Le considerazioni di Dvorak sono al limite tra l’ignoranza e la malafede (perdonate l’eccesso).
Ho lavorato in televisione (Raiuno) per sei anni, occupandomi anche del montaggio. Ho potuto quindi prendere coscienza delle procedure di lavoro e degli standard del Broadcast. E’ proprio per questo che che prodotti come G4 o Final Cut Pro mi appaiono rivoluzionari!
Si possono utilizzare le stesse procedure, lo stesso know-how, pur non disponendo di attrezzature miliardarie.
Ci vuole troppo tempo? Soltanto se si ha un progetto chiaro, ovvero si
conosce il linguaggio cinematografico. Chi lo conosce impiega tempo
perche’ insegue un risultato ottimale, chi non lo conosce si accontenta… e si sbriga in poco tempo! In entrambi i casi l’importante é ognuno abbia la sensazione di avere tra le mani uno strumento adatto e funzionale.
La qualita’? Credo sia soprattutto una questione di altre cose: fotografia, regia, e competenze professionali di diverso tipo. Date uno studio broadcast in mano ad un dilettante e avrete un prodotto dilettantistico. Date una telecamera digitale in mano, diciamo, a Wim Wenders e avrete “Buena Vista Social Club”.
Forse Dvorak e’ troppo omologato alle tecnocrazie della comunicazione per rendersene conto.
Aspetto di “frequentare” Final Cut per verificare che altro non sia che Avid Media Composer alla portata di (quasi) tutti. Credo che il vero problema sia ancora il costo delle attrezzature: risibile se confrontato al settore professionale, elevato se pensiamo al singolo “videomaker” a corto di soldi o padre di famiglia
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Video amatoriali e Computer: Dvorak sbaglia
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