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La potenza motivazionale del “fuck” in un poster di Jonathan Ive

Per qualcuno sarà un ottimo sistema motivazionale, per qualcun altro un curioso elemento d’arredo, per qualcun altro solo un segno di cattivo gusto. Certo il poster, infilato tra oggetti di design, alcuni personali, prototipi, macchine per stampa e torni a controllo numerico, che campeggia nello studio di Jonathan Ive a Cupertino con i suoi 25 “fuck” sciorinati uno dopo l’altro, non può passare inosservato.

Il manifesto che sta appeso ad una delle pareti del luogo dove nascono i più iconici prodotti dell’elettronica, come accennato, si distingue per l’abbondanza di quel termine che chi tra i nostri lettori è stato almeno una volta negli USA (o anche in Inghilterra) o ha visto almeno un blockbuster di Hollywood in lingua inglese, non ha potuto non notare. La traduzione non è semplice e non per pruderie, ma perché vale diverse delle nostre parolacce ed insulti e viene usato in termini molto diversi. In linea generale è un intercalare non troppo socialmente accettabile, almeno in alcuni contesti, che fa riferimento all’atto sessuale ma che ha perso nel dialogo informale il suo senso più proprio e serve a rafforzare in maniera marcata un concetto o una esclamazione.

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Proprio a questo serve nello studio di Ive: sottolineare, in parte ironicamente e in parte seriamente, le cose che si devono tenere presenti della vita professionale del designer, da credere in sè stessi al prendere in considerazione tutte le possibilità, dalla necessità di ragionare fuori dagli schemi alla convinzione che il problema contiene la soluzione. Dal poster apprendiamo che il computer è una lavagna magica per «bad fucking ideas» e che la «forma segue la fottuta funzione». Ive viene sollecitato dal poster a credere alla sua «dannata pancia» e ad «educare quel diavolo di cliente».

Il poster (venduto da una società che si chiama, non a caso Good Fucking Design Advice e che, tanto per restare in tema per indicare di girare pagine sul sito invece che un indice puntato ha un medio alzato) non è l’unico elemento che potremmo definire trasgressivo dello studio di Ive. Un altro poster alla parete raffigura una scimmia nella classica postura, con tanto di corona, della Regina d’Inghilterra. Si tratta di un lavoro, apparso a Soho nel 2007, frutto dell’ingegno di Banksy, un eroe della street art ancora oggi sostanzialmente anonimo. Il fatto che Ive, Nominato “Cavaliere Comandante dell’Eccellentissimo Ordine dell’Impero Britannico” dalla Regina d’Inghilterra per i “servizi per la progettazione e l’impresa”, abbia deciso di appendere questo poster, depone certamente a favore del suo anticonformismo e della sua passione per originalità. O forse della convinzione che nessuno l’avrebbe mai visto al di fuori della sua stretta cerchia di collaboratori.

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