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Addio, fedele disco rigido: cronaca di un terribile crash… (parte prima)

Due premesse e una introduzione prima di iniziare la cronaca di questa vicenda che coinvolge il vostro sfortunato giornalista. La prima: nessuno nasce imparato, e per quanto ci si senta furbi, qualche sbaglio lo si fa sempre. Capirete leggendo più avanti il perché, ma è una delle lezioni apprese nel modo più duro in queste ore. La seconda, corollario della prima: non è detto che scrivere per cinque anni tutti i giorni articoli e notizie anche ad alto contenuto tecnico sul Mac ci renda automaticamente esperti o in grado di risolvere i problemi che non sono mai solo di tecnologia. Anzi, è quasi peggio: i danni maggiori li fa sempre l’utente dopo il guasto meccanico…

E adesso, facciamo un salto indietro nel tempo a mo’ di introduzione per raccontare cos’è successo prima di quel fatidico mercoledì pomeriggio (ieri l’altro) che ha segnato il momento dell’apparente trapasso di un fedele compagno: l’hard disk da 80 Gigabyte e 5400 Rpm del mio PowerBook 15 pollici da 1,5 Ghz, che è sprofondato nel grande nulla insieme a circa 60 Gb di dati, la maggior parte dei quali importanti, fondamentali e insostituibili. Insomma, un pezzo di vita che se ne va.

Non voglio tirare fuori le polaroid del primo giorno, quello che ha visto l’arrivo del mio PowerBook nuovo fiammante, un anno e mezzo fa. L’emozione di aprire l’imballo, la gioia di vederlo acceso per la prima volta, la fatica per “traslocare” giga e giga di documenti dal vecchio modello, come Mosé attraverso il deserto del Sinai. Di quel momento voglio solo ricordare la data: un anno e mezzo fa. E una considerazione che all’epoca mi parve molto furba. Costava talmente tanto il gioioso meccanismo di Apple che decisi di non poter dedicare altre risorse al suo acquisto senza provocare terremoti familiari. Quindi, niente AppleCare, la garanzia di Apple, la “casco” per computer che estende da uno a tre anni l’assistenza e la riparazione-sostituzione della maggior parte di quello che si immagina possa capitare (a parte i danni provocati, tipo rompere lo schermo con una martellata o sbattere il computer contro il muro). Ecco, io non fece l’AppleCare perché mi pareva costasse troppo e per dodici mesi, il tempo necessario ad attivarla prima che scada la garanzia naturale precludendo la sua attivazione, vissi come la cicala: infischiandomene. Da mercoledì me ne pento amaramente, perché la legge di Murphy ha colpito e il disco si è rotto meno di sei mesi dopo che la garanzia era scaduta…

Fine dell’introduzione e veniamo alla cronaca: la lunga (e fresca) estate passata a Milano senza ferie è stata sicuramente stancante ma produttiva. Chi scrive di mestiere fa proprio questo, cioè scrive per vari giornali e per Macity, quotidianamente. Vivo, cioè, “dentro” il PowerBook, che è il mio unico computer sia di lavoro che di svago. E’ un portatile non a caso (e sono un orgoglioso membro del Poc, lo sfizioso club di possessori di PowerBook): mi segue ovunque, contiene tutti i documenti che produco, gli indirizzi che mi servono, le mail che ho ricevuto in tutti questi anni. E’, in pratica, l’altra metà  del mio cervello, quella digitale, e il mio unico strumento di lavoro. Per due mesi ho pestato sulla tastiera come un matto, mentre voi vi crogiolavate al mare o in montagna, producendo tonnellate di articoli e pagine di scrittura. Senza il PowerBook e il suo contenuto “storico”, niente sarebbe stato possibile.

Perché dietro ogni grande uomo c’è sempre un hard disk pieno di informazioni. L’organizzazione dei dati a bordo seguiva un criterio improntato al comfort personale: un ordine visivo più che logico con decine di cartelle annidate una dentro l’altra (tanto c’è Spotlight) e un caos creativo ed esistenziale nelle mailbox di Mail, per me il miglior programma di posta elettronica della storia – ma altri hanno altre opinioni e quindi non ci preoccupiamo di questo. Il concetto è che sul mio PowerBook potevo fare data mining, cercare qualunque informazione sia passata attraverso la mia vita professionale e buona parte di quella personale con la ragionevole certezza di trovarne traccia. Foto? Musica? Film? Giochi? Articoli? Background di notizie (c’erano circa dodici mila pdf salvati da altrettanti articoli online)? Schemi e progetti di futuri lavori? Voi ditene una, e li sopra c’era. Un esempio: serve un sagace commento da un esperto analista americano sulla causa anti-trust tra Amd e Intel? In quattro colpi ecco il nome, quello che ha detto, l’indirizzo e il numero di telefono. Problema risolto.

