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Il Mac e la multimedialità  dei giorni d’oggi

Gli strateghi della multimedialità  venti anni fa l’aveva vista così: la saggistica rimarrà  l’unico lavoro per i tipografi convenzionali. Il romanzo, il racconto, le forme di intrattenimento diventeranno tutte ipertestuali e multimediali. Ricordate? Era l’alba della nuova informatica, quella personale, quella che ha poi creato la New Economy.

Il paradosso è stato nel risultato. Infatti, dopo si è scoperto che il romanzo è più vivo che mai nella forma convenzionale, quella nata con la rivoluzione del carattere mobile di Gutenberg e Bodoni. Invece, è proprio la saggistica e la scienza a sfruttare di più l’interattività  e la ipertestualità  dei supporti multimediali come il Cd-Rom. Ma sempre molto meno del necessario.

Che cosa è successo? Che cosa è andato storto? In realtà  non è andato storto niente. I risultati ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. Il fatto è che la tecnologia, così rapida, mutevole e adattabile, è evoluta senza che i teorici e i critici della multimedialità  se ne rendessero conto. Il risultato? Apple l’ha intuito da tempo e dovremmo averlo intuito anche noi.

La vera interattività , multimedialità , multicanalità , ipertestualità  (chiamiamola come vogliamo: ci sono mille parole per descrivere da punti di vista diversi e con accenti differenti il fenomeno) sta tutta in un oggetto solo. Il Dvd.

Perché il Dvd? Perché non è solo un contenitore di film, anche se tante volte viene utilizzato dalle case di produzione come una specie di alter ego del Vhs. Ma per quello basterebbero i formati digitali ultra-compressi come il Divx o i nuovi codec che stanno per arrivare nei nostri computer e nei lettori da casa.

In realtà  il Dvd è un contenitore multimediale, in grado di aumentare in modo quasi imprevedibile l’esperienza interattiva e multi canale degli utenti. Si cambiano le lingue, i sottotitoli, quando è previsto anche gli angoli di visione. Si mettono più episodi dentro un unico disco, oppure si suddividono in capitoli i contenuti di lunghezza maggiore. Si creano schede, riassunti, testi, giochi, sezioni differenti. Insomma, si possono creare contenuti con strati differenti di autorialità . Quella del regista del contenuto video originale, quella di chi si occupato di produrre il Dvd, quello di chi realizza animazioni, gioco e quant’altro.

Un buon Dvd, con una serie di contenuti aggiuntivi (magari anche con i commenti audio del regista, un indice personalizzabile di scene e altro) è quel “testo multimediale, ipertestuale e interattivo” che si andava predicando da tempo. Con una importante notazione che serve a capire il senso strategico del Dvd rispetto a tutto il resto.

Innanzitutto, schiarita la nuvola di ambiguità  di chi considera il Dvd solo come una videocassetta evoluta (la stessa cosa accadeva con chi considerava i Cd audio degli Lp evoluti, ma in meno di dieci anni hanno distrutto l’idea stessa di album musicale, come i concept album degli anni Settanta e Ottanta, parcellizzando l’offerta musicale insieme al contributo delle televisioni come Mtv), passiamo a parlare della differenza genetica tra Cd-Rom interattivo e Dvd. Molto semplice: il Cd-Rom ha bisogno di un computer, di installare dei file e quindi di una certa “esperienza” da parte dell’utente, oltre a un hardware adeguato. Invece, il Dvd funziona con la televisione di casa. E anche un bambino riesce a governarlo.

Un po’ come la vecchia diatriba tra video games per computer e per console. In quel settore il videogioco è più stile arcade (quindi con una periferica di input più semplice rispetto a mouse e tastiera) quando c’è di mezzo la console. Più ricco e complesso, all’apparenza, quando si usa il computer. Ma meno funzionale: limiti di installabilità , hardware che non bastano e via dicendo alle volte creano problemi che rendono meno semplice e divertente l’esperienza di gioco.

Per il Dvd la storia è simile, molto simile: il contenitore dell’intrattenimento, che può essere fruito ovviamente anche usando un computer, è destinato al grande pubblico. Funziona in modo semplice, le edizioni arricchite di contenuti ulteriori si stanno facendo più fitte ma comunque, visto che nel nostro paese la prevalenza è per contenuti stranieri, audio multipli e sottotitoli ci sono sempre o quasi. Aumentano i contenuti a disposizione: film ma anche intere stagioni di telefilm (vero e proprio catalogo dell’immaginario quotidiano delle persone), documentari. Una specie di televisione tematica a dispense, in videoteca o in edicola.

Per questo è strategico lo studio e il lavoro sugli strumenti di authoring che rendano la nostra piattaforma, il Mac, sempre più competitiva in questo settore. Il Photoshop e l’XPress del futuro sono Final Cut e Dvd Pro. E il futuro è adesso. Per questo Apple, unendo una serie di leementi che non si riteneva possibile unire, ha portato la capacità  di realizzare questo tipo di authoring sulla sua piattaforma. In più, l’ha reso sicuro e multitasking con memoria protetta. Infine, l’ha reso scalabile. Perché generazioni differenti di software consentono di realizzare in modo autoriale contenuti per amatori, consumatori evoluti, prosumer (mix di professional e consumer), professionisti e maestri del genere.

Il ruolo sempre più significativo di QuickTime in tutto questo, la centralità  della piattaforma e la costante lotta per riuscire ad avere i codec strategici in modo nativo al momento giusto (come il prossimo H.264, annunciato l’altra settimana da Steve Jobs a San Francisco) sono i fattori che fanno ritenere non solo che Apple ha posizionato la sua piattaforma nel cuore pulsante dell’innovazione di oggi e dei prossimi anni, ma anche che la vera, grande rivoluzione multimediale è sotto gli occhi di tutti, sta avvenendo oggi. E il nostro ruolo, grazie ad Apple, è centrale.

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