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La pensione dei baby-boomer e l’open source

Negli Stati Uniti c’è una generazione, sfalsata di un decennio forse rispetto all’equivalente italiano, molto particolare. Sono i baby-boomers, quelli nati tra il 1946 e il 1964, cioè i figli e soprattutto i nipoti dei soldati della Seconda Guerra mondiale. La prima generazione “spirituale”, vicina ai valori della new age, lontana da un’idea di privazione e lavoro duro fine a se stesso dei pionieri che hanno costruito il sogno americano (e vissuto le crisi del ’29 e quella della guerra). Una generazione idealista, ma anche estremamente difficile da gestire, come è stato scritto in tanti libri e analisi sociologiche.

Loro hanno “conquistato” il potere, ma hanno anche fatto il ’68 (che in America è più un ’66), passato il Vietnam, imparato a usare il computer, costruito la rivoluzione del personal e via dicendo. Steve Jobs e Bill Gates, entrambi cinquantenni, sono per esempio proprio nel mezzo di questo gruppo che oggi ha tra i i 41 e i 59 anni ed ha inventato il concetto di “nerd”, di persona poco sociale e dedita allo studio e poi all’uso dell’informatica dall’inizio degli anni Ottanta.

Ebbene, nota David Cringely nella sua rubrica settimanale nel sito della Pbs, la televisione pubblica statunitense (e lì “public” è sinonimo di televisione di qualità ), quella generazione sta cominciando ad andare in pensione: “Ho pensato a quali implicazioni possa avere – scrive Cringely – per il software Open Source. Le implicazioni sono notevoli. Immaginate 100 mila ingegneri e programmatori che abbandonano la forza lavoro americana ogni anno per i prossimi 18 anni, perché è questo quello che sta per succedere. Alcuni di questi troveranno il modo di seguire altre carriere, ma molti di loro saranno molto meno motivati dai soldi di quanto non lo fossero precedentemente nella loro vita. Molti di loro rimarranno attivi. E una volta che uno è un “nerd”, lo è per sempre. Perciò penso che molti di loro graviteranno nell’Open Source”.

Secondo Cringely, il fenomeno è molto particolare, davanti a questo tipo di personaggi che stanno per andare in pensione. Perché le differenze rispetto al passato sono notevoli: “Abbiamo visto questo tipo di cambiamenti generazionali anche prima nel mondo del software. Ma l’ultima volta che è accaduto la gente che andava in pensione era praticamente composta solo da programmatori esperti nel linguaggio Cobol. Non vedo molti progetti in Cobol su SourceForge. Quella era gente che programmava mainframe senza mai aver pensato a scrivere interfacce per gli utenti e neanche agli utenti in quanto tali, se è per questo. Le loro conoscenze non si traducono bene nel campo dei computer di oggi e per questo quando si sono ritirati a vita privata… beh, si sono ritirati veramente a vita privata”.

“Ma – continua Cringely – questa nuova generazione di futuri pensionati ha cominciato a lavorare in Pascal, si è trasferita molto velocemente in C, e ha gestito programmazione Object-Oriented o gestione di programmi per almeno un decennio. Anche i programmatori pensionati che scrivevano in Visual Basic, e ce ne sono a milioni, hanno le conoscenze necessarie per saltare nei progetti che si sviluppano al giorno d’oggi. Così, con tutta probabilità , avremo una iniezione di talenti software nei progetti Open Source, che soppianteranno i geeks di vent’anni che sinora hanno retto questo tipo di attività . Sì, saranno pensionati e per questo non inclini a stare alzati tutta la notte a programmare, ma forse non hanno neanche bisogno di stare alzati tutta la notte”.

La conclusione di Cringely è più che altro una previsione: “Prevedo che questa iniezione di vecchi-nuovoi talenti, che avranno un serio impatto su come vengono gestiti i progetti Open Source, sarà  in buona parte positiva. Posso immaginare che questi progetti “grigi” avranno un maggior coinvolgimento negli standard pubblicati e che vedremo più attività  in posti come l’IETF, e questo è sicuramente buono. E probabilmente ci sarà  anche un po’ più competizione per avere del codice più efficiente. Infine questa tendenza renderà  inoltre la vita più dura, e non più facile, per Microsoft. E questo di sicuro suona molto bene”.

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