Il romanzo è femmina. Non solo perché alcune delle sue voci più potenti appartengono a donne, ma perché la sua struttura stessa, cioè fluida, sensibile, capace di introspezione e di sguardo laterale, nasce da una sensibilità che rompe le gerarchie del racconto epico e maschile. Là dove l’azione si ferma, la narrazione si fa sentimento, memoria, interiorità: nasce la forma moderna del romanzo.
Dalla stanza silenziosa di una casa vittoriana ai paesaggi inquieti del Novecento, la scrittura femminile ha trasformato la letteratura in un laboratorio di libertà. Attraverso personaggi, desideri e conflitti, queste opere hanno insegnato che la vita interiore può avere la stessa forza drammatica di una guerra o di una rivoluzione. E che ogni storia vera, prima o poi, parla sempre di emancipazione.
Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.
Frankenstein
Fu per una scommessa che nacque il romanzo moderno. Un giovane esploratore scrive alla sorella Margaret degli avvenimenti che si susseguono e della storia incredibile di un naufrago che si presenta come dottor Victor Frankenstein di Ginevra.
Il dottor Frankenstein inizia il suo racconto narrando della sua infanzia e della scomparsa precoce della madre ammalata di scarlattina. Caduto in un trauma psicologico, Frankenstein coltiva un sogno impossibile: creare un essere umano più intelligente e di lunga vita.
Dopo aver assimilato conoscenze mediche insperate comincia a studiare la decomposizione dei cadaveri, acquisendo la conoscenza che gli permetterà di generare una creatura vivente da materia inanimata. Comincerà per il dottore un incubo fatto di follia ed omicidi da parte del mostro che ha generato, ed una lunga caccia per vendicarne le gesta seguendo le sue tracce per tutto il mondo, fino al Polo Nord, dove qui incontra il capitano Walton, e qui finisce il racconto di Frankenstein.
Walton scrive un’altra lettera alla sorella, in cui le racconta la morte dell’amico Victor e di come egli avesse promesso di continuare la sua impresa per uccidere il mostro. E poi? Un classico indimenticabile.
Orgoglio e pregiudizio
Un romanzo meraviglioso. Questa è certamente l’opera più popolare e più famosa di Jane Austen, vero e proprio long-seller, ineccepibile per l’equilibrio della struttura narrativa e lo stile terso e smagliante, ed emblematica della «cristallina precisione» austeniana.
Attraverso la storia delle cinque sorelle Bennet e dei loro corteggiatori, lo sguardo acuto della scrittrice, sorretto da un’ironia spietata e sottile, annota e analizza con suprema grazia fatti, incidenti, parole di un microcosmo popolato da struggenti personaggi femminili, sospesi tra l’ipocrisia della società inglese dell’epoca e la voglia di un amore romantico e senza compromessi.
Cime tempestose
Emily Brontë è, tra le sorelle Brontë, la più conosciuta soprattutto grazie a questo romanzo. Un romanzo in cui domina la violenza sugli uomini, sugli animali, sulle cose, scandito da scatti di crudeltà sia fisica sia, soprattutto, morale.
Questo è infatti un romanzo selvaggio ma originale, possente, come si leggeva in una recensione della North American Review, apparsa nel dicembre del 1848, e se la riuscita di un romanzo dovesse essere misurata unicamente sulla sua capacità evocativa, allora il lavoro di Emily Brontë può essere considerato una delle migliori opere mai scritte in inglese.
Tomasi di Lampedusa esprimeva il suo entusiastico e ammirato giudizio su Cime tempestose: “Un romanzo come non ne sono mai stati scritti prima, come non saranno mai più scritti dopo. Lo si è voluto paragonare a Re Lear. Ma, veramente, non a Shakespeare fa pensare Emily, ma a Freud”.
“Un Freud che alla propria spregiudicatezza e al proprio tragico disinganno unisse le più alte, le più pure doti artistiche. Si tratta di una fosca vicenda di odi, di sadismo e di represse passioni, narrate con uno stile teso e corrusco spirante, fra i tragici fatti, una selvaggia purezza.”
Jane Eyre
L’altra sorella Brontë, altrettanto valida e potente, nonostante la differente direzione della storia. La giovane orfana Jane Eyre, infatti, entra come istitutrice presso la nobile residenza di Thornfield Hall dopo aver trascorso infanzia e adolescenza tra la casa di parenti crudeli e il triste asilo di Lowood.
Dovrà occuparsi dell’educazione della piccola Adele, pupilla del misterioso signor Rochester. Il burbero padrone di casa, attratto dal carattere indipendente e dall’intelligenza della ragazza, presto se ne innamora. La vicenda sembra destinata al più classico dei finali, ma le antiche mura di Thornfield Hall celano un segreto.
