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Hot spot, da fenomeno di moda a sistema per produrre reddito

Il sistema degli hotspot, la rete di accesso (pubblica e privata) al wireless è uno dei temi caldi del momento tanto che gli operatori di telefonia europei, in particolare quelli che non si sono “svenati” nell’impresa e nelle licenze della telefonia UMTS, stanno scommettendo molto su di essi.

In particolare in Gran Bretagna le reti wireless di British Telecom (è alleata con la nordica TeliaSonera) e in Svizzera quella di Swisscom (dopo l’acquisizione della filiale inglese di Megabeam e della tedesca WLAN, è alleata con la francese SFR) hanno fatto parecchi passi avanti e quando il WLAN raggiungerà  il suo picco di diffusione, questi si troveranno certamente in vantaggio sui concorrenti, nazionali e non.

àˆ notizia di questi giorni che ad agosto British Telecom installerà  altri 400 hot spot contando di incassare da questa nicchia di mercato circa 30 milioni di sterline (42 milioni di euro) per il 2003. Il numero degli hot spot crescerà  in maniera esponenziale al punto che entro la fine del 2003 i punti di accesso saranno 15.000.

Ma la domanda che molti, tra osservatori ed operatori, si pongono è: “produrranno reddito gli hot spot?” La risposta a questo quesito rappresenta un fattore essenziale per coloro che si vogliono guardare al di là  della popolarità  effimera e del fenomeno che “fa moda”.

Come abbiamo già  notato analizzando la situazione in nord America, per gli operatori di telefonia, installare postazioni Wi-Fi, non sarebbe particolarmente costoso e la cooperazione con i produttori dell’hardware e i punti vendita o le municipalità  sarà  una combinazione interessante per suddividere i costi e i benefici. Ma in realtà  altri ostacoli si frappongono ad una reale capacità  degli hot spot di produrre reddito.

Le previsioni più accreditate ritengono che l’inizio sarà  segnato da un’ovvia sofferenza anche per il fatto che, nonostante tutto, il numero degli utenti del wireless è ancora inferiore a quello del “popolo del cavo”. Basti pensare che al quarto aeroporto europeo per traffico (41 milioni di passeggeri l’anno), Schiphol di Amsterdam, nel punto di accesso al web dell’aerostazione, su 600 connessioni giornaliere effettuate dagli interessati con modalità  tradizionale (Ethernet) solo una dozzina richiedono il Wi-Fi.

Buone speranze giungono dal mercato delle caffetterie che, sull’esempio dell’americana Starbucks, si dotano di sistemi di connettività  wireless anche se una ricerca dell’istituto Deloitte dimostra che in Europa il trend non è lo stesso che negli USA e sono i clienti dei locali pubblici più affollati a preferire il wireless.

Ostacoli giungono anche dia costi. Secondo alcuni dati di Pyramid Research, la media europea per un accesso Wi-Fi costa 7 euro all’ora, l’accesso mensile invece schizza a 120 euro, davvero troppo alto per divenire realmente un fenomeno di massa

Tecnicamente però il problema più grande da risolvere é il roaming tra i vari ISP wireless. In questo campo la tecnologia, ancora molto in difficoltà , obbliga gli utenti a sottoscrivere più abbonamenti e non solo a livello internazionale ma purtroppo anche in una sola nazione o in una regione specifica, si tratta di coperture estremamente locali.

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