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In Apple la cultura ribelle non è morta: ingegneri pronti a lasciare per non dire sì all’FBI

La cultura pirata di Apple cova sotto la cenere e i dipendenti Apple potrebbero arrivare a lasciare la società piuttosto che essere obbligati ad aprire il sistema operativo, piegandosi agli obblighi dell’FBI. Lo dice il New York Times che ha parlato con varie persone coinvolte nello sviluppo di iOS.

Come noto, Apple afferma che l’integrazione di una “porta di servizio” per indebolire la cifratura di sistema stabilirebbe un pericoloso precedente, mettendo “a rischio la sicurezza e la privacy di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo”. Apple ha già spiegato che la creazione di un meccanismo che consentirebbe di bypassare il codice di blocco richiede dai sei a dieci ingegneri che lavorano da due a quattro settimane allo sviluppo di una nuova versione del sistema operativo ad hoc da caricare sul dispositivo “incriminato” e consentire lo sblocco, ma secondo il giornale potrebbe essere difficile per Cupertino trovare qualcuno dei suoi attuali dipendenti disposto a farlo.

La paura di perdere un posto di lavoro ben pagato non è un fattore deterrente. Lasciare Apple per ragioni così “nobili” darebbe dei crediti agli ingegneri che se ne vanno e non sarebbe difficile per loro trovare un altro posto di lavoro altrettanto ben pagato nella Silicon Valley o altrove.  Chi potrebbe rimetterci è invece Apