Assieme alla transizione ai 64 bit (che però potrebbe non essere così imminente, almeno sui desktop, a detta di una recente roadmap di Intel), dovrebbe arrivare la liberazione da uno dei più antichi gioghi imposti agli utenti di architetture x86: il BIOS.
E’ proprio Intel ad annunciarlo, presentatndo durante la Intel Developer Forum in San Jose il progetto Extensible Firmware Interface (ma già negli scorsi anni si sono sviluppati dei progetti Open Source funzionanti che tentavano di sostituire il BIOS con delle versioni particolari di Linux): i giorni di questo piccolo software, fino ad oggi necessario per raccogliere le informazioni sull’hardware del computer e portarlo all’avvio, sono contati.
I problemi del BIOS sono noti (e sono uno dei vantaggi della architettura Apple-PPC, che con il suo Open Firmware offre una soluzione ben più moderna): è limitato e complicato, in quanto differisce completamente nelle diverse versioni dei diversi produttori.
Il motivo: quando il BIOS venne creato, nessuno poteva immaginare che avrebbe potuto durare così tanto tempo ed adattarsi a processori, schede madri e periferiche così diverse da quelle in auge all’epoca.
EFI è un vero e proprio sistema operativo, con tanto di interfaccia grafica e networking, scritto in C e non più in assembler, ed è estensibile, in modo da poter inserire facilmente routine di diagnostica e configurazione.
Naturalmente sarà capace anche di “emulare” un BIOS attuale, in modo da poter gestire anche le innumerevoli configurazioni legacy del mondo Intel, e, sorpresa, pur essendo obbligatorio su Itanium, sarà capace di funzionare con architetture hardware e processori differenti.
Un solo dubbio: il fatto di avere trasformato il BIOS in un vero OS apre potenzialmente un grosso dibattito sui problemi di sicurezza e sui virus in generale, che Intel afferma di aver affrontato, ma che sarà interessante valutare “sul campo”.
[A cura di Marco Centofanti]