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Apple Vs Samsung, i sud coreani hanno riprovato la carta dei pregiudizi razziali

Apple vuole schiacciare Samsung per un pregiudizio razziale? Forse neppure chi ha elaborato questa ipotesi lo pensa realmente, visto che è stata avanzata nel corso del processo che vende le due parti schierate una contro l’altra e in quel contesto si potrebbe dire che “vale tutto”, ma certo è curioso che i legali dell’azienda coreana hanno provato anche questa strada per cercare di influenzare la giudice Lucy Koh che, lo ricordiamo, è di origini coreane.

Gli avvocati di Samsung, come spiega l’esperto in brevetti e questioni legali Florian Muller, per lanciare il sospetto hanno estrapolato alcune considerazioni avanzate nell’arringa finale della controparte e, in particolare, le frasi inerenti all’assedio dei produttori asiatici alla tecnologia americana.  “Quando ero giovane – aveva detto l’avvocato di Apple – guardavo la TV su apparecchi costruiti negli Stati Uniti: Magnavox, Motorola, RCA. Erano aziende reali, ben note e famose. Erano creatori. Erano come Apple e Google oggi. Ma queste non hanno protetto le loro proprietà intellettuali, non potevano proteggere le loro idee. E sappiamo tutti i risultati: non esistono più produttori statunitensi di apparecchi TV”. La frase da chi ascoltava era stata colta come una sorta di appello al “patriottismo tecnologico”, ma Samsung avrebbe invece letto tra le righe uno spirito razzista e denigratorio. In termini pratici Apple, sempre secondo Samsung, pensa che i suoi prodotti siano stati copiati per un pregiudizio di stampo etnico e per questo il processo doveva essere invalidato. Questo pensiero più o meno latente sarebbe stato dimostrato anche dai riferimenti costanti all’avversario come “Samsung Corea” invece che semplicemente “Samsung”.

Lucy Koh non è stata particolarmente impressionata dalla rimostranza, e ha respinto la richiesta di riformulare il processo sulla base di pregiudizio razziale, ma ha ad ogni modo ricordato ai giurati che la sentenza non deve essere pronunciata secondo simpatie e pregiudizi, bollando l’appello avanzato dai legali Apple come “problematico”.

Anche Apple aveva provato a chiedere la revisione del procedimento, sostenendo che la sanzione comminata per Samsung è inferiore rispetto al profitto guadagnato dalla rivale e non proporzionata ai danni subiti, ma anche qui Koh ha acceso il semaforo rosso. È stata annullata, infine, anche la richiesta di revisione da parte di Samsung per il supplemento al caso che nel 2013 ha visto la società sud coreana condannata al pagamento di 290 milioni di dollari, portando il totale dei danni del processo originario che ha visto contrapposte le due società, a oltre 900 milioni di dollari.

Quel che è accaduto ieri, lo ricordiamo, concerne il primo processo che vede opposte in tribunale Apple e Samsung. Se le istanze formulate sulla base del JMOL (Judgement as a matter of law), una mozione in cui una parte afferma, durante il processo, che la controparte non ha elementi per sostenere il caso e che il giudice deve chiudere il processo e riavviarlo, il caso sarebbe stato di fatto riaperto.

A breve, un paio di mesi al massimo (il 31 marzo), dovrà aprirsi anche un secondo procedimento, su un nuovo “giro” di brevetti.

 

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