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Siti di rumors, verso il confronto con Apple in tribunale

Un altro processo attende Apple entro fine mese. Il nuovo caso (oltre a quello di ben altra portata che si è svolto a Londra e che ha visto Cupertino opposta ad Apple Corp., la società  che cura gli interessi dei Beatles, per l’uso del marchio e del nome della Mela) è legato ad alcune indiscrezioni, comparse su AppleInsider e PowerPage, a proposito di un prodotto denominato in codice “Asteroid”.

Apple, irritata per la fuga di notizie in merito al dispositivo (un’interfaccia per l’input di strumenti musicali in Garageband), ha deciso di impugnare la vicenda chiedendo che i siti rivelassero la loro fonte, ottenendo l’assenso dal un giudice californiano. Questa decisione è stata però contestata dagli avvocati di PowerPage e di AppleInsider, affiancati nel procedimento dalla EFF, la Electronic Frontier Foundation, che si occupa di libertà  di parola e diritti civili nel contesto dei nuovi media. Secondo la controparte infatti Apple non avrebbe svolto, come imposto dalla legge, tutte le ricerche necessarie per risalire autonomamente alla “talpa”, limitandosi a prendere la scorciatoia del tribunale.

Il confronto davanti al giudice, fissato per il 20 aprile, dovrà  decidere proprio di questo se, cioè, Apple aveva realmente il diritto di chiedere l’intervento di un giudice per imporre agli Internet provider di AppleInsider e di PowerPage, di presentare la documentazione in loro possesso o se non si sia trattato di un pericoloso precedente che minaccia il sistema dell’informazione americana.

Proprio quest’ultimo aspetto ha fatto balzare la vicenda agli onori della cronaca negli Usa, portandola fuori dai confini della cronaca della Mela. Molte associazioni di giornalisti e importanti testate nazionali temono infatti che il procedimento possa aprire una falla nel sistema informativo americano dove, fino ad oggi, i giornalisti sono stati protetti del primo emendamento della costituzione americana che fa riferimento ala libertà  di parola. Imporre ad un giornalista di rivelare la sua fonte fa correre il rischio di sminuire questo diritto e di conseguenza di impedire inchieste di utilità  pubblica, come quelle che alcuni giornali, potendo garantire la non rintracciabilità  delle loro fonti, hanno suscitato all’indirizzo di grandi aziende che operavano contro l’interesse dei cittadini.

Dietro al caso c’è anche un altro e ancora più delicato risvolto, quello inerente la trasformazione del volto dell’informazione con i bloggers e i siti personali che sono diventati importanti fonti d’informazione, al pari dei grandi giornali. Secondo la EFF Cupertino avrebbe operato più che per ottenere le fonti della fuga di notizie, per mettere il tallone sul capo dei piccoli siti, specie quelli dediti alle indiscrezioni, minacciandoli con azioni legali complesse e dispendiose per le povere risorse di cui dispongono questi ultimi. La prova secondo la EFF sarebbe nel fatto che Apple ha attuato una ricerca solo superficiale prima di ricorrere al giudice. Se davvero Cupertino, arguisce la EFF, avesse voluto davvero ritrovare chi ha parlato di Asteroid avrebbe espletato indagini interne molto approfondite e solo nel caso non fosse riuscita ad avere le informazioni che le interessavano, poteva ricorrere al giudice.

Un’altra prova che l’interesse di Apple è solo quello di minacciare per metterli a tacere, i piccoli siti, dicono gli avvocati di PowerPage e AppleInsider, è nel fatto che Apple non ha chiesto l’intervento del giudice per altre fughe di notizie (come quella del passaggio ad Intel) perché a rivelarle non erano stati siti di privati, ma grandi testate come il Financial Times, il Wall Street Journal o il New York Times.

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