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Tassare Internet? ‘€œDemenziale’€ per Anti Digital Divide

“Quando arriverà la primavera per il settore ICT, in particolare per internet, nell’arretrato stato italiano?” se lo chiede Anti Digital Divide, associazione che tra le finalità si prefigge “La riduzione del Digital Divide esistente tra le varie aree italiane, e tra l’Italia e l’Europa, attraverso azioni volte a ottenere una migliore copertura territoriale della banda larga, tariffe e servizi in linea con gli standard europei, programmi di formazione destinati agli “emarginati” informatici”.

A giudicare dalle proposte che si susseguono negli ultimi mesi, dice l’associazione, il risveglio dal letargo tecnologico sembra essere molto lontano. A nulla servono i richiami e i dati che provengono dall’Unione Europea, che vedono l’Italia arrancare agli ultimi posti per la penetrazione della banda larga e inascoltate risultano essere le dichiarazioni di Viviane Reding, Commissario Europeo per la società dell’informazione e dei media: “L’economia digitale dell’Europa ha un potenziale incredibile, capace di generare ingenti profitti in tutti i settori; per convertire questo vantaggio in una crescita sostenibile tuttavia, i governi dovranno prendere in mano la situazione, adottando una politica di accoglimento per i nuovi servizi e abbattendo le barriere esistenti.”.

Mentre in Inghilterra e Francia, s’investono miliardi di euro, in Italia non si riescono a sbloccare i fondi per la banda larga. L’incentivo per la banda larga, 20 milioni di euro ai giovani tra i 18 e 30 anni, è davvero poca cosa e sembra essere uno specchietto per le allodole da sfruttare in modo propagandistico verso chi non conosce gli investimenti miliardari degli altri stati.

Restano inascoltate anche le dichiarazioni di Confindustria: “Sappiamo che ogni euro investito nella banda larga ne produce almeno due di aumento di attività economica e di Pil. Il Paese non può rimandare questi interventi”

Oltre al danno dei mancanti investimenti per lo sviluppo della banda larga, sembra poter arrivare la beffa, in questi giorni il governo pare stia prendendo in seria considerazione la proposta del Presidente della Federazione Nazionale degli editori di giornali di introdurre una tassa per chi dispone di risorse di connettività a Internet. Se mal si tollera la miopia del governo nel non sbloccare gli 800 milioni di euro per sostenere la diffusione della banda larga e abbattere il digital divide, appare demenziale e insensata la possibilità di tassare la connettività a internet per supportare l’industria dei contenuti audiovisivi e editoriali. In questo modo si rischia di danneggiare un settore fondamentale per il sistema paese, già limitato dagli scarsi investimenti e da un digital divide culturale e infrastrutturale. Questo in un periodo di crisi economica darebbe il colpo di grazia alla diffusione della banda larga. Per quale motivo e su base di quale logica in un mercato dove dovrebbe vigere la tanto auspicata libera concorrenza, un soggetto dovrebbe finanziare un suo concorrente?

L’associazione Anti Digital Divide è totalmente contraria all’introduzione di qualsiasi tassa su internet; piuttosto, dice: “Si sblocchino gli 800 milioni di euro di incentivi e per dare ossigeno al mercato della banda larga si porti per i prossimi due anni l’aliquota Iva dal 20 al 10%, in questo modo forse l’Italia riuscirà a recuperare un po’ di terreno rispetto agli altri stati europei, sulla diffusione della banda larga”.

[A cura di Mauro Notarianni]

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