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BBC vuole trasformare gli studenti nei Wozniak degli anni 2000

La BBC ha svelato il design finale del suo Micro Bit computer, una board programmabile dalle dimensioni di una carta di credito con la quale spera di far innamorare gli studenti di programmazione, sulla falsariga di quanto fatto nel 1981 con il BBC Micro. Per chi lo ricorda (o per chi non c’era), nel 1979 lo psicologo e scienziato inglese Dr. Christopher Riche Evans scrisse un libro intitolato “The Mighty Micro: The Impact of the Computer Revolution” che predisse l’avvento della rivoluzione informatica, l’impatto che avrebbe avuto sull’economia, sull’industria e sullo stile di vita nel Regno Unito. BBC in seguito trasformò il libro in una serie televisiva. La serie in questione si rivelò influente al punto da far produrre a BBC il “Computer Literacy Project”, nato per far conoscere i computer alla popolazione con l’aiuto di una nuova serie TV, un “home computer” progettato dall’Acorn marchiato BBC e il finanziamento del governo inglese.

Il “Micro:bit pocket computer board” di BBC è pensato per attirare i ragazzi verso il mondo dell’elettronica embedded, che potremmo immaginare come l’orizzonte attuale della programmazione, un po’ quel che faceva Wozniak ai tempi d’oro quando si cimentava con saldatori e circuiti stampati, anche se qui la scheda madre è già prodotta

L’autorevole editore radiotelevisivo promette che 1 milione di dispositivi saranno distribuiti gratuitamente a tutti i ragazzi tra gli 11 e i 12 anni che frequentano le scuole del Regno Unito, parte di una nuova iniziativa che prevede il supporto di lezioni online, filmati, progetti e tutorial. Il dispositivo dovrebbe arrivare a ottobre, in tempo per l’inizio del nuovo anno scolastico e dando modo agli insegnanti di preparare lezioni specifiche.

La board misura 5x4cm e pesa 8 grammi; è costruita intorno a una CPU ARM Cortex-M0 a 32 bit (il più piccolo ARM core disponibile), integra Bluetooth, accelerometro e bussola. È presente un connettore per un vano porta batteria (2 tipo AAA). In precedenza si era pensato di sfruttare una batteria come quella per gli orologi ma in seguito si è preferito sfruttare i classici accumulatori per paura che qualcuno ingoiasse le batterie più piccole. Un connettore a 20 pin permette il collegamento ad altri sistemi, inclusi Raspberry Pi e Galileo; non manca un connettore per il collegamento di altri dispostivi e sensori di terze parti. Sulla parte frontale della scheda c’è una porta micro-USB e un pulsante di reset (quando collegata al computer, la board appare alla stregua di una chiavetta USB permettendo di copiare e avviare codice compilato su un computer). Non manca una modalità tethered sfruttando la quale è possibile collegare altri computer via USB o Bluetooth, controllare in remoto il dispositivo e sfruttare servizi web.

Per la scrittura del codice è possibile sfruttare un editor web-based usando JavaScript, Python, C++, un linguaggio di programmazione visuale denominato Blocks e i tool Touch Develop di Microsoft. Il codice si compila su un server e si esegue copiando sul Micro:bit. Tra gli strumenti software disponibili: un modello object-oriented specifico per il dispositivo, uno scheduler non-pre-emptive, un message bus per la gestione di eventi hardware e software e una semplice libreria per la gestione delle immagini.

Il runtime è stato sviluppato dalla Lancaster University ed è basato sul software mbed di ARM, su software progettato per la gestione di dispositivi IoT (Internet of Things) ed è integrato con funzionalità di compilazione che sfruttano servizi cloud. Stando a quanto riporta ARM, mbed è ancora in beta e la prima versione definitiva sarà disponibile a novembre di quest’anno.

Tra le società che hanno sponsorizzato l’iniziativa, abbiamo: ARM, Barclays, element14, Microsoft (gli strumenti di hosting per la programmazione web-based), Nordic Semiconductor (ha fornito il processore), Samsung (sta sviluppando un’app Android specifica), ScienceScope (distribuzione del dispositivo e sviluppo d una specifica app per dispositivi iOS) e una società denominata “Technology will Save Us” che si è occupata di “forma dimensione e feel” del prodotto.

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