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Cocktail 3.4.4, l’utility per la manutenzione del Mac. La recensione

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Questo piccolo shareware dal costo di 11,95 dollari per licenza (ma è possibile utilizzarlo anche per scopo di prova senza pagare l’autore) si sta guadagnando una meritata fama tra le utility nate insieme a Mac Os X. L’attuale versione 3.4.2 aggiunge ulteriori elementi di valore alle già  numerose e potenti funzioni, anche se l’esecuzione degli script e delle manovre per l’ottimizzazione del sistema può richiedere anche qualche decina di minuti.

L’utility sviluppata da Kristofer Szymanski e in grado di funzionare sia con Jaguar (Mac Os X 10.2) che con Panther (Mac Os X 10.3) consente infatti di gestire attraverso una serie di pannelli di controllo raggiungibili dalla finestra principale dell’applicazione una serie molto ampia di parametri.

Si tratta per la precisione di sei macro-aree dalle quali si possono svolgere differenti operazioni (alle volte anche le stesse, insieme ad altre) che vanno dal mantenimento dei dischi a quello del sistema operativo, dei file, della rete, dell’interfaccia, fino alla funzione “pilot” che consente di telecomandare una serie di operazioni peraltro giù presenti nei vari pannelli.

Sarebbe troppo lungo dettagliare ciascuna delle opzioni presenti in ciascuna delle macro-aree. Per rendere il senso delle operazioni che il software è in grado di fare, si parte dalla possibilità  scegliere il tempo necessario al sistema per portare in riposo i singoli dischi (utile per i sistemi portatili, ad esempio) oppure attivare le funzioni di journaling di tutti i dischi collegati alla macchina (iPod compresi, opzione consigliabile anche per queste piccole e preziose macchinette).

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Inoltre, Cocktail consente anche di gestire il Prebind del sistema (le applicazioni utilizzano differenti servizi e framework per funzionare e a loro volta mettono a disposizione delle altre applicazioni i loro servizi, il prebind consente di far “conoscere” al sistema e alla singola applicazione quali risorse sono a disposizione) alla pulizia di svariati livelli di cache e dei famosi script per il mantenimento del sistema contenuti in Unix e che vengono attivati dal demone “cron” periodicamente in orari nei quali è possibile che il nostro Mac sia spento e quindi rischi di accumulare “sporcizia”.

Ancora, per quanto riguarda i file, è possibile visualizzare i file invisibili, rimuovere i DS Store da cartelle destinate alla masterizzazione per il mondo Pc, gestire il permesso di scrittura in modo ricursivo su intere cartelle e creare link simbolici.

Per quanto attiene al network, cioè alla rete, si possono manipolare una serie di parametri, tra i quali l’ottimizzazione dei pacchetti a seconda del tipo di connessione, la porta utilizzata per la condivisione web e il tunneling ssh, il rinnovo del Dhcp dal server al quale si è collegati (opzione presente nella preferenza di sistema di rete in Panther ma non disponibile in Jaguar).

I cambiamenti dell’interfaccia consentono di operare una serie di miglioramenti (o semplificazioni) spesso irrinunciabili.
Nell’opinione di chi scrive, infatti, solo la possibilità  di avere la doppia freccia in entrambi le direzioni ad entrambi i lati della barra di scorrimento al lato della finestra è irrinunciabile e Apple dovrebbe offrire almeno l’opzione nei suoi pannelli di gestione dell’interfaccia tra le preferenze di sistema.

E’ anche possibile interagire oltre che con il dock e la finestra di Login, anche con Mail e Safari, attivando Java e Javascript oltre che le gif animate in Mail (preferenze inesistenti nell’applicazione ma presenti nel webcore di Apple che gestisce la visualizzazione dei contenuti Html del client di posta) e l’attivazione di alcune delle funzioni “nascoste” del browser di Cupertino, tra le quali la possibilità  di importare i preferiti di Explorer, Mozilla e Netscape.

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Infine, l’ultima macro-area “Pilot” consente di comandare in un colpo solo la maggior parte degli script per la manutenzione, prebind e gestione di quali livelli di cache pulire. Si tratta, solo per quest’ultimo pannello, di un sistema completo che consente alle volte di avere “recuperi” della vitalità  della macchina incredibili. Con un iBook 500 dual Usb con installata l’ultima versione di Panther (10.3.2) il miglioramento, dopo aver fatto una radicale cura di script e pulizia di cache che ha richiesto trenta minuti e un riavvio al termine, è stato nell’ordine del 15-20% in meglio per l’interfaccia e la partenza delle applicazioni.

Il giudizio complessivo è che, al di là  della mancanza di alcune piccole migliorie (come indicatori di stato che indichino il livello di avanzamento di alcune operazioni) nel complesso l’applicazione è una delle migliori e più complete presenti nel mercato della manutenzione del sistema e della sua gestione. Il consiglio è quello di non provarla senza avere idea di quello che si sta facendo, ovviamente, anche se la pulizia dei registri e delle cache (da selezionare attraverso il pulsante delle opzioni) è una operazione raccomandata insieme all’attivazione dei servizi di journaling del file system.

L’unica mancanza, dato che comunque molte delle funzionalità  sono già  presenti nel sistema operativo e Cocktail semplicemente le razionalizza fornendo un front-end per la loro gestione, è quella di un pannello di controllo anche per le funzioni di deframmentazione del disco inserite a partire da Panther nel sistema operativo. Ma abbiamo scritto all’autore che si è detto interessato e non è detto che in una prossima release, grazie a Macity, non sia possibile avere a disposizione anche questa opzione. Il programma, nella nostra opinione, è superiore all’altra tra le grandi utility per l’ottimizzazione disponibile per Mac, System Optimizer X.

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