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Anche Samsung aumenta i prezzi per adeguarli all’equo compenso

Potrebbero essere giorni molto impegnati per l’ufficio stampa di Siae. Dopo la conferenza stampa di oggi, organizzata per denunciare le scelte della perfida Apple sull’equo compenso, scaricato sulle spalle dei consumatori, a stretto giro di posta la Società Italiana Autori ed Editori, potrebbe essere costretta a convocarne un’altra visto che anche Samsung, secondo quanto avrebbe appreso Dday, ha deciso di procedere con la riscossione della “tassa”.

Sono stati i rivenditori a far trapelare le notizia, giunta sotto forma di un messaggio ufficiale dalla filiale italiana di Samsung con la quale si faceva sapere loro che  i prezzi  dei suoi dispositivi saranno aumentati per adeguarli all’incremento della “tassa”. L’incremento del costo arriverà sotto forma di una maggiorazione del prezzo all’ingrosso, quello praticato ai distributori, accomopagnato da un ritocco dei listini finali. Nella pratica quel che accadrà è che Samsung, avendo una struttura commerciale e di marketing differente da quella di Apple che ha prezzi assolutamente fissi per il cliente finale, lascerà al negoziante due alternative: accollarsi un minor profitto o trasferire l’aumento del prezzo al cliente finale. Il consiglio di Samsung, secondo quanto sarebbe scritto nella comunicazione, è di percorrere la seconda strada: maggiorare il costo per il cliente finale abbandonando il cosiddetto “prezzo ottico”, il noto “dieci meno uno” che porta i prezzi a 99,99 euro, 299,99 euro, 599,99 euro e così via. Di fatto, insomma, Samsung dice al negoziante di fare quel che ha fatto Apple: aumentare il prezzo per il necessario, fino a coprire il costo dell’aumento dell’equo compenso

Il passo di Samsung è cruciale ed estremamente influente. Se i prodotti del principale protagonista del nostro mercato aumentano di prezzo, sarà facilissimo per i player minori, da LG a Sony, da Alcatel a Motorola, da HTC a Nokia, fare la stessa cosa.  Di fronte a tutto questo sarà invece difficilissimo (e forse anche ingiusto) che siano i commercianti che vendono questi dispositivi a dover sopportare il costo della maggiorazione. Ma anche se il maggior costo ricadesse sui negozianti, a pagare sarebbe alla fine il sistema italiano, commercianti o clienti che siano, che rinuncerebbe a parte del profitto o al potere di acquisto.

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Una seconda conseguenza meno cruciale per il cliente finale, ma certo non ininfluente è nella visibile e sonora smentita della tesi di Siae e del ministro Franceschini che di fronte all’aumento del prezzo finale deciso da Apple, avevano bollato la scelta come un caso unico, figlio di una struttura avida, fredda, insensibile, assetata di profitto. Una tesi ribadita anche oggi nel contesto di una conferenza stampa-happening, con tanto di mele morsicate e iPhone regalati e “comprati in Francia, dove l’iPhone costa meno nonostante un equo compenso doppio rispetto a quello italiano”, conferenza stampa convocata, è bene sottolinearlo, in maniera non troppo tempestiva a due giorni di distanza dal momento in cui Apple ha rilasciato nuove macchine, assorbendo nel costo finale la maggiorazione Siae, dimostrando che almeno una parte delle tesi di Siae erano sbagliate e forse anche strumentali.

In realtà la lettera di Samsung  ci dice che non è Apple a vivere in un mondo a parte. Piuttosto fa diventare evidente che chi vive su un altro pianeta sono coloro che sentenziavano che sarebbero state multinazionali con bilanci proiettati avanti di semestri e che sono nate e operano per spuntare un profitto dalla loro attività a pagare, terremotando i loro bilanci (rinunciando alla maggiorazione sull’equo compenso Samsung perderebbe secondo un calcolo di Repubblica tra i 24 e i 40 milioni di euro di profitto ogni anno) solo per non far perdere la faccia a qualche ministro (o qualche governo) che promette insieme universi digitali e meno tasse.

Ora sarà interessante vedere quale potrà essere la reazione di Siae. Partirà un virulento attacco contro Samsung con tabelle sui prezzi (al negoziante) dei Galaxy in Francia? Sarà convocata una conferenza stampa in cui verrà sbeffeggiato qualche prodotto Samsung? Sarà indetta una premiazione di studenti di qualche scuola d’arte cui sarà concesso in omaggio un Galaxy S5 comprato in Ungheria «dove nonostante la copia privata costi 21 euro, i telefoni Samsung costano meno”? O magari, più produttivamente, qualcuno penserà di andare a spiegare al ministro che non ci sono solo paesi in Europa dove l’equo compenso si paga di più, ma anche paesi dove si paga di meno o addirittura non si paga, paesi dove per giunta le imposte sul consumo gravano meno del 22% che abbiamo in Italia?

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