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Napster sarà  a pagamento

Napster si avvia ad essere un servizio a pagamento. Lo ha annunciato ieri, nel corso di una lunga conferenza stampa, Hank Barry il CEO della società  nota per avere aperto un nuova e discussa era nello scambio della musica su Internet.
“Ai 38 milioni di utenti di Napster – ha detto Barry – sarà  presto chiesto di versare un canone di abbonamento mensile, circa 5 dollari, per accedere agli HD condivisi on line. Non cambierà  nulla sotto il profilo tecnico per chi usa il nostro software. Ciascuno sarà  libero di aprire il proprio HD a patto che abbia pagato n canone di connessione”.
La notizia ha fatto seguito all’accordo che Napster ha raggiunto nella giornata di ieri con il colosso dell’industria musicale BMG. In base ai documenti sottoscritti ieri BMG che produce e distribuisce i dischi di numerose stars del firmamento musicale internazionale, metterà  a disposizione il suo catalogo agli utenti di Napster a patto che Napster, appunto, diventi un servizio a pagamento e non più gratuito e libero come è oggi.
Secondo molti osservatori gli eventi di ieri segnerebbero una svolta nel caso che oppone Napster alla RIAA, la potente associazione dei discografici americani, che in collaborazione con le cinque principali etichette stava tentando di inibire il servizio di scambio di files musicali possibile proprio grazie a Napster. La BMG è infatti una delle co-querelanti e ha dichiarato di essere disposta a ritirarsi dal processo. In aggiunta a ciò Time/Warner ha già  fatto sapere che la vicenda sta assumendo sviluppi positivi esprimendo soddisfazione per l’accordo tra BMG e Napster. Una posizione che ha fatto pensare che presto anche Warner, altra potente casa di produzione e distribuzione, potrebbe ritirarsi dal processo e partecipare all’iniziativa. Anche EMI, secondo alcune fonti giornalistiche, starebbe considerando l’ipotesi di ritirarsi dalla causa e unirsi a BMG. A quel punto solo Sony e Universal resterebbero a sostenere le proprie posizioni recisamente contrarie a Napster, ma l’abbandono delle tre concorrenti aprirebbe una falla anche nelle posizioni della RIAA. L’associazione dei discografici, che rappresenta anche molte altre più piccole società  discografiche, per iniziativa della sua CEO Hilary Rosen ha affermato che “è importante che le regole per la distribuzione della musica on line siano stabilite una volta per tutte. L’accordo tra Napster e BMG è un passo in questa direzione”, parole che sembrano una benedizione e un incoraggiamento a proseguire su questa strada.
La proposta di trasformare Napster in un servizio a pagamento era giunto dal suo CEO Hank Barry, ma era sempre stata rifiutata sia dalla RIAA che dalle altre case discografiche che puntavano semplicemente alla chiusura di Napster. Molti osservatori avevano però descritto le mire dei discografici come una “fatica di Sisifo”. “Chiuso Napster – si leggeva in numerosi resoconti giornalistici – gli utenti si rivolgeranno a servizi e software che attuano lo stesso servizio. Sarebbe come avere inventato l’automobile ad acqua e poi dire agli automobilisti che la usano che ora si torna alla benzina”. Più logico chiedere una modesta “tassa” per l’uso dell’acqua come carburante piuttosto. E questa sembra la strada che oramai ha preso la vicenda di Napster.

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