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Tra Apple e case discografiche sarà  pace armata?

Potrebbe essere molto vicina con una vittoria di Apple la conclusione delle trattative tra Apple e le case discografiche sul rinnovo del contratto per la vendita di musica via iTunes. Secondo quanto riferisce il New York Post, infatti, nel corso degli ultimi giorni i discografici avrebbero sostanzialmente abbandonato la speranza di convincere Steve Jobs ad abbracciare la politica dei prezzi differenziati.

Se le informazioni raccolte dal New York Post fossero confermate questo significherebbe che iTunes continuerà  a vendere musica a prezzo fisso, uno dei cardini della politica di Apple fin dal lancio del negozio on line.

La battaglia tra Apple e le case discografiche sarebbe stata però molto dura e in alcuni punti, secondo quanto riferisce il giornale, non ci sarebbe stato alcun accordo. Di fatto le quattro principali case discografiche mondiali (EMI, Sony BMG, Universal e Warner) sarebbero state “prese per la gola” da Apple che non ha lasciato loro alcuna scelta che non fosse quella di abbandonare iTunes se avessero voluto perseguire la politica dei prezzi variabili. Questo scenario, stante la percentuale di mercato di Apple nel campo della musica digitale, si sarebbe configurato come un suicidio commerciale o, meglio, un finale che non avrebbe fatto l’interesse di nessuno. Di qui la decisione di fare buon viso a cattivo gioco.

Ma, sempre secondo il New York Post, alla fine delle trattative non scoppierà  la pace. Alcune delle case discografiche non accetterebbero di firmare un contratto formale con Apple, limitandosi ad operare in regime temporaneo, ovvero riserandosi la possibilità  di ritirare il loro catalogo se lo riterranno opportuno. Addirittura qualcuna delle controparti di Apple non avrebbe ancora del tutto abbandonato la possibilità  di lasciare già  subito iTunes, anche se l’ipotesi appare remota.

I contrasti tra Apple e le case discografiche non sono una cosa nuova. Problemi e divergenze di vedute sono iniziate quasi subito, nel momento in cui sì è percepito che l’idea di vendere musica su Internet avuta da Cupertino poteva avere successo. A quel punto l’accordo è stato messo al centro di un fuoco di fila di dichiarazioni incrociate. Da una parte i produttori di musica, percependo il potere crescente di Apple nel settore e la possibilità  di profitti maggiori, hanno sempre cercato di liberarsi di un vincolo stipulato probabilmente ritenendolo ininfluente sui bilanci e con la certezza che sarebbe stato facilmente rivedibile ma che a conti fatti, per il potere acquistato da Apple nel settore, era diventato un capestro che limitava la loro capacità  sia di fare profitto che di controllo sul mercato. Dall’altra Cupertino forte di una percentuale di vendita nel mercato della musica digitale che in alcuni paesi sfiora il 90%, aveva buon gioco a tenere duro sulla base della semplicità  e dell’intuitività  di un modello che prevede un prezzo fisso per tutte le canzoni.

Gli ultimi fuochi della battaglia si sono percepiti lo scorso autunno quando Steve Jobs accusava le case discografiche di voler approfittare del nuovo trend (“guadagnano di più vendendo musica digitale che CD, se vogliono crescere i prezzi vuol dire che sono diventati avidi”), mentre le mayor replicavano sostenendo che il prezzo fisso per prodotti diversi è una logica che non esiste in nessun ambito del commercio e che sarebbe stato modificato.

Se il New York Post ha ragione ancora una volta avrà  avuto ragione il CEO di Apple, anche se qualcuno dei discografici usando una mano per stringere quella della controparte, terrà  l’altra dietro la schiena sperando di avere presto l’occasione di usarla per colpire duro un partner che per molti aspetti è anche un avversario.

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