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da un sistema Mac ad uno Unix-like: lo stato di Mac OS X

Nel 1996, con la acquisizione di Next e il ritorno del fondatore Steve Jobs, iniziava la seconda vita di Apple; in quel momento la casa di Cupertino, in gravissima crisi, ammetteva implicitamente di non riuscire a venire a capo di quello che era stato il suo problema principale nel corso dei precedenti
5 anni: creare un sistema operativo che la traghettasse nel nuovo millennio con nuove condizioni di vantaggio tecnologico nei confronti della concorrenza.

Il lavoro di adattamento del nuovo acquisto appariva comunque titanico, e infatti si rendevano necessari altri cambi di strategia e nuovi slittamenti sulle date pianificate prima di poter rilasciare lo scorso anno la prima versione di MacOs X. Di fatto, solo recentemente il system 10 e’ diventato il boot di default delle macchine di Apple, e infatti la versione 10.1 e’ stata accolta come un enorme passo in avanti per funzionalita’ e soprattutto prestazioni.

L’idea di adottare un cuore unix era sembrata tanto avventata al momento della scelta, quanto oggi pare essere stata una mossa geniale: una scelta avventata perche’ unix ha una lunga tradizione di sistema tanto potente quanto complesso e dedicato ai server, quindi tutto il contrario di cio’ che e’ stata Apple nella sua storia; una scelta geniale perche’ ha reso OS X un sistema di fatto collaudato e robusto gia’ al momento dell’uscita, ha alleviato il peso dello sviluppo e del debugging dalle sole spalle di Apple facendo leva sul movimento Open Source, ha attirato verso la piattaforma della mela stuoli di nuovi siluppatori capaci ed entusiasti e ha permesso un facile e rapido porting di applicazioni gia’ esistenti su sistemi unix.

Oggi dunque MacOS X permette di avere un sistema facile e coerente, amministrabile tramite una colorata interfaccia grafica e su cui fare girare, oltre che i nuovi software scritti appositamente per esso, la grandissima maggioranza dei programmi nati per i sistemi operativi precedenti del Mac, cosi’ come una completa shell BSD dalla quale lanciare script e applicazioni command-line tipiche del mondo unix.

Ma non e’ tutto.
E’ banale notare che il terminale, l’interfaccia principe dei sistemi unix, risulta indigesto al tipico utente Mac, abituato da sempre al punta-e-clicka, ed ecco quindi che la comunita’ degli sviluppatori ha iniziato a creare dei cosiddetti front-end per i software che andrebbero lanciati con complicati comandi
testuali, permettendo cosi’ di fruire di numerosi programmi di ottima funzionalita’ a bassissimo prezzo.

Facciamo alcuni esempi: esistono interfaccie per grep (una utility contenuta praticamente in tutti i sistemi unix e che permette, in sintesi, non me ne vogliano i puristi, di cercare occorrenze di testo all’interno di un gruppo di file), per la gestione dei permessi sugli archivi, per configurare i programmi server che girano sul nostro computer, per leggere le pagine man senza usare il terminale e moltissimi altri ancora.
Niente di straordinario, ma software comunque comodi sia per il novizio che per l’utente smaliziato, e, cosa che non guasta, spesso gratuiti.

Quanto sopra vale per chi non vuole addentrarsi in nessun tecnicismo, ma avendo un pizzico di intraprendenza in piu’ e’ possibile dotarsi persino, ad esempio, di cloni di Microsoft Excel e Word completamente gratuiti: si tratta di Gnumeric e Abiword, prodotti del mondo Open Source “portati” su Mac che girano sfruttando XDarwin, il server X (il motore grafico degli unix tradizionali, per dirlo in maniera semplicistica) per lo strato unix di MacOs.

Tutte rose e fiori, dunque?
Certo, MacOs X e’ ancora giovane e passibile di molte migliorie, qualcuno obietta che la “carbonizzazione” delle vecchie applicazioni (cioe’ il passaggio necessario a farle girare in Os X senza bisogno dell’ambiente Classic) non e’ proprio una passeggiata come prospettato, ma in buona misura la risposta e’ affermativa; ad una analisi spannometrica si sono visti uscire piu’ nuovi prodotti software in questi ultimi mesi che in certe annate precedenti, e l’entusiasmo per Apple all’interno della comunita’ dei programmatori migliori e piu’ fanatici non e’ mai stato cosi’ alto, ed il merito e’ tutto di MacOs X.

Di questo possiamo renderci conto anche grazie all’intervento di Tim O’Reilly (patron della omonima casa editrice di testi di riferimento per il mondo dell’Information Technology) alla recente WWDC.

O’Reilly ha sostanzialmente detto che osservando il lavoro di quelli che lui definisce gli “Alpha Geeks”, cioe’ gli hackers piu’ dotati, si puo’ intravedere il futuro ben prima che questo sia reso ovvio dalle operazioni commerciali, e molte delle cose che questi personaggi hanno da ieri reso parte del loro stile di vita iniziano oggi a far capolino in MacOs X, che le rende accessibili alle masse, dimostrando come Apple sia sulla strada giusta.

[A cura di Marco Centofanti]

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