Le pretese di “proprietà ” avanzate da British Telecom sul link non hanno alcun fondamento. La sentenza, che pare troncare ogni possibile pretesa di royalties sul concetto e la tecnologia che è alla base stessa di Internet, è della corte distrettuale newyorkese la cui giudice Colleen McMahon, fin dall’inizio, aveva espresso consistenti perplessità sulla richiesta.
Il caso trae le sue origini da un esposto presentato all’inizio di quest’anno dalla stessa British Telecom di fronte al tribunale americano, conseguenza di una pretesa risalente a metà 2000. Allora BT annunciò al mondo di essere in possesso di un brevetto legale “Sargent Patent – # 4.873.662” (valido fino al 2006 in USA, mentre in Europa è già scaduto) che di fatto avrebbe imposto a tutti coloro che avevano usato la tecnologia del “link” dal 1976 al 2000, di pagare i conseguenti diritti.
Dopo qualche mese dall’inoltro della richiesta di procedimento, ecco la sentenza (188 KB in formato PDF): siccome non esiste un computer centrale nella rete Internet al quale si collegano gli utenti del web, il brevetto di BT non può valere in questo campo.
Il primo beneficiario della sentenza è Prodigy, primo ISP della lista dei sedici che secondo BT avrebbe indebitamente usato negli anni la tecnica degli ipertesti. Lo storico internet provider della prima ora e adesso di proprietà di SBC, non deve più temere alcuna ritorsione economica e con lui, semmai l’avesse fatto, deve smettere di tremare l’intero universo di Internet, questo nonostante il presidente di BT, Sir Christopher Bland, ancora oggi affermi di voler proseguire nel suo intento e punti ad avere ragione in una prossima udienza, fissata per il prossimo 9 settembre.