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Apple e Ibm, era anche questione di soldi?

Cosa è successo veramente durante lo scorso fine settimana? Come mai Apple ha abbandonato Ibm? Perché Steve Jobs è voluto passare a Intel? Il Ceo e cofondatore di Apple ha dichiarato che per cinque anni MacOs X ha vissuto “una doppia vita”, con una versione segreta del sistema operativo pronta a essere usata su processori di architettura x86 sin dai tempi di MacOs X 10.0.0 e – ha aggiunto – che Ibm ha “fallito” nell’obiettivo di raggiungere i risultati della roadmap tecnologica per i processori G5, vale a dire Cpu da 3 Ghz e una versione adatta ai PowerBook di Cupertino.

Ma è solo questo? Secondo il New York Times, che ha sentito alcuni manager di Big Blue, in realtà  ci sarebbero anche altre motivazioni di carattere economico, dietro. Secondo un anonimo dirigente di Ibm, infatti, “I problemi tecnologici sono secondari rispetto a quelli economici. Dal momento che il business dei G5 non era profittevole, Ibm aveva deciso di non proseguire sulla strada dello sviluppo a meno che Steve Jobs non decidesse di pagare di più, finanziando lo sviluppo delle Cpu”.

Ma anche un’altra opzione, che pure molti lettori di Macity avevano segnalato, era stata presa in considerazione e scartato: i nuovi processori Cell di Ibm, nati da una joint venture con Sony e Toshiba, che equipaggeranno la nuova Playstation3, oltre alla linea di processori Power destinati a Xbox 360 di Microsoft e Revolution di Nintendo.

I rapporti di Steve Jobs con Sony in questi mesi sono divenuti estremamente positivi: ricordiamo ad esempio che a gennaio il Ceo di Sony è stato ospite sul palcoscenico del Moscone Center durante il Macworld per contribuire alla svolta “ad Alta definizione” (Hd) dei prodotti video di Apple. Ebbene, proprio Sony avrebbe tentato di convincere Apple a sposare Cell come processore del futuro.

Sia Nobuyuki Idei, all’epoca Ceo di Sony, che Kenichi Kuratagi, creatore della Playstation, avevano cercato di convincere Jobs a passare a Cell offrendo in cambio l’accesso a tecnologie chiave di Sony. Ma Steve Jobs avrebbe – secondo le fonti del New York Times – rifiutato l’accordo, sostenendo che il processore Cell è tecnologicamente inferiore alle aspettative di Apple e inadatto all’uso su personal computer.

In sei mesi, con tutta probabilità , Apple ha vissuto un periodo di profonda riflessione e di negoziazioni strategiche di altissimo livello. Intel potrebbe aver giocato la carta della sua offerta verso Apple, rendendola probabilmente molto appetitosa per Steve Jobs, partendo anche da una considerazione per il suo stesso mercato: l’arrivo della nuova generazione di console rende il mercato dei videogiochi sempre più ibridato con quello dell’hub digitale del salotto in mano ai processori Ibm, mentre gli Intel dei media center faticano – così come era successo ai Tablet Pc – a trovare un loro spazio. L’offerta verso Apple nasce probabilmente anche dalla speranza di riacquistare spinta verso il salotto della casa dei consumatori con prodotti che forse sono allo studio congiunto di Apple e Intel.

E’ certo, tuttavia, che il maggior nodo che rimane allo scoperto dopo l’accordo con Intel rimane quello della transizione non tanto verso una nuova architettura quanto verso una generazione di processori a 64 bit. A meno di sorprese, infatti, la roadmap di Intel in questo settore è ancora abbastanza indietro rispetto a quella, per esempio, di Amd. Le architetture Ia64 pure per Centrino (portatili) e desktop non lasciano sperare alcuna novità  per i prossimi 18 mesi, mentre la gestione dei set di istruzioni estesi Ia32 a compatibilità  64 bit è ancora indietro a quanto raggiunto sinora da Ibm. I due anni di transizione previsti da Jobs sono probabilmente da leggere anche in questo senso.

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