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Seconda prova di Macity di Apple Watch: ma serve davvero?

Lo sbaglio, almeno secondo chi scrive, è chiamare Apple Watch, “Watch”, orologio. Quello di Apple in effetti è un’altra cosa. È un sistema per la comunicazione personale e un assistente per la forma fisica, sicuramente. Ma è anche l’espansione del telefono da cui per adesso dipende, e di cui fa da telecomando. A tendere sarà qualcosa di più, ma vedremo la direzione solo provando il futuro watchOS 2 con le app native che gli sviluppatori stanno realizzando.

Per adesso, dopo averlo testato una prima volta in due puntate (qui e qui), facciamo un secondo giro di questo altro nostro test, iniziato invece qui.

Cosa abbiamo visto finora

Nella prima recensione la redazione di Macity aveva valutato il modello entry level, cioè l’Apple Watch Sport in alluminio con cassa da 38mm e cinturino arancione. Nella seconda recensione, di cui questo articolo è la seconda parte, siamo saliti di posizionamento e di materiali e abbiamo invece provato un modello in acciaio inossidabile da 42mm con bracciale a maglia di acciaio (link) con un costo consigliato di 1.169 euro.

Dopo una settimana di utilizzo del nuovo apparecchio è apparso evidente che si tratta di uno strumento interessante e innovativo, legato ancora molto (forse troppo) al telefono, cosa che produce anche una certa lentezza nell’attivazione delle app e il bisogno di girare sempre con l’orologio connesso al telefono. Ottimo lo schermo e superiore alle aspettative la batteria.

recensione di Apple Watch apple watch link 620

Cosa c’è di nuovo

Sono passate le settimane e adesso la prova di Apple Watch ha assunto un profilo diverso. Perché piano piano l’orologio smart di Apple è entrato nella nostra vita, il clima è invece diventato torrido, e all’emozione si è sostituita l’abitudine. Cosa è cambiato?

Prima di tutto il cinturino. Mentre il bracciale rimane un ottimo investimento di grande qualità, per un uso durante il giorno con queste punte di caldo che stanno colpendo l’Italia, un buon cinturino in materiale plastico è apparsa la soluzione più semplice e lineare. Anziché cercare di non sudare (cosa impossibile perché anche i cinturini più leggeri, come i loop di pelle, sono comunque “pesanti”) si è scelto assennatamente di utilizzare un cinturino facilmente lavabile.
La scelta è caduta sul modello bianco, costo 59 euro, realizzato in speciale fluoroelastomero ad alte prestazioni, con chiusura pin-and-tuck. Non costa poco ma è il più economico di quelli disponibili come add-on dell’orologio (gli altri sono il loop di maglia milanese da 169 euro e il cinturino classic da 169 euro, il loop in pelle da 169 euro, il Modern da 269 euro e il bracciale a maglie che costa comunque 499 euro) ed il più pratico. la sensazione del materiale è estremamente gradevole, il colore bianco piacevole (questo ovviamente è soggettivo) e se si suda troppo basta sganciarlo dall’orologio e lavarlo con sapone e acqua corrente. Il fluoroelastomero ha la caratteristica di non degenerare (perlomeno, questo non è successo in tre settimane di uso sotto il sole e a contatto con vari materiali che sporcano) cioè non ingiallire o altro.

Ma l’Apple Watch ti cambia la vita?

