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Wiki, il motore del web 2.0

Permettete una brevissima e succinta digressione prima di entrare in argomento. Forse la Apple degli esordi, cioè Steve Jobs e Steve Wozniak, tra le tante profetiche intuizioni che hanno dato forma alla contemporanea industria dell’informatica personale, non hanno mai visto una cosa. Cioè l’informatica di rete. A differenza di Sun Microsystems (la “Apple per le imprese, come la si potrebbe ribattezzare per spiegarne il ruolo nonostante sia di dieci anni più giovane della casa di Cupertino), infatti, Apple in realtà  non aveva capito e non lo ha mai realmente imparato: the network is the computer. Neanche Microsoft (cioè Bill Gates), se è per questo. Ma Sun, appunto, e Google tanto per dirne un’altra, lo hanno ben chiaro. Insieme a Ibm, Hp e qualche altro gigante tra cui spicca Dell, che della rete ha fatto se non altro il suo primo e più proficuo strumento di vendita.

Detto questo, arriviamo a bomba al Web 2.0 e ai wiki. Web 2.0 è diventata un’espressione dentro la quale c’è un po’ di tutto: community, tecnologie “sociali”, open source, nuovi modi di utilizzare la rete, pagine web come applicazioni, persino modelli di business per le imprese senza che in realtà  ci siano poi le tecnologie vere e proprie. YouTube, per fare un esempio trito ma di una certa attualità , è l’azienda tutta online che Google ha comprato per 1,6 miliardi di dollari. Un’azienda il cui software è sostanzialmente un player-streamer video programmato usando Flash (di Adobe) e un anonimo ma efficiente sistema di storage dei dati, cioè nel suo caso i video dei suoi utenti. Nient’altro che questo e un’idea. Non è poco, direte voi. Ma non è neanche tanto, rispetto ad altre innovazioni del mercato come ad esempio il primo personal computer o i sistemi operativi a icone e finestre e via dicendo.

Però, scavando un po’ di più dentro il mondo del Web 2.0, qualcosa si trova per cui vale la pena di spendere qualche parola. Ci sono le tecnologie di programmazione come Ajax che permettono di creare applicazioni web facili come quelle residenti sull’hard disk dei nostri computer; ci sono le tecnologie di storage, analitica e business intelligence che permettono di mettere insieme e con facilità  le informazioni che ci servono, come fa Google e come fanno ad esempio i siti che creano matching tra persone (per quelli in cerca di anima gemella o di un lavoro meglio retribuito); ci sono le tecnologie Php o di altri linguaggi di scripting, che fanno girare i blog, i fotoblog e tutto il resto; ci sono i feed rss basati su xml, che permettono al tutto di comunicare rapidamente (Rss dei blog, dei podcast e via dicendo, senza contare blogrolls e siti di aggregazione “sociale” come technorati).

E poi ci sono i wiki. Dall’hawaiano “veloce, semplice”, basati su tecnologie di programmazione molto semplice, il cui esempio chiave è Wikipedia. Ma non si tratta di per sé di software per fare enciclopedie. No, di più: i wiki sono sistemi di Content Management (Cms), cioè sistemi software mediante i quali le persone possono mettere insieme in maniera semplice le informazioni, stabilendo relazioni e gerarchie, riproducendo un web della conoscenza tematizzata e localizzata. Un motore wiki, ad esempio come quello di Wikipedia (che è open source e disponibile per il download su macchine Linux, Unix e MacOsX con relativamente poco sforzo, è basato su semplice codice per Php, MySql e Apache. A cosa serve in realtà ? Dove sta il suo potenziale?

Se installate il motore di Wikipedia sul vostro Mac (lo potete fare, non è troppo difficile, e ci sono anche tutorial per farlo a giro per la rete) lo potete configurare in maniera tale che non sia visibile dall’esterno della macchina, ovverosia che possiate accedere solo voi tramite il vostro browser preferito all’indirizzo locale 127.0.0.1. E lì potete cominciare a mettere le vostre informazioni, perché è molto semplice aggiungere contenuti: la sintassi è banale e vengono gestite le “storie” delle pagine, in modo da poter risalire a qualsiasi versione precedente di ciascuna entry.

Ma si tratta di uno strumento collaborativo per eccellenza: con i wiki (non solo con il motore di wikipedia, evidentemente) è possibile creare arene dove collaborare alla realizzazione di progetti complessi. Il segreto è che, a differenza delle piattaforme online per condividere ed editare insieme un singolo documento, come ad esempio Google Docs, i wiki condividono e permettono di editare insieme tutto quanto, dalla struttura del progetto sino alle singole minuzie di un documento in particolare.

La forza è questa: fare con i wiki qualcosa che con l’informatica tradizionale non è facile fare. Gestire la conoscenza nel suo insieme. Volendo, si possono gestire tutti i documenti, dalle email sino ai documenti complessi e strutturati. Cioè, creare una cornice che contenga i contenuti, se permettete il gioco di parole.

