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Uno studio: il donwload illegale aiuta l’industria musicale

Altro che danni per milioni di dollari. Il download illegale di canzoni da Internet ha un impatto pari a zero sull’€™acquisto di CD, anzi favorirebbe il consumo della musica, innalzando il fatturato. La rivelazione giunge da uno studio di Felix Oberholzer-Gee e Koleman Strumpf, rispettivamente docenti della Harvard Business School e dell’€™università  del North Carolina.

I due docenti basano il loro parere su uno studio compiuto alla fine del 2002 quando sono stati monitorati per 17 settimane alcuni server OpenNap tenendo traccia delle canzoni scaricate. Le statistiche rilevate ed elaborate su un campione di 1,75 milioni di download, il più vasto mai analizzato, comparate alle vendite di 500 album di vari generi, hanno rivelato che anche nel peggiore dei casi sarebbero necessari ben 5000 download per sottrarre la vendita di un solo CD. Poichè la maggior parte degli utenti si è connesso due volte durante il periodo dell’€™analisi scaricando 17 canzoni, ecco che l’€™affermazione secondo cui l’€™incidenza sulle vendite dei CD è stata talmente irrisoria da essere pari a zero appare giustificata.

Che il peer to peer non incida comunque sull’€™acquisto di musica si spiega, secondo i due docenti, con il fatto che la maggior parte di coloro che scaricano musica da Internet in realtà  non acquisterebbero comunque i CD in cui sono contenute quelle canzoni. Ad essere colpiti maggiormente, sulla base di questa considerazione, sarebbero i dischi a minor circolazione, non quelli con volumi di vendita più alti. Anzi, per i CD capaci di superare le 600.000 copie si verificherebbe la vendita di un album in più ogni 150 download e visto che è proprio da questi album che l’€™industria musicale trae i suoi maggiori profitti il peer to peer avrebbe contribuito a limitare le perdite economiche del mercato.

Ma allora come si spiega il fatto che nel corso degli anni del trionfo del dowload da Internet si sia verificato un così ingente crollo delle vendite dei CD? Oberholzer-Gee e Strumpf puntano l’€™indice verso vari fattori: dall’€™accresciuta concorrenza di altre forme d’€™intrattenimento (DVD, videogiochi, TV digitale) al fatto che il mercato degli anni ‘€˜90 era stato gonfiato dal riacquisto di album già  posseduti in vinile o in audiocassetta. Incidono anche la riduzione della varietà  dei generi musicali, la proliferazione di musica sulle radio, le condizioni macroeconomiche sfavorevoli e il numero di CD rilasciati nel corso degli ultimi anni, in numero sensibilmente inferiore rispetto all’€™inizio degli anni ‘€˜90.

La RIAA, l’€™associazione dei discografici americani, ha immediatamente respinto le conclusioni dello studio sottolineando come diverse altre indagini, altrettanto autorevoli, sono giunte a conclusioni completamente differenti. ‘€œI nostri sondaggi – ha detto la portavoce della RIAA – dimostra che coloro che scaricano più musica sono anche coloro che acquistano poi meno musica’€.

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