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Palmari, Mac e ipovedenti: la situazione

Fabio Strada ci scrive:
“Ciao amici sono Fabio, il ragazzo non vedente che vi ha inviato la mail sulle barriere all’uso del Mac esistenti per i ciechi italiani (ed europei in genere), che avete cortesemente pubblicato.

Ho inoltrato la versione pubblicata dell’articolo ad alcuni amici, anche non vedenti, chiedendo di farla girare anche su alcune liste di discussione tecniche di utenti non vedenti di computer.
Qualche settimana fa ho partecipato a una presentazione di materiale informatico per ciechi svoltasi all’Istituto per ciechi Francesco Cavazza di Bologna.
Il prodotto di punta dello show-case era un note-taker di nome Elba prodotto dall’azienda tedesca Papenmayer, specializzata in hardware per ciechi.
In pratica, per le funzionalità  offerte, è una sorta di equivalente di quello che sarebbe un handheld per gli utenti vedenti.
Le dimensioni però sono sostanzialmente maggiori perché, innanzitutto, un non vedente ha bisogno di una tastiera come dispositivo di input, e una tastiera occupa del posto (non vanno bene per i ciechi le microtastierine presenti su alcuni palmari, e a volte anche quelle dei notebook presentano qualche problema…); inoltre è fornito di una barra braille come dispositivo di output, e anche questa occupa del posto.

Quindi, le dimensioni dell’apparecchio sono all’incirca quelle di un foglio A4. E’ dotato di software per l’elaborazione testi, calendario, agenda, calcolatrice, browser, client e-mail e lettore MP3.

La novità  è che questo software gira sotto sistema Linux. Questo è il primo prodotto che aspiri a una diffusione “commerciale” all’interno del mercato dei non vedenti ad utilizzare in modo decisivo il sistema Linux e quindi un sistema diverso dal DOS prima e da Windows poi.

Mi sembra, quindi, una novità  molto significativa, da questo punto di vista. Detto questo, resta il fatto che se si vuole usarlo come terminale braille per un computer, il software di collegamento è per Windows… e basta. A parte il fatto che comunque l’hardware con cui collegarsi è della categoria PC, quindi niente Mac.

A meno che… siccome l’interfacciamento si fa tramite porta USB o ethernet, e l’unità  può ovviamente  funzionare da terminale per un computer Linux, non la si possa usare per controllare una consolle Linux che gira su PowerPC, cioè su Mac; magari, forse, per controllare la console Unix di OS X…
Comunque, non certo per controllare l’interfaccia utente di Mac, né Aqua né quella di OS 9.
Il prodotto deve ancora essere commercializzato, il software a bordo dei modelli di prova era ancora provvisorio e anche il prezzo, suppongo, varierà , presumibilmente abbassandosi col tempo. Resta il fatto che il prezzo indicativo per il lancio varia dai 4500 ai 5000 euro, cioè fra i 9 e i 10 milioni… L’apparecchio dispone di RAM e di memoria flash, ma non di hard disk interno. Mi sembra un prezzo un po’ elevato per renderlo appetibile…

Tra l’altro, questo è un altro problema dei prodotti per ciechi: essendo un mercato ristretto i prezzi sono sempre alti.
Durante la presentazione del materiale sono intervenuto e ho detto in breve quello che avevo scritto nell’articolo da te pubblicato.

Devo dire con soddisfazione che i presenti mi hanno dato pienamente ragione in via di principio. E mi hanno anche detto molto apertamente quello che io già  ipotizzavo nell’articolo: i motivi per la mancanza di software per ciechi su piattaforma Mac sono esclusivamente economici.

Questo mi ha detto il signor Marco Mattioli dell’istituto Cavazza, persona che peraltro mi è sembrata competente: la comunità  delle aziende che producono software e hardware per ciechi è ristretta, le risorse a disposizione sono limitate, e così quando si sviluppa un prodotto si sceglie di concentrare gli sforzi nel segmento di mercato che garantisce le maggiori probabilità  di successo; il PC occupa più del 90% del mercato, e Windows più dell’80%.

Il valore del Mac non viene assolutamente messo in discussione, ma la sua quota di mercato viene considerata troppo bassa perché risulti conveniente investire in essa nello sviluppo di software e hardware per ciechi.

Questo è quanto mi è stato detto, papale papale.
Il signor Mattioli è al corrente dell’esistenza dello screen reader outSPOKEN per Mac; anzi, ha detto (io non lo sapevo) che outSPOKEN è nato proprio come prodotto per Mac, e solo successivamente è stato portato su Windows.

Però, ha detto, mentre la versione per Windows ora viene aggiornata costantemente, quella per Mac è ferma già  da tempo (anche se poi ha precisato che forse ci saranno delle novità  nei prossimi mesi…). Invece quello di cui abiamo bisogno – ha proseguito – è software che venga aggiornato costantemente e che non rimanga indietro, e questo gli sviluppatori lo possono fare solo se sul prodotto si investe adeguatamente, e questo può avvenire solo su prodotti che possono dare una garanzia di ritorno economico relativamente sicura.
Nonostante il contenuto delle sue affermazioni, ho molto apprezzato la chiarezza e l’onestà  del signor Mattioli nel dire come stanno le cose.
Devo precisare che non intendeva difendere questo stato di cose, ma solo spiegarlo.
Ha anche aggiunto che il compito di modificarlo spetta alle grandi associazioni di tutela della categoria, che hanno la forza di esercitare pressioni sulle grandi aziende, non ai produttori e sviluppatori di prodotti per ciechi, che di solito sono piccole aziende e piccole realtà  e non hanno la forza di modificare una situazione generale di mercato.
Nonostante gli sforzi che vengono fatti per ampliare l’integrazione e l’autonomia dei ciechi, ci sono comunque delle condizioni che creano di fatto delle barriere. Il fatto che io, anche se volessi, non posso usare un iBook, per es., come può farlo un cittadino italiano vedente, è di fatto una barriera. I cellulari di terza generazione non avranno una tastiera fisica, ma una tastiera virtuale sul display; anche questa sarà  una nuova barriera per i non vedenti.

Senza contare che per una multinazionale come Nokia, Motorola o Ericsson non costerebbe veramente niente includere nei cellulari un chip di sintesi vocale, ma ciononostante non lo fanno.
E’ a questo tipo di situazioni che il sig. Mattioli si riferiva dicendo che per esercitare pressioni sulle grandi aziende (come i produttori di cellulari) occorre una forte organizzazione e non bastano i piccoli produttori di hardware per ciechi.”

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