Veniamo al problema. A partire dai primi giorni di agosto ho cominciato a notare una cosa che ho razionalizzato solo giovedì mattina: il mio hard disk era lento e anche un po’ rumoroso. Cioè, sferragliava allegro anche quando apparentemente non c’era niente da fare. Come mai? Con senno di poi avrei dovuto capire che stavano iniziando a morire uno dopo l’altro settori del disco, che i malefici cilindri collassavano. Invece non ho capito, come il marito che trascura la moglie ed è sordo alle sue proteste borbottate sottovoce prima di scoprire l’altro. In tre parole: un vero deficiente.

Mercoledì finisco una giornata intensa di lavoro, mando via quasi tutto, assaporo il piacere di aver chiuso un paio di passaggi significativi di un libro a cui sono appassionatamente dedito da metà  luglio, l’ultimo articolo di giornata per il quotidiano, e poi la macchina s’impasta mentre scarica la posta. Rallenta, rallenta sempre di più, si congela e si riprende, si congela e si riprende. Ingestibile. Alla fine, decido di riavviare “a forza bruta”, maledicendo i misteri di Safari che non sai mai dopo un aggiornamento come si comporterà  (che sia colpa sua o mia, che lascio aperte novanta finestre per volta?). E’ un’operazione laboriosa, perché da settembre del 2004 (me lo ricordo perché successe a Parigi, durante l’AppleExpo) il pulsante di accensione è difettato. Occorre fare sforzi notevoli per riuscire a fare in modo che funzioni. Comunque, è un trucchetto di pressioni e movimenti rapidi che non mi ha mai dato fastidio, dato che tutto sommato il mio fido PowerBook non viene spento mai, al limite messo in “sonno”. Insomma, riavvio, e la macchina non riparte.

Panico da schermo grigio, la tentazione è di negare l’evidenza. Certo in tutti i modi, con sei o sette riavvii consecutivi, ma non c’è verso. Provo dal disco di installazione di Tiger (che come per i precedenti contiene anche l’utility disco, in grado di risolvere i primi problemi e magari qualcosa può fare) ma non c’è versi. Ricorro a una mia amica, dotata di iBook, al quale collego il PowerBook col vecchio cavo Firewire dell’iPod e vado in “target mode” tenendo premuta la “t” al momento dell’ennesimo riavvio per far montare il mio disco interno come disco esterno del suo computer e usare la sua utility di riparazione disco. Succede una cosa che non avevo mai visto prima: l’iBook monta il nuovo disco esterno (quello del mio PowerBook) e dopo venti secondi l’immagine del logo Firewire che campeggia muovendosi sullo schermo del computer “secondario”, cioè il mio, si congela e il disco è come morto. Caspita!

Sono spiazzato, perché in questo momento mi si appalesa la verità  in tutta la sua tragica e dirompente forza: il disco è andato. Rotto. Kaputt. E io, adesso, che faccio? E soprattutto: cos’avevo già  fatto per prevenire questa eventualità ? In quel momento arriva la telefonata di un collega, Marco, in possesso esattamente dello stesso modello di PowerBook, comprato a poche settimane di distanza dal mio. Esatto identico problema: disco andato, niente riavvio da Dvd d’installazione. Anche lui con una sola macchina. Penso: mamma mia, magari è un virus fetentissimo. Magari ho una notizia bomba: trovato il primo virus per Mac dopo anni e anni. Peccato che sia ormai quasi mezzanotte e soprattutto io non abbia un computer con cui scriverla…

Domani, nella prossima puntata, faremo un passo indietro per capire quanto possa essere al tempo stesso intelligente e idiota una sola persona. In questa sezione del forum di Macity
https://www.macitynet.it/forum/showthread.php?t=11342
abbiamo invece aperto uno spazio per farvi raccontare le vostre esperienze e magari trovare qualche suggerimento utile…

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