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Norman: il virus del minimalismo ha ucciso il buon design Apple

La storia del buon design Apple è divorata da un virus: l’ossessione per il minimalismo. È questo il filo conduttore di un lunghissimo articolo su Fast Company, scritto a due mani  da Don Norman e Bruce Tognazzini.

Le voci che portano un attacco diretto e molto esplicito alle scelte strategiche del design delle interfacce dei sistemi operativi, sono tra le più autorevoli al mondo nel settore: Norman è professore e direttore del Design Lab nell’università della California, un autentico guru del settore riconosciuto a livello mondiale con numerose pubblicazioni al suo attivo, oltre che collaboratore di Apple nell’era dell’assenza di Steve Jobs. Tognazzini, in Apple per 14 anni, è  l’autore delle linee guida dell’interfaccia Apple pubblicate nel 1987. Entrambi, quindi, hanno contribuito a creare le regole del design per anni ritenute portanti per l’azienda.

Norman non è nuovo a queste affermazioni, già nello scorso agosto aveva espresso le sue critiche in una intervista a IDG connect lamentandosi di come Apple stia privilegiando la bellezza dei prodotti rispetto alla loro usabilità. Ma l’articolo a doppia firma è molto approfondito e articolato, un vero e proprio trattato con esempi, citazioni, considerazioni, excursus storici, considerazioni tecniche e filosofiche intorno al concetto base: Apple ha progressivamente abbandonato i principi fondamentali del buon design, quindi la capacità di disegnare interfacce che operano secondo principi intuibili e logiche umane, principi che ha sempre seguito, ma che ora mette da parte, manifestando la convinzione, antiquata, secondo cui il design consiste solo nel fare sembrare le cose belle. “Non è così” spiegano i due “il design è un modo di pensare, determinare le reali esigenze effettive, e dopo distribuire prodotti e servizi che le agevolino”.

buon design Don Norman e Bruce Tognazzini
“Apple un tempo era conosciuta per la facilità d’uso, per computer e applicazioni comprensibili, potenti, utilizzabili senza riferimento o manuali” si legge nell’articolo; “tutte le funzionalità erano reperibili (grazie ai menu) e potevano essere applicate e annullate, ed erano sempre disponibili notevoli modalità di interazione che permettevano di comprendere esattamente quello che accadeva”:

“Le linee guida sul design di Apple erano potenti, popolari, influenti” si legge nell’articolo, “con l’arrivo di iOS e delle interfacce basate su gesture, molti dei principi Apple sono stati deliberatamente e consapevolmente gettati via, un approccio alla semplicità visiva e all’eleganza a scapito della semplicità di apprendimento, usabilità e produttività”.

L’evoluzione o meglio dell’interfaccia su OS X e iOS secondo Norman e Tognazzini (dall’originale su fastcodesign.com)

bruce tognazziniGli esempi di cattivo di design sono numerosi, ma uno immediatamente intuibile è la scarsa leggibilità dei testi su iOS. Apple ha infatti scelto font eleganti e sottili, ma che costringono anche persone normalmente dotate in fatto di vista ad ingrandire lo schermo, ricorrendo alle funzioni si accessibilità per poter consultare comodamente lo schermo. «Chi se ne importa – è l’ironica considerazione dei due autori dell’articolo – se il testo non si legge, è bello»

Un altro esempio è nell’impossibilità di capire in che modo interagire guardando solo lo schermo (serve uno swipe a destra? A sinistra? In alto? In basso? Con un dito? Con due? O con cinque? Il testo che compare è veramente un testo o un pulsante mascherato da testo?); l’utente deve toccare un po’ tutto prima di capire quali sono gli elementi che rispondono a un comando. Infine manca spesso la possibilità di annullare un’azione (scelta fatta ancora una volta per migliorare l’aspetto a discapito della funzionalità) che negli altri sistemi operativi è sempre presente anche con bottoni esterni allo schermo.

Vari elementi di iOS in particolare violerebbero dicono Norman e Tognazzini, i principi fondamentali quali la discoverability (tutti gli elementi sempre disponibili), il feedback (il modo in cui l’ambiente comunica le azioni da compiere), il recovery (la possibilità di annullare azioni), la consistency (l’uniformità dell’interfaccia), encouraging growth (l’incoraggiamento a sperimentare, a crescere, a stimolare l’utente a svolgere operazioni complesse).
Donald Norman

Alcuni di questi problemi si potrebbero risolvere facendo collaborare insieme più gruppi (marketing, grafica, industrial design, engineering) durante la fase di sviluppo del sistema operativo, un approccio che secondo Norman e Tognazzini sta scemando in Apple ma anche in altre aziende, folgorate da un unico principio di Dieter Rams (figura che ha ispirato in vari modi Jony Ive): “Il buon design è il minor design possibile”, dimenticando gli altri nove comandamenti con riferimenti all’usabilità, all’innovazione, alla semplicità di comprensione:

  1. Innovativo
  2. Rende un prodotto utile
  3. Esteticamente attraente
  4. Rende un prodotto comprensibile
  5. Non intrusivo (neutrale)
  6. Onesto
  7. Durevole
  8. Studiato fino all’ultimo dettaglio
  9. Rispettoso dell’ambiente
  10. Essenziale (il minor design possibile)

Apple starebbe al momento mancando di tenere in considerazione la principale linea guida di Rams: «Un prodotto nasce per essere usato e soddisfare certi criteri, non solo funzionali ma anche psicologici ed estetici. Il buon design enfatizza la capacità di essere utilizzabile di un prodotto, lasciando in disparte qualunque cosa che potrebbe ridurre questa capacità. La capacità di un prodotto di offrirsi immediatamente come utilizzabile è essenziale per Rams. Nascondere i controlli, eliminare le funzioni base come il comando “annulla” e “indietro”, non rendono un prodotto utile, lo rendono, al contrario, meno utile».

E per quanto riguarda l’estetica del prodotto – il menzionato “virus” – Tognazzini e Norman ammoniscono: «L’estetica è funzionale all’utilità, perché un prodotto che usiamo ogni giorno influisce sulla nostra persona e sul nostro benessere. Rams è stato chiaro: l’estetica non è confinata nell’apparenza di un oggetto che deve essere ben eseguito in ogni suo aspetto per essere esteticamente bello, questo include le funzioni e il fattore psicologico, che significa capacità di offrirsi come intuitivo e immediatamente utilizzabile», il che, fanno intendere gli autori dell’articolo, non è il caso dei nuovi prodotti Apple.

L’articolo, come accennato, con le sue quasi 35mila battute potrebbe sembrare prolisso, ma chiunque non si fermi al fattore moda dei dispositivi Apple, ma voglia andare oltre, confrontandosi con uno sguardo critico, ma sicuramente molto informato, capace di suscitare riflessione e dibattito, dovrebbe leggere attentamente.

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