Di forte matrice autobiografica, questo è un romanzo di acuta sensibilità psicologica, pervaso, forse per la prima volta nella storia della narrativa femminile, da una sottile sensualità.
Gita al faro
Primo dei due romanzi di Virginia Woolf che entrano in questa lista (unica donna con due titoli qui). Perché Virginia Woolf è una autrice ed è stata una donna incredibile. Siamo nel 1914, quando è ambientato il romanzo.
La signora Ramsay, serena e materna. Il signor Ramsay, brusco e severo. Insieme a loro, in vacanza sull’isola di Skye, ci sono gli otto figli e una nutrita schiera di amici. Una sera programmano una gita al Faro. Per James, il figlio più piccolo, quel faro lontano rappresenta una meta magica e sconosciuta, un luogo a lungo sognato.
Trascorreranno dieci lunghi anni prima che i superstiti della famiglia Ramsay realizzino quel desiderio in una giornata che farà riaffiorare ricordi mai dimenticati e si trasformerà in un ultimo tentativo di riconciliazione.
A partire da un episodio all’apparenza insignificante, Virginia Woolf costruisce un romanzo profondo e straordinario, un viaggio nel cuore di una famiglia, tra conflitti sotterranei, alleanze e tensioni che sopravvivono nel tempo. Un esperimento letterario, un’elegia ai fantasmi dell’infanzia, un caleidoscopio di punti di vista e pensieri che la nuova traduzione di Anna Nadotti restituisce in tutta la sua struggente poesia.
La signora Dalloway
L’altro capolavoro di Virginia Woolf (ma se ne potrebbero pescare molti altri) è questo: una storia semplicemente incredibile. Un mercoledì di metà giugno del 1923 Clarissa Dalloway, moglie di un deputato conservatore alla Camera dei Comuni, esce per comprare dei fiori per la festa che la sera riunirà nella sua casa una variopinta galleria di personaggi.
Tra gli altri: Peter Walsh, l’amante respinto, appena tornato dall’India, e l’amica tanto amata, più di ogni uomo, Sally Seton. Per le strade di Londra passeggia anche Septimus Warren Smith, il deuteragonista del romanzo.
Nulla sembra legare i due, se non la città di Londra. Clarissa ha cinquant’anni, è ricca. Septimus ne ha appena trenta, è povero e traumatizzato dall’esperienza feroce e violenta della guerra, in cui ha perduto non solo l’amico Evans, ma ogni pace. Eppure i due, senza mai incontrarsi, semplicemente sfiorando gli stessi luoghi, comunicano.
Con sapienza straordinaria Virginia Woolf, giunta con questo al suo quarto romanzo, tesse il filo sottile di corrispondenze, echi, emozioni che creano un’opera di grande intensità. Dove un uomo e una donna sconosciuti l’uno all’altra sono accomunati dallo stesso amore e terrore della vita, che li porterà, nell’accettazione (femminile) o nel rifiuto (maschile), ad affermarne comunque l’inestimabile valore.
La campana di vetro
Questo romanzo di Sylvia Plath va in zone della letteratura dove nessuno era mai giunto prima. E lo fa con una naturalezza estrema, definitiva.
In un albergo di New York per sole donne, Esther, diciannovenne di provincia, studentessa brillante, vincitrice di un soggiorno offerto da una rivista di moda, incomincia a sentirsi «come un cavallo da corsa in un mondo senza ippodromi».
Intorno a lei, sopra di lei, l’America spietata, borghese e maccartista degli anni Cinquanta. Un mondo alienato, una vera e propria campana di vetro che schiaccia la protagonista sotto il peso della sua protezione, togliendole a poco a poco l’aria.
L’alternativa sarà abbandonarsi al fascino soave della morte o lasciarsi invadere la mente dalle onde azzurre dell’elettroshock.
Pubblicato nel 1963, un mese prima del suicidio dell’autrice, è l’unico romanzo di Sylvia Plath. Fortemente autobiografico, narra con stile limpido e teso e con agghiacciante semplicità le insipienze, le crudeltà incoscienti, i tabù capaci di stritolare qualunque adolescenza nell’ingranaggio di una normalità che ignora la poesia.
Un libro iconico, coraggioso, che tocca temi ineludibili come la parità di genere e la salute mentale.
Middlemarch
George Eliot è lo pseudonimo di Mary Ann Evans. Pubblicato a puntate tra il 1871 e il 1872, questo libro è, nel variegato paesaggio del romanzo inglese di fine Ottocento, tra i punti più alti mai raggiunti in termini di capacità di rappresentazione della complessità delle psicologie e di attenzione quasi d’ordine sociologico all’ambiente sociale. Già il sottotitolo, “Studi di vita in provincia”, definisce da subito il contesto.
