per dimensione e valore aggiunto superiore a molti settori del Made in Italy, come l’auto, la chimica, l’industria del legno e dei mobili, degli elettrodomestici il tessile e la moda, l’editoria, il trasporto aereo. Si tratta di un grande potenziale di innovazione al servizio della modernizzazione del Paese e della crescita di competitività  e sviluppo dell’industria italiana, dei suoi distretti e reti d’imprese, ma che risulta ancora poco utilizzato e valutato, non gode di altrettanta attenzione, non può contare su alcuna politica industriale specifica, né di misure incentivanti.

Secondo le stime dell’associazione, nel 2009 l’IT entrerà  in recessione con un calo delle attività  di -5,9%, dovuta alla contrazione dei budget aziendali. “La riduzione degli investimenti in IT è una china scivolosa che trascina verso il basso le possibilità  di ripresa della nostra economia e fa arretrare le sue capacità  competitive” dice Assinform. Se per affrontare l’emergenza della crisi è stato necessario mettere in campo misure robuste per sostenere le imprese del Made in Italy, ora, per far imboccare all’economia italiana la via della crescita e aprire nuove opportunità  di sviluppo, diventano indispensabili interventi altrettanto robusti a sostegno dell’innovazione tecnologica digitale. “Ci aspettiamo, perciò, che il Governo, nelle prossime misure per il rilancio dell’economia, vari il Progetto Informatica nell’ambito di Industria 2015, passaggio fondamentale per sostenere l’IT, vero motore dell’innovazione nel Paese” dice Ennio Lucarelli, Presidente di Assinform.

Se il settore IT italiano è oggi costituito, in linea con la tendenza europea, per il 92,4% da attività  di software, contro il 3,6% di hardware e 4% di assistenza tecnica, al suo interno emergono fenomeni di assoluto rilievo internazionale. Vi è il nucleo delle 40 medie imprese italiane di produzione di hardware che, con un fatturato di oltre 1.500 milioni di euro (dati 2006), si colloca al primo posto in Europa, superando i 1.300 milioni di euro generati dalle 46 medie imprese inglesi e lasciandosi molto dietro gli altri paesi. Vi sono le 640 medie e grandi imprese italiane di produzione software e servizi, dove si concentra quasi il 70% degli addetti al settore, che con un fatturato di poco superiore ai 19 miliardi euro, si collocano al quarto posto dopo UK, Germania e Francia. Vi sono i due grandi poli di produzione e sviluppo dell’IT Milano e Lombardia, Roma e Lazio, che presentano livelli di attività  allineati agli standard dimensionali d’impresa europei. In queste due regioni si concentrano il 38,5% delle imprese e il 42% degli addetti al settore sul totale nazionale. In particolare la Lombardia con 11,2 miliardi di euro di fatturato si colloca al primo posto fra le regioni italiane, coprendo il 27% del fatturato IT nazionale. Il Lazio con 6,95 miliardi di euro è al secondo posto e si attesta a quota 16,4% sul dato nazionale. E’ Roma, tuttavia, che presenta insediamenti produttivi mediamente più grandi rispetto al dato nazionale, con una media di 5,9 addetti per imprese, in linea, quindi, con la media europea (UE a 15) che è di 6 addetti per impresa; mentre Milano scende a 5,1 addetti per impresa, un dato comunque più elevato della media nazionale del settore che è di 4 addetti per impresa.

Quanto ai punti di criticità  del settore emersi dallo studio, Lucarelli ha indicato l’estrema frammentazione che, in linea con la tipicità  della struttura produttiva nazionale, vede l’IT composto per il 94% da piccole imprese, dimensione limitativa dello sviluppo per un settore così esposto alla globalizzazione e sottoposto alla pressione costante del rapido cambiamento tecnologico. Lo confermano il basso margine operativo lordo, che necessariamente comporta una capacità  ridotta da parte delle imprese IT italiane a investire in innovazione, che ci colloca ben al di sotto di Germania, del Regno Unito, della media UE 15 e dell’UE 27; la scarsa internazionalizzazione del settore e il deficit della sua bilancia commerciale che, sebbene esprima dal 2005 una tendenza a calare di circa il 18%, nel 2008 continua a registrare un saldo negativo pari a circa 5,1 miliardi di euro.

[A cura di Mauro Notarianni]

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