Le vendite di iTunes non sono crollate né stanno crollando. Semplicemente sono in fase di assestamento e rallentano la crescita. A smentire, dopo analisti e media, le informazioni allarmistiche diffuse nei giorni scorsi da alcune testate sulla base di dati di Forrester Research, questa volta è proprio lo stesso autore dell’indagine Josh Bernoff.
Nel suo blog , la stessa fonte da cui si era sollevato il gran polverone della vicenda, Bernoff precisa gli esatti termini del suo pensiero a margine della presunta picchiata delle vendite di iTunes sui cui hanno suonato la gran cassa diversi giornali, tra cui anche alcuni italiani, hanno suonato la grancassa. ‘Tutto ‘ speiga Bernoff è nato da un piccolo report su iPod e iTunes e i dati che si possono dedurre dalle transazioni delle carte di credito. Dopo un pezzo piuttosto equilibrato pubblicato dal New York Times, alcuni media come The Register e Bloomberg hanno deciso di calcare la mano e da qui è stato tutto un fiorire di titoli quali, ‘Calo’, ‘Crollo’, ‘Precipizio’. In realtà – dice ancora nel suo blog Bernoff ‘ tutto quel che ho detto è che le transazioni su carta di credito dopo Natale dello scorso anno mostrano un calo, ma con il numero delle transazioni valutate è semplicemente impossibile trarre queste conclusioni, come chiaramente detto anche nell’articolo. Ma questo era una sfumatura troppo sottile per finire negli articoli’.
Secondo Bernoff tutto quel che è venuto dopo ha poco senso. Dalla telefonata (dai toni evidentemente non del tutto soddisfatti) di Apple, per finire con il calo del 3% delle azioni di Cupertino. ‘Apple non è nei guai ‘ dice Bernoff -; fanno soldi con iPod e iTunes è solo un sistema per migliorare l’esperienza d’uso del player. Chi si deve preoccupare di un effettivo rallentamento delle vendite di iTunes è l’industria musicale che non è ripagata dal fatturato di un miliardo di dollari sommato da iTunes, visto che perde 2,5 miliardi di fatturato ogni anno nella riduzione delle vendite dei CD’
Nella parte finale della nota di Bernoff c’è una stoccata anche per Apple che avrebbe, secondo l’analista, pure qualche colpa in tutta la vicenda: ‘la loro riluttanza a commentare i dati o a fornire informazioni su quello su cui stanno lavorando getta benzina sul fuoco della speculazione generata dai loro detrattori o dai loro sostenitori. Nelle ricerche noi vogliamo i fatti e ogni società che si occupa di tecnologia è molto più orientata in questa direzione di quanto non lo siano loro. Per cui sarebbe tempo per Apple di aprirsi un po’ di più. Quando le notizie sono cattive davvero, ed è inevitabile prima o poi perché nessuno non sbaglia mai, la trasparenza paga’