Si tratta di qualcosa che l’informatica tradizionale, orientata al singolo documento o file, non consente di fare. E’ una applicazione, il wiki, con una valenza pari a quella di un sistema operativo se lo implementiamo a trecentosessanta gradi all’interno di un singolo computer o in rete. Tant’è vero che, ad esempio, Wikipedia è diventata un contenitore universale per la conoscenza grazie agli sforzi di milioni di individui (che hanno inserito le informazioni e strutturato le categorie, modificato i template, ragionato sulle forme del sapere da inserire) e dalla flessibilità  dello strumento informatico. In un certo senso, il wiki è la colla della conoscenza, perché la tiene legata insieme e ne fornisce un senso di contesto più ampio.

Ecco, chiarito questo, appare evidente la mancanza che più volte abbiamo richiamato all’interno del mondo Apple del software. Mentre l’architettura del sistema operativo è costruita in maniera tale da consentire la circolazione delle informazioni relative al buon funzionamento (ottimo, rispetto alla concorrenza di altri sistemi operativi) delle informazioni funzionali al computer, tale non è quella dei software a disposizione dell’agente umano che opera nella macchina. Un esempio? Quicktime e iTunes.

Quicktime è la tecnologia che permette di visualizzare il video dentro il Mac. E’ pervasiva, dal momento che qualsiasi applicazione per visualizzare un video o una immagine può richiamarla (da iPhoto al player di QT stesso), ed espandibile tramite plug-in per i differenti codec. Tant’è che è possibile aggiungere quelli per Wmv e Divx-Avi e all’improvviso tutte le nostre applicazioni “portate” per il video sono in grado di visualizzare questo tipo di immagini in movimento: da Safari sino a iTunes e lo stesso Finder nelle anteprime.

iTunes, invece, contiene oltre ai file audio e video anche altre informazioni. Playlist, dati contenuti nelle tag, date in cui si è suonata per la prima e l’ultima volta una specifica canzone. Insomma, informazioni rilevanti non tanto per la macchina quanto per l’utente che la utilizza. Ebbene, queste informazioni praticamente non vengono utilizzate da altre applicazioni perché non sono sfruttabili. Idem per Mail: i messaggi di posta elettronica (non solo il testo e gli attachment, ma anche data di arrivo, soggetto, folder etc.) non sono utilizzabili da altre applicazioni perché le info non vengono fornite.

E’ un problema: nonostante l’integrazione delle iApps ci sia (sostanzialmente con il browser delle risorse che consente di “pescare” ad esempio dentro iMovie le immagini da iPhoto e le canzoni da iTunes) anche se a un primo livello rudimentali, non è possibile fare la stessa cosa con qualsiasi informazione arbitraria. E questo è un problema, perché non consente di creare una applicazione wiki o super-Finder in grado di gestire la conoscenza, ristrutturandola in maniera differente all’interno del Mac. E di questa necessità , con il complicarsi delle informazioni e il loro costante aumento di numero, se ne sentirebbe molto il bisogno.

Innanzitutto perché sono datate le interfacce con le finestre così come le conosciamo (vale a dire così come sono state introdotte a suo tempo proprio da Apple nel 1983 con il primo Lisa e poi un anno dopo con il Macintosh 128k) e mostrano un po’ la corda: non è più pratico scavare per decine di sottocartelle ravanando tra migliaia di file per trovare il documento che ci serve. E poi perché spotlight, la tecnologia di base per le ricerche dei file e dei loro contenuti attraverso tutto il Mac, è veramente una tecnologia di base: serve qualcosa di più.

Servirebbe un wiki, uno strumento che permetta un approccio diverso ed unitario (Google non a caso ne ha acquistato uno online e lavora per integrarlo all’interno del suo ecosistema di applicazioni di rete) alle informazioni e alla conoscenza all’interno della macchina. Ci riusciremo? Arriverà  qualcosa di simile al promesso Memex di Vannevar Bush o al DynaBook di Alan Kay (peraltro uomo-chiave anche per Apple oltre che vincitore del Turing Award, il premio Nobel dell’informatica) sulle nostre scrivanie? Chi può dirlo. Noi lanciamo il suggerimento, forti della valutazione di buon senso che se è venuto in mente al vostro piccolo cronista di Macity, sicuramente qualche cervellone a Cupertino ci sta già  lavorando da tempo.

Anche se qualche dubbio lo si potrebbe anche avere. Proprio riprendendo la digressione all’inizio di questo non breve articolo: Apple (e Microsoft) non hanno nel loro Dna l’idea della rete e del “pensare per il networking”. E per questo, probabilmente, l’idea non è sulle scrivanie di Cupertino o su quelle di Redmond. Altrimenti, pensiamo, se ne sarebbe già  sentito parlare. E Google, l’unico attore sulla piazza (per tacer di Sun), non è abbastanza innovativo in realtà  da poter fare più di tanto. Peccato…

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