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Il peggior nemico di Microsoft? Ma è Windows, ovviamente

Redmond ha un problema. Microsoft non riesce più a “tenere” il mercato. In una economia fatta non solo di valutazione dei risultati reali ma anche di “fiducia” e “previsioni”, cioè di valutazione di eventi non ancora avvenuti però adesso probabili secondo le condizioni presenti, il futuro dell’azienda di Bill Gates appare meno roseo di quello che non sembra.

Ci sono, certo, una serie di significative iniziative in atto. Così come accadde al tempo del lancio di Windows NT e poi di Windows 2000, i tempi di Longhorn vengono sforati, le ambizioni ridimensionate, gli obiettivi mutati, in sostanza cambiate le carte per restituire una roadmap agli analisti del mercato che sia convincente e funzionale anche per gli uffici del marketing, che dovrà  (deve) perorare presso i canali e i clienti le politiche e i prodotti dell’azienda.

Ma quali sono i reali fattori che stanno influendo sul cambiamento di obiettivi, oramai diventato sistematico nel settore più redditizio per l’azienda di Redmond, cioè i sistemi operativi? Una notizia quasi sfuggita all’attenzione dei grandi mezzi di comunicazione offre una chiave per interpretare la situazione.

Exuberant Software, l’azienda di uno sviluppatore indipendente, ha annunciato pochi giorni fa di aver apprestato un Service Pack per Windows 98SE, la versione del sistema operativo di Redmond pensata per il mercato consumer che è stata messa in “hold”, cioè il supporto per le funzionalità  non di sicurezza è scaduto lo scorso 30 giugno 2003 mentre quello per gli update di sicurezza continuerà  fino al 30 giugno 2006.

Microsoft, dopo il Service Pack del 1999, cioè la release conosciuta come Windows 98 prima edizione, non ha successivamente mai realizzato un Service Pack pensato per la Second Edition del suo prodotto principale nel mercato consumer, orientandosi invece verso la realizzazione di Windows XP che assorbe la tecnologia del kernel di Windows NT-2000.

Qual è il problema, allora? Certo, Microsoft non si oppone alla realizzazione di aggiornamenti al sistema operativo “datato” né garantisce che il Service Pack indipendente possa effettivamente fare “bene” (questo è – lo ricordiamo – strettamente responsabilità  dello sviluppatore che ha rilasciato una licenza “as is”, cioè di sostanziale non garanzia, per il suo prodotto che è gratuito), ma da un altro punto di vista i problemi stanno proprio tutti lì.

Nel 95% del mercato (98% secondo altre letture, comunque una cifra prossima al 100%) in mano a Redmond nel settore desktop e laptop consumer, c’è in nuce il problema dell’azienda. La complessità  e la multiformità  della sua base di prodotti. In questo momento, infatti, non è corretto dire da un punto di vista tecnologico che Windows “detiene” la maggioranza del mercato. E’ vero commercialmente, dato che si tratta di prodotti che fanno capo a un’unica azienda, ma da un punto di vista tecnologico la vera, fortissima concorrenza è nel fatto che tanti e radicalmente differenti prodotti occupano ampi settori del mercato.

Dos (ce ne sono ancora in giro, anche se può sembrare incredibile), Windows 3.11 for Workgroups (idem come sopra), Windows 95, Windows 98, Windows 98SE, Windows ME, Windows NT, Windows 2000, Windows XP Home, Windows XP Professional. Questa è la reale segmentazione interna del mercato dominato da Redmond e con la quale Redmond deve fare i conti.

Una lezione che, per esempio, Apple ha avuto ben presente dal ritorno di Steve Jobs e che è stata tenuta chiaramente al centro dei pensieri e delle strategie per procedere alla realizzazione di quella che il Ceo di Apple ha definito “la più rapida transizione” nella storia dell’informatica. Da Mac Os 8-9 a Mac Os X in meno di tre anni. La transizione per i prodotti di Microsoft non è mai avvenuta.

Impressionanti quote di mercato sono in mano ancora a sistemi basati su versioni non allineate con gli obiettivi commerciali e strategici di Redmond. Il peggior nemico di Microsoft e del suo prodotto in costruzione, Longhorn, è la Microsoft di Windows 98Se, per esempio, scelta ancora di molti, moltissimi utenti e supportata da sviluppatori e assemblatori di Pc nuovi e venduti ancor oggi.

Redmond non ha avuto la cura di perseguire una efficace politica di “sradicamento” magari dolorosa – così come lo è stata per Apple, anche se facilitata dal controllo dell’hardware e dei principali titoli software – di tutto quello che possiamo definire come un “legacy”, un retaggio del passato. La naturale flessione della quota di mercato di Windows XP nei suoi due principali flawors e, secondo gli analisti, del prossimo Longhorn, sta con tutta probabilità  più qui, in questa contraddizione non governata, piuttosto che nell’assalto all’arma bianca delle differenti versioni di Linux e – perché no – dello stesso Mac Os X.

Apple continua a vendere, trimestre dopo trimestre, sostanzialmente lo stesso quantitativo di hardware, mentre Microsoft non può che cannibalizzare il suo stesso mercato con i prodotti precedenti, restringendo gli spazi di sviluppo. La crisi di competitività  deriva – secondo le regole dei mercati liberali – dall’assenza di innovazione caratteristica dei monopoli. Per Microsoft l’errore di percezione è stato finora finalizzato nei confronti dei prodotti di una concorrenza ridotta a percentuali minime. In realtà , la vera concorrenza viene dai software realizzati internamente, dall’incapacità  di percepire come competitivo il prodotto realizzato 18-36 mesi prima e innovare a tal punto da convincere i consumatori a comprare quanto di nuovo è in grado di offrire l’azienda.

Ricordate il lancio di Panther, Mac Os X 10.3? Lo sforzo di Steve Jobs è stato centrato sul concetto di innovazione. Non solo verso i prodotti di Redmond ed eventualmente quelli del mondo Linux. Il principale obiettivo era per dimostrare ai clienti che Panther è meglio di Jaguar, che vale la pena comprare il nuovo sistema operativo e abbandonare il precedente. Politica perseguita mostrando maggior numero di funzionalità  migliori e assoluta compatibilità  con il parco macchine esistente.

Windows XP ha segnato un taglio netto con le versioni precedenti dell’hardware, Longhorn promette una politica della discontinuità  analoga. Quale il vantaggio? Quale il risultato per chi lavora efficacemente con, mettiamo, Windows 98SE o 2000 ed è conscio che le nuove applicazioni funzioneranno lo stesso mentre l’hardware sarebbe da cambiare insieme al sistema operativo?

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