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Digitalizzazione in sanità: un’esigenza per il sistema

Sono passati ormai 8 anni dalla pubblicazione, da parte della Commissione Europea, dell’action plan 2012-2020 “eHealth” che sollecitava gli stati membri ad accelerare l’azione per sfruttare appieno il potenziale del digitale nella sanità. Nella realtà questo non è ancora un fatto compiuto, almeno in Italia, e si è dovuti arrivare all’epidemia di COVID-19 per tornare a parlare realmente dell’importanza della telemedicina e vedere qualche azione concreta, soprattutto per la gestione delle cronicità.

Rimane ancora molto da fare e per tracciare un primo bilancio rispetto a dove siamo arrivati e cosa dobbiamo attenderci nel prossimo futuro nel cammino verso la digitalizzazione in sanità che l’Italia sta percorrendo, Roche Diabetes Care, in collaborazione con Motore Sanità, ha avviato lo scorso luglio il progetto “Telemedicine R-evolution”, di cui si è appena conclusa la 1° edizione. In questa roadmap digitale di oltre 10 tappe, a cui hanno partecipato tutti gli attori coinvolti, a partire da esponenti delle Istituzioni, mondo scientifico, accademico e associazionismo sono stati affrontati i principali aspetti del tema. «L’innovazione digitale e la gestione integrata e personalizzata del diabete sono da sempre al centro dell’azione di Roche Diabetes Care, che negli anni ha messo a disposizione diversi dispositivi e soluzioni digitali per sostenere le persone con diabete, caregiver e operatori sanitari, a favore di un Sistema Sanitario sostenibile», spiega Rodrigo Diaz de Vivar, Amministratore Delegato di Roche Diabetes Care Italy.

Il potenziale della telemedicina è stato messo in luce proprio durante i mesi di pandemia; le visite mediche sono state in parte sostituite da video-chiamate, e-mail, messaggi su tutto il territorio nazionale, tanto che negli ultimi mesi, sono nate 180 attività di telemedicina di cui il 50 per cento erano tele-visite e il 30 per cento tele-consulti. Per esempio, grazie a questa modalità in remoto, per il diabete di tipo 1 sono state recuperate il 44 per cento delle visite perse nei primi mesi dell’emergenza rispetto al 2019. «Sono tanti anni che si parla di digitalizzazione e telemedicina, ma solo negli ultimi mesi a causa della pandemia se ne è realmente capita l’importanza e le potenzialità. Per la diabetologia c’è stato un notevole incremento dell’utilizzo, soprattutto per monitorare i dati glicemici dei pazienti da remoto direttamente nella cartella clinica informatica, ma qualche difficoltà è stata riscontrata, in particolare per la gestione dei pazienti anziani, generalmente meno avvezzi alla tecnologia, ma che rappresentano una quota importante di persone con diabete e le più a rischio Covid. Bisogna quindi attuare delle strategie che permettano l’accesso a queste tecnologie a tutti, indipendentemente dall’età o dal livello di scolarizzazione, e deve essere uniforme su tutto il territorio nazionale», dice Agostino Consoli, Professore di Endocrinologia presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” Chieti–Pescara e Presidente SID- Società italiana di Diabetologia.

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«Uno degli insegnamenti che possiamo trarre da quanto accaduto in questi mesi – dichiara Rodrigo Diaz de Vivar, Amministratore Delegato di Roche Diabetes Care Italy – è l’importanza di una riflessione chiara su una riforma complessiva del sistema sanitario italiano. Infatti, al di là della pandemia, i fenomeni dell’invecchiamento e della denatalità si accompagnano alla crescita della cronicità, che rappresenta anche un problema economico, perché, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la cronicità assorbe dall’82 all’84 per cento delle risorse pubbliche. Vanno ridotte disparità e disuguaglianze di accesso alle cure su tutto il territorio nazionale, senza distinzione di condizioni individuali, sociali ed economiche. Condividiamo l’importanza di sviluppare la medicina di prossimità, ovvero vicina a dove si trova il paziente, va potenziata l’assistenza territoriale per la gestione delle cronicità e la digitalizzazione rappresenta un fattore abilitante e prioritario per favorire la comunicazione ospedale-territorio-cittadino. La digitalizzazione della sanità può contribuire, quindi, all’obiettivo di aumentare l’efficacia e l’efficienza del processo di cura, ma anche di fornire informazioni che orientino le scelte cliniche, organizzative e gestionali, anche in ottica predittiva, nonché di rappresentare uno strumento utile a fornire maggiori informazioni al paziente. Tutto ciò è possibile se si investe nella formazione del personale sanitario e nell’incrementare la health literacy dei cittadini, per aumentare la partecipazione attiva della comunità, soprattutto se si sostiene questa evoluzione con un sistema adeguato di procurement, maggiormente focalizzato sulla qualità delle soluzioni e sul valore medico che esse generano», conclude.


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