Al centro della storia è proprio l’immaginaria cittadina inglese di Middlemarch, all’interno della quale si articolano i destini di quattro personaggi e di due matrimoni infelici, indagati nei loro più impercettibili interstizi attraverso lo strumento chirurgico di uno stile espressivo sempre acuminato. Il romanzo che permette di comprendere la solidissima fragilità dell’Inghilterra vittoriana.
Piccole donne
La storia forse più conosciuta e amata da almeno quattro generazioni di giovani donne. Pubblicato nel 1868, è il più famoso romanzo di Louisa May Alcott. Si tratta di un classico della letteratura che ha conquistato nel tempo generazioni di lettori arrivando a toccarne il cuore.
Con la sua scrittura elegante e coinvolgente, l’autrice racconta le avventure delle quattro sorelle March e delle loro esperienze di vita, di amore e di crescita personale durante gli anni della Guerra di secessione americana. Un romanzo che, ancora oggi, riesce a trasmettere messaggi importanti come il valore della famiglia, della solidarietà e dell’amicizia.
Questa edizione, riproposta in versione integrale, è leggibile dai nove anni in su: arricchita da numerose note esplicative che accompagneranno i lettori di tutte le età nella scoperta, o riscoperta, di un capolavoro della letteratura per ragazzi e per adulti.
L’età dell’innocenza
Scritto da Edith Wharton, questo libro è uno dei meno conosciuti ma più belli tra quelli di inizio novecento.
Uscito nel 1920, il romanzo vale alla sua autrice il premio Pulitzer: sarà la prima donna a vederselo assegnare. Il libro è una critica spietata alla convenzionalità dell’alta società newyorchese: una vera aristocrazia immobiliare in cui le famiglie sono le stesse da generazioni, le donne un ornamento e gli uomini non fanno nulla neppure quando fingono di andare in ufficio.
I ricchi personaggi del romanzo vivono tutti nello stesso quadrilatero di strade, e d’estate si spostano tutti quanti a Newport. Sono sempre insieme, sono privilegiati e severi al contempo, e non concepiscono l’esistenza di un mondo fuori dal loro.
Il mondo, ovviamente, progredisce, cambia e rischia di lasciarli indietro. Ai cancelli della vecchia New York premono l’aristocrazia imprenditoriale e bancaria (i Morgan, i Lehman, i Guggenheim), gli operai migrati dall’Europa e soprattutto stili di vita dinamici e aggressivi.
Il protagonista del romanzo, Newland Archer, è un giovane raffinato che nella prima parte vediamo emanciparsi lentamente dai valori della vecchia New York ma che poi si trova costretto a sposare una donna che non ama assolutamente.
Suite francese
Meravigliosa, irraggiungibile Irène Némirovsky. Nei mesi che precedettero il suo arresto e la deportazione ad Auschwitz, Irène Némirovsky compose febbrilmente i primi due romanzi di una grande «sinfonia in cinque movimenti» che doveva narrare, quasi in presa diretta, il destino di una nazione, la Francia, sotto l’occupazione nazista: Tempesta in giugno (che racconta la fuga in massa dei parigini alla vigilia dell’arrivo dei tedeschi) e Dolce (il cui nucleo centrale è la passione, tanto più bruciante quanto più soffocata, che lega una «sposa di guerra» a un ufficiale tedesco).
La pubblicazione, a sessant’anni di distanza, di Suite francese, il volume che li riunisce, è stata in Francia un vero evento letterario. Non è difficile capire perché: con Suite francese ci troviamo di fronte al grande «romanzo popolare» nella sua accezione più nobile: un possente affresco, folto di personaggi memorabili, denso di storie avvincenti, dotato di un ritmo impeccabile, nel quale vediamo intrecciarsi i destini di una moltitudine di individui travolti dalla Storia.
Su tutti – il ricco banchiere e il giovane prete, la grande cocotte e la contadina innamorata, lo scrittore vanesio e il ragazzo che vuole andare al fronte e scopre invece le gioie della carne fra le braccia generose di una donna di facili costumi – Irène Némirovsky posa uno sguardo che è insieme lucidissimo e visionario, mostrandoci uno spettro variegato di possibilità dell’uomo: il cinismo, la meschinità, la vigliaccheria, l’arroganza e la vanità, ma anche l’eroismo, l’amore e la pietà.
La storia
Non potrebbe essere la nostra lista dei migliori libri di Macity senza i fuori sacco che la caratterizzano. Fuori sacco che in questo numero sono abbondanti (quattro) e hanno uno scopo: aprire una finestra sul romanzo italiano al femminile.
