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Anti-iPod di Microsoft, la ricetta di un insuccesso

Chi spara per primo, spara due volte. Però, poi, anche gli altri possono dire la loro. L’importante è che non sparino a vuoto. La querelle su come abbattere l’iPod, la bestia nera di tutti quelli che vogliono mettere sul mercato un lettore di musica digitale, poggia su un enorme, gigantesco, ineliminabile errore di fondo. Gli altri, siano essi Creative, Sony, Microsoft, vogliono fare un player migliore di quello di Apple. Non che l’iPod non sia buono, ma il punto non è quello. Oltre al lettore digitale, c’è molto di più.

Facciamo un passo indietro: se si trattasse di farne di più belli, nonostante Jonathan Ive sia davvero bravo, qualcuno lo si sarebbe pur trovato in cinque anni. Possibile che le migliaia di designer giapponesi e coreani, finlandesi e svedesi, italiani e americani non riescano a mettere il lapis su un foglio di carta e disegnarne uno più bello? No, evidentemente il problema non è quello e chi ci ha provato ha fallito perché ha sparato la sua cartuccia nella direzione sbagliata.

Software, allora. L’iPod è facilissimo da usare. Talmente facile ed essenziale che le cause per cercare di conquistare il diritto ad usare in modo esclusivo gli elementi della sua interfaccia si moltiplicano. Fuochino, ma non ancora centro. In cinque anni, nonostante – va detto – di interfacce belle e funzionali come quella dell’iPod non se ne sono ancora viste, qualcosa c’è. Eppure non basta, la direzione non è ancora quella giusta.

Proviamo allora ad affrontare la questione da un punto di vista diverso. Partiamo dal nadir, dall’opposto dello zenit. Lo zenit è la visione di Steve Jobs – annunciata alla fine degli anni Novanta – di un modo tutto suo di intendere la convergenza digitale, offrendone un senso, una direzione. Per il numero uno di Apple, infatti, il centro dello stile di vita digitale, il digital hub, è il Mac, e tutto il resto ruota intorno a questa straordinaria macchina, mix di tecnologie hardware (che come abbiamo visto con la transizione ad Intel, possono cambiare anche in maniera radicale) e software (le evoluzioni di MacOs X, alle soglie della sua sesta edizione, e delle iApps, cioè le applicazioni che servono e permettono di fare le cose necessarie). In questa visione, l’iPod è uno strumento in più, il cui ruolo è fondamentale ma che funziona per un motivo. Dicevamo: partiamo dal nadir, dall’opposto della visione di Steve Jobs. Partiamo dall’Xbox.

Il sogno di Microsoft, dopo aver saturato con i suoi prodotti software il mercato dei Pc – desktop e laptop che siano – è di rompere le uova nel paniere a Sony ed altre aziende conquistando il salotto, il tappeto del soggiorno, quello insomma che sta davanti al televisore. L’idea è perseguita contemporaneamente lungo due strade che sono – badate bene perché poi il problema è tutto qui – quelle dell’Xbox e del Media Center.

L’idea, insomma, è di creare questa sorta di elettrodomestico con uno scopo dichiarato – il gioco per l’Xbox e il video per il Media Center – a cui agganciare le altre tecnologie. Pc, palmare, smartphone, tutto allegramente in rete e tutto collegato in qualche maniera alle tecnologie di consumo e proprietarie di Microsoft: Windows Media Player con i formati audio e video. L’iPod rompe le uova nel paniere proprio per questo motivo: le tecnologie non consentono di creare questo sistema casalingo funzionante perché non ammettono la relazione con altre tecnologie. Se i tre quarti degli utenti iPod (e quindi iTunes e magari anche iTunes Music Store) sono utenti Pc, non esiste la possibilità  di collegare Wi-Fi la musica contenuta dentro iTunes con la Xbox, perché per lo zio Bill Wma è meglio di Aac ed Mp3, quindi il link non c’è.

Non c’è neanche il link tra Xbox e Media Center (casomai qualcuno avesse pensato di comprare entrambe) e così, mentre a beneficiare sono gli usi espliciti (se qualcuno preferisce giocare o preferisce videoregistrarsi le sue cose dalla tv magari ad alta definizione, ma non è in grado di accedere ai contenuti di gioco e di video “free” che si pescano dalla rete) e in modo per di più parziale, gli usi impliciti, cioè quei legami che possono sorgere grazie ad una integrazione senza strappi tra le varie componenti semplicemente non nascono. In casa Apple sì, come sanno gli utenti Mac che possono “pescare” le foto di iPhoto e i brani di iTunes e metterli dentro i loro video di iMovie senza problemi.

Come funziona la formula magica di Apple? Fornendo l’integrazione e i servizi, fornendo l’iPod – l’oggetto da comprare – e un mondo intero di sistemi da utilizzare per sfruttarlo. Insomma, immaginando l’iPod non come un prodotto ma come una piattaforma, un canale, un intero mercato, sul quale si possano sviluppare applicazioni di terze parti (per Mac o per Pc) e accessori e nuovi contenuti come i Podcast, ad esempio, che sono liberi e si integrano liberamente attraverso iTunes Music Store e il software di iTunes.

Arriviamo al dunque: come non sconfiggere l’iPod. Basta annunciare di voler lanciare a dicembre (a Natale o quando sarà ) l’anti-iPod, un player che sarà  “più bello, più potente, più economico, con il video su schermo più grande e più senza fili dell’iPod vero”. Insomma, il classico bidone travestito come l’originale, l’auto truccata e pure un po’ cafona. Perché Microsoft non riesce a creare un modello alternativo a quello di Apple, non riesce a creare un software completo come iTunes, che non pretende di conquistare il sistema operativo e il computer ma convive con esso, che spalanca in maniera “accettabile” le porte del web mantenendo una integrazione semplice e trasparente, centrata sull’utente e sulla sua esperienza d’uso. Insomma, cara Microsoft, l’anti-iPod è una buona idea. Talmente buona che già  colossi come Sony hanno cercato di clonarlo e renderlo “un po’ meglio” aggiungendo qua e là . Peccato che manchi tutto il resto, che poi è quello che la gente vuole. Buone ferie e – lasciatevelo dire – sarà  per un’altra volta.

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