Ne succedono tante. Se ne vedono tante. In Cina, ad esempio, le autorità locali hanno impedito a un uomo di chiamare suo figlio “@” (senza le virgolette, ovviamente) perché il nome non è traducibile in cinese mandarino.
Peccato, viene da pensare, perché il ragionamento dell’abitante della provincia di Zhengzhou, secondo quanto riporta il Beijin Morning Post, ha una sua logica. L’uomo infatti riteneva che il nome sarebbe stato particolarmente felice dal momento che compare su tutte le tastiere, è facile da ricordare ed è anche particolarmente adatto allo spirito dei tempi moderni.
Un peccato, insomma. Ma non è l’unico caso di ricerca di nomi adeguati allo spirito dell’età digitale. Un esempio è quello di un padre che ha esercitato la sua patria potestà chiamando il figlio, anziché “junior”, in modo più sofisticato: Jon Blake Cusack Version 2.0.
Il piccolo 2.0 non è stato altrettanto fortunato quanto il mancato @, e non c’è da rallegrarsene. Cambiano i tempi e le mode, cambiano molti degli aspetti che fanno di una civiltà qualcosa di unico nel tempo, ma non cambia quello spirito tragico (come dicevano i greci) che vuole che le colpe dei padri ricadano sui figli. Letteralmente.