La domanda l’hanno posta davvero in tanti. È la prima volta. Nella carriera del cronista, che ha testato tanti apparecchi di Apple nel corso del tempo (inclusi i primi iPhone e iPad o il controverso e spettacolare Mac Pro di ultima generazione) questa è la prima volta che sistematicamente ci viene rivolta questa domanda. C’è da chiedersi, se mai Apple dovesse fare un’automobile e toccasse di provarla, quale potrebbe essere la domanda in quel caso.
La risposta? Beh, certamente non cambia la vita. Non in maniera radicale e non ancora, perlomeno. Proviamo a fare un esempio, per capirci. Chi scrive utilizza un iPhone 6 Plus, un iPad Air 2, un MacBook Air 11 e adesso questo orologio che Apple ha dato la possibilità di testare.
Se per caso dovesse andare smarrito il telefono o il MacBook Air, i due strumenti che chi scrive utilizza costantemente per la vita e il tempo libero, sarebbe un giorno nerissimo e sicuramente passerebbe pochissimo tempo prima di ricomprarli. Diciamo il tempo tecnico di andare all’Apple Store e aprire il portafoglio.

Se andasse smarrito l’iPad sarebbe un giorno nerissimo lo stesso, ma non ci sarebbe bisogno di ricomprarlo subito. L’iPad è utile ma non fondamentale: chi scrive lo usa per il tempo libero e anche per lavoro, ma con un iPhone dallo schermo generoso e un Mac dalla batteria durevole, l’iPad passa molto tempo sul comodino. Diventa lo strumento da portare via in vacanza, piuttosto. Una sua eventuale scomparsa non sarebbe comunque drammatica.

E se andasse smarrito l’Apple Watch? Beh, a parte il costo, la vita andrebbe avanti lo stesso. Almeno, per quanto riguarda chi scrive, che ha comunque una buona passione per gli orologi meccanici e potrebbe tornare a vivere la vita pre-Apple Watch.

Quindi non serve a niente?

Usando il segnatempo smart di Apple si capiscono varie cose. Emerge chiarissimo che ci troviamo di fronte a un prodigio di arte orologiaia: come segnatempo è stato infatti molto pensato e molto ben fatto. Insidia la capacità di produzione dei principali marchi del settore. Davvero: per quanto riguarda la cassa sia materiali, che la finezza delle lavorazioni o il look complessivo sono favolose.

E le funzioni? In questa versione watchOS 1.01 sono discrete, consentono di telecomandare molto bene il telefono ma non sono game changing, non producono quella trasformazione radicale che invece l’iPhone e, ad esempio, lo stesso iPad, hanno prodotto.

Non mi sto contraddicendo: è vero che l’iPad nella vita di chi scrive in questa fase ha un ruolo minore rispetto ad altri momenti, ma non bisogna interpretare questo come un “l’iPad non serve a niente”. Anzi. Il punto è che comunque, se per avventura si dovesse fare a meno del Mac e usare solo l’iPad, con una certa fatica e fastidio ma si potrebbe fare moltissimo se non quasi tutto. Alcune cose molto meglio, altre con ricorso massiccio alla connettività WiFi e 4G, altre ancora con qualche trucchetto per riversare il contenuto di chiavette e dischi rigidi esterni nel tablet alla bisogna.

L’iPhone è uno strumento fenomenale, invece, ma viene usato in maniera diversa. Non è una alternativa al Mac o all’iPad, ma un loro complemento. Una certa competizione c’è con l’iPad mini, perché l’iPhone 6 Plus in effetti ha uno schermo tale da giustificare l’abbandono di quell’apparecchio per le funzioni di posta, calendario, note veloci e via dicendo. Con un iPhone 6 Plus si lascia a casa l’iPad mini (che prima, con iPhone più piccoli, ci si portava dietro sempre), e si porta dietro invece un iPad Air o un MacBook Air quando serve (ma non sempre).
E l’Apple Watch? La verità è che non sostituisce nessuno di questi apparecchi. Invece, entra nella logica di complementarietà ma limitata al telefono di Apple. Se si ha un iPhone di ultima generazione, l’Apple Watch è un gustoso arricchimento dell’esperienza. Ma, come oggetto in quanto tale, non è indispensabile.