Cominciamo con la Elsa Morante. A questo romanzo (pensato e scritto in tre anni, dal 1971 al 1974) Morante consegna la massima esperienza della sua vita “dentro la Storia” quasi a spiegamento totale di tutte le sue precedenti esperienze narrative: da “L’isola di Arturo” a “Menzogna e sortilegio“.
La Storia, che si svolge a Roma durante e dopo la seconda guerra mondiale, vorrebbe parlare in un linguaggio comune e accessibile a tutti.
Canne al vento
Secondo fuori sacco della nostra lista dei migliori libri di Macity. Tocca a Grazia Deledda, che è una scrittrice ingiustamente poco frequentata oggi per vari motivi tra cui questo. Intorno a questo libro sopravvive infatti un equivoco che è tempo di sciogliere.
In genere, infatti, il titolo porta a insistere sul fatalismo che sarebbe proprio dell’arcaico universo sardo dipinto nel romanzo, umilmente rassegnato ad accettare ciò che riserva la sorte. Ma nella storia delle tre nobili sorelle Pintor, portate sull’orlo della rovina dal ritorno del debole e dissoluto nipote Giacinto, c’è ben di più e ben altro.
C’è lo spettro di Lia, la quarta sorella fuggita in continente, che incombe sulla vicenda insieme a quello di don Zame, il patriarca morto in circostanze oscure. Ci sono le sinistre leggende di folletti e fate crudeli che animano gli sfondi selvaggi della Barbagia.
C’è l’eterno conflitto fra istinti e convenzioni sociali, che esplode in passioni represse, al limite dell’incesto. Ci sono i sensi di colpa e il desiderio di espiazione, che conducono ai sacrifici più dolorosi.
E poi c’è Efix, il servo di casa Pintor, che l’autrice con coraggio innalza a protagonista e motore della vicenda. Vecchio e malato, preda di visioni scatenate dalla malaria e rimorsi insostenibili, Efix non subisce passivamente i colpi del destino; anzi, si spende sino allo sfinimento per raddrizzare le sorti della famiglia Pintor, dimostrando una volontà indomabile che ha poco da invidiare a quella dei coevi superuomini dannunziani.
Minuto eppure solenne, enigmatico e trasparente, il “viso olivastro duro come una maschera di bronzo”, Efix rimane uno dei più intensi e indimenticabili personaggi della narrativa italiana del Novecento.
Quaderno proibito
Ecco il terzo fuori sacco della nostra lista dei migliori libri di Macity. Forse la migliore opera di Alba de Céspedes. Pubblicato a puntate tra il 1950 e il 1951, e un anno dopo in volume, questo libro è considerato il capolavoro di de Céspedes, un romanzo che è testimonianza storica di un’epoca e tributo a una generazione pre-femminista decisiva per tutte le rivoluzioni successive; ma soprattutto una magistrale prova letteraria capace di svelare l’identità, frammentata e mutevole, dell’essere umano.
«Ho fatto male a comperare questo quaderno, malissimo. Ma ormai è troppo tardi per rammaricarmene, il danno è fatto»: con queste parole inizia il suo diario Valeria Cossati, la protagonista di questo romanzo, una donna della classe media nell’Italia degli anni Cinquanta.
Poco più di quarant’anni, due figli grandi, un marito disattento, un lavoro d’ufficio che svolge senza apparente passione, Valeria è assorbita dal ritmo “naturale” della quotidianità piccolo-borghese, schiacciata, senza quasi rendersene conto, tra i suoi ruoli di moglie, madre, impiegata.
Un giorno però, colta da un impulso che a lei stessa appare irragionevole e inspiegabile, acquista un taccuino su cui comincia ad annotare fatti minuti e riflessioni. Nello spazio “proibito” della scrittura, Valeria scopre i conflitti sotterranei che pervadono la sua esistenza, le aspirazioni frustrate, i risentimenti nascosti; dà voce a una vita interiore da anni sopita, esprime una propria individualità, una precisa coscienza rivelata dai gesti e dai pensieri della vita quotidiana.
Il ventre di Napoli
Quarto e ultimo fuori sacco per questa lista dei migliori libri di Macity, per un libro e un’autrice italiana straordinaria: Matilde Serao, candidata per sei volte al premio Nobel per la letteratura. Questo è un classico che viene pubblicato nel 1884 sulla rivista romana “Capitan Fracassa” e in volume da Treves.
Nata come inchiesta giornalistica a seguito dell’epidemia di colera nel 1884 e completato nella edizione finale nell’arco di vent’anni (l’ultima parte viene scritta dall’Autrice nel 1904), l’opera è molto più di una semplice inchiesta.
Con il suo romanzo la scrittrice si immerge tanto negli splendori quanto nelle miserie di una città amatissima, là dove lo scempio non può che generare pietà e rabbia.
Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.

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