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Perché Google ha comprato Nest

L’annuncio dell’acquisizione di Nest da parte di Google ha sorpreso molti, in particolare per la cifra impiegata: 3,2 miliardi di dollari. Cifre importanti la grande “G” le ha spese solo in occasioni particolari, come ad esempio l’acquisizione di Motorola nel 2011 per 12,5 miliardi di dollari, un acquisto storico che aveva senso in virtù dei brevetti e del valore dello storico brand. Una cifra del genere non ha apparentemente alcun senso per Nest ed è superiore a quanto sborsato per i servizi di DoubleClick (pari a 3.1 miliardi di dollari), per YouTube (1.6 miliardi di dollari) e per AdMob  (750 milioni di dollari), solo per citare tre acquisizioni fondamentali nella recente strategia di Google.

A rendere attraente Nest è il suo co-fondatore: Tony Fadell, da molti considerato il padre dell’iPod il quale, si dice, promise a Jobs dopo essersi licenziato nel 2010 che non sarebbe mai andato a lavorare per la concorrenza; una promessa che sembrava voler mantenere, dopo essersi preso un anno sabbatico e fondato subito dopo Nest.

L’annuncio sorprende in particolare per la tempistica: la società di Fadell aveva annunciato poche settimane addietro di essere vicina a raccogliere e 150 milioni di dollari di fondi da diverse società che investono nelle startup, cosa che avrebbe portato la valutazione dell’azienda ben oltre i 2 miliardi di dollari. L’offerta di Google nel frattempo non poteva evidentemente essere ignorata. Stando a quanto riporta Re/code, solo Mountain View ha fatto un’offerta specifica: non vi erano altre aziende concorrenti con proposte migliori o differenti.

L’interesse nei confronti di Nest da parte di Google non è del tutto nuovo. Google Ventures, fondo che si occupa di iniziative di venture capital con l’obiettivo di promuovere l’innovazione e incoraggiare le attività di società tecnologiche promettenti, aveva già puntato a Nest nel 2011. Sergey Brin, cofondatore di Google, è stato una delle prime persone ad aver assistito alla dimostrazione del termostato. Da allora i dirigenti della grande “G” hanno sempre seguito con attenzione i movimenti di Fadell e di Matt Rogers, suo braccio destro e anch’egli proveniente dal team iPod.

A Re/code Fadell ha detto che colloqui per la fusione con Google sono iniziati la scorsa estate e che i tempi sarebbero stati accelerati a novembre dello scorso anno. Fadell ha detto che la società continuerà a operare con un proprio marchio e che spesso le startup non hanno scelta: “O rimani indipendente o ti unisci con qualcuno; con questa acquisizione, abbiamo il meglio da entrambi i mondi”. La visione di Fadell è di creare una “casa cosciente” e per raggiungere questo scopo, può ora contare su un partner con un’infrastruttura senza precedenti.

L’investimento di Google è tutt’altro che banale e semplice ma la società sa bene che nel futuro saranno sempre più gli oggetti connessi alla rete, dispositivi che dovranno inevitabilmente passare dalla sua infrastruttura. Google aveva già tentato nel 2011 di presentare la sua iniziativa Android@Home per il settore dell’automazione domestica, un settore dove però non è riuscita a sfondare come avrebbe voluto. La grande “G” ha capito che per avere successo in questo settore è necessaria l’esperienza di un big del settore, in grado di progettare prodotti all’altezza, ben integrati con hardware e servizi. Un lavoro perfetto per il padre dell’iPod e il suo team al quale ha dato carta bianca.

Tony Fadell, CEO e fondatore di Nest Labs Inc.
Tony Fadell, CEO e fondatore di Nest Labs Inc.

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