Le conseguenze dell’orologio

Portare con sé sempre l’orologio, soprattutto se smart, richiede alcune considerazioni ulteriori.
Se serve vedere rapidamente le notifiche, l’Apple Watch si è rivelato geniale. Con questo caldo, anche andando in giro con short, maglietta e zainetto, non c’è bisogno di riempire le tasche con l’iPhone. Il telefono sta dentro lo zainetto (o il marsupio) e quel che serve si vede sul display dell’orologio di Apple. Ottimo. Si può anche rispondere (o chiudere) una telefonata usando direttamente l’orologio come se fosse un’auricolare bluetooth. La qualità delle telefonate è bassa, ma si fa. Stessa cosa per i messaggi: si possono creare o si può rispondere, in maniera più o meno telegrafica. Anche Telegram. Peccato ancora Whatsapp non si sia data una mossa: magari aspettano la versione 2.0 per creare una app la cui logica risieda effettivamente nell’orologio.
Il problema dell’attuale generazione del sistema operativo è infatti che le app del telefono vengono “allungate” sino a che un pezzettino della loro interfaccia non fa capolino dentro l’orologio. Questo non è necessariamente scomodo, ma è piuttosto lento. Sono i tempi della banda del Bluetooth, che deve passare le informazioni necessarie al widget presente nell’orologio. Ecco perché, ad esempio, guardare la mail è così faticoso: tempi di carica importanti, sia che si voglia seguire lo sguardo (glance) per vederla, sia che si voglia usare la mini-app.

In conclusione

Cosa succede adesso? Chi scrive attende di vedere la nuova versione del sistema operativo di Apple per fare una terza e definitiva puntata di questa seconda prova dell’Apple Watch. Le cose sino a questo momento non sono andate assolutamente male. La sensazione sul giudizio così ambiguo relativo all’Apple Watch (al netto da quello dimenticabile dato da quelli che non ce l’hanno o non l’hanno mai neanche visto di persona però si sentono di dover esprimere un’opinione, invariabilmente negativa), che vede recensori entusiasti e recensori piuttosto freddi, a parere di chi scrive sta in un fatto molto semplice.

L’Apple Watch è veramente un oggetto molto ben fatto e ben studiato. Ha una interfaccia sicuramente ancora migliorabile, ma si tratta anche di farci l’abitudine. È geniale o quasi geniale in moltissime delle sue funzioni.

Quello che deve ancora avere, ma non è colpa sua, è un ruolo preciso nella nostra vita. Spieghiamo meglio: se grazie a una fantastica macchina nel tempo poteste tornare nel 1990 con il vostro smartphone, avreste una tremenda sensazione di inutilità di un apparecchio che oggi probabilmente riempie le vostre vite.

Niente connessione dati, niente accesso al web (non esisteva), se anche riuscite, limitatissimo accesso alle mail; niente WiFi, niente App Store da cui scaricare le app e via dicendo. Certo, lo potreste usare come telefono, lo potreste usare per mandare gli sms, ci fate le foto (ma poi esportarle sarebbe un problema soprattutto perché sono troppo “grandi” per i supporti di memoria dell’epoca: un Mac LCIII aveva un HD da 80 Mega e meno di un Mega di RAM ed è uscito nel 1992), avreste preso tanti appunti, segnato tanti appuntamenti nel calendario, cose da fare in Promemoria e poco altro. Niente backup online, niente servizi avanzati e tanta frustrazione.

Ok, veniamo al giorno d’oggi: il primo Apple Watch tra WiFi, Bluetooth e NFC ha la possibilità di connettersi alla Internet of Things, la internet delle cose che per gran parte ancora non esiste. Il suo sistema operativo ancora non supporta le app separate dal telefono, l’interfaccia vocale di Siri è comprende molto bene quel che le si chiede, ma la selezione è su poche cose. Potremmo continuare, ma l’idea è che ormai i dispositivi servano ad accedere alle reti e ai servizi per interagire, e ancora la piattaforma che renderà indispensabile l’Apple Watch ancora non c’è. Per adesso è solo geniale. Con il tempo però potrà solo migliorare.

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