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iPhone smarrito, il perquisito accusa: «A casa mia finti agenti della polizia»

La vicenda del presunto iPhone smarrito (di nuovo) in un bar-ristorante si complica e assume aspetti che se confermati sarebbero controversi se non inquietanti con sedicenti agenti di sicurezza pubblica che in realtà sarebbero solo dei responsabili di sicurezza privata, perquisizioni non autorizzate, minacce velate e promesse di denaro in cambio di delazioni. A dipingere a tinte fosche un episodio che già dall’inizio era apparso poco chiaro è SF Weekly, la stessa testata che ieri aveva già scoperto come la polizia di San Francisco, al contrario di quanto riferito da C/Net che aveva per primo parlato del caso, fosse del tutto estranea a quanto accaduto.

Dettagli ulteriori e, come detto, non tranquillizzanti emergerebbero dalle dichiarazioni del giovane che è stato oggetto della perquisizione cui abbiamo fatto cenno nei nostri precedenti articoli. Sergio Calderon, questo il nome del principale protagonista della storia, avrebbe confermato al giornale di San Francisco che effettivamente al suo domicilio si sono presentate sei persone che si sono annunciate come «agenti della polizia e che indossavano una qualche sorta di distintivo». Questi presunti agenti avrebbero ottenuto da Calderon il permesso di ispezionare la sua casa e la sua macchina dopo avergli detto che in base al GPS il dispositivo perduto si trovava a casa sua. Anche il PC di Calderon è stato sottoposto ad una perquisizione per vedere se fosse stato collegato qualche iPhone per la sincronizzazione. Uno dei personaggi che si sono qualificati come agenti di polizia, un certo “Tony”, allontanandosi ha lasciato a Calderon un numero di telefono raccomandandogli di chiamare se avesse avuto notizia del telefono e promettendo 300  dollari se fosse riuscito a trovarlo. SF Weekly ha provato a chiamare il numero di telefono che gli è stato passato dal giovane di San Francisco constatando che dall’altra parte della comunicazione c’era effettivamente  “Tony” per la precisione Antony Colon solo che non si trattava di un agente di polizia ma di un agente della sicurezza interna di Apple che appena interpellato sulla vicenda ha riattaccato. Successive verifiche hanno dimostrato che un certo Antony Colon è un ex sergente veterano (26 anni di servizio) della polizia di San Francisco assunto a Cupertino lo scorso anno come “Senior Investigator” con tanto di profilo pubblico, ora cancellato, su Linkedin.

Se quanto riferisce Calderon è vero certamente la storia non sarebbe un un caso di marketing trasversale e grossolano come sospettava qualcuno, ma un fatto potenzialmente grave e con risvolti di carattere legale. Fingere di essere un agente di polizia secondo la legge della California porta a condanne fino ad un anno di prigione; in più i sei finti agenti avrebbero anche subdolamente minacciato Calderon facendogli intendere che se tra i numerosi parenti che erano in casa con lui ci fossero stati immigrati clandestini la sua posizione si sarebbe aggravata ulteriormente. In aggiunta alla vicenda puramente legale ci sarebbero anche immaginabili e non meno gravi, anche se per altri aspetti, risvolti di immagine per Apple, probabilmente ancora più preoccupanti dell’anno di prigione che rischiano i presunti sei agenti della sicurezza di Cupertino.

La polizia (quella vera) di San Francisco interpellata in materia ha fatto sapere di essere in attesa di avere maggior informazioni su quanto accaduto anche se deve essere Sergio Calderon a farsi sentire: «se questa persona davvero si è trovata di fronte a persone che si sono falsamente presentate come agenti della polizia di San Francisco – ha detto a SF Weekly il tenente del dipartimento di polizia di San Francisco Troy Dangerfield – si tratta di una cosa che dobbiamo investigare. Quando qualcuno si rappresenta come agente di polizia prendiamo la cosa molto seriamente». Il prossimo passo, dunque, potrebbe essere una denuncia di Calderon a cui potrebbero a quel punto seguire altre mosse al momento non tutte prevedili ma tra le quali ci sarà sicuramente un’inetrrogatorio di Antony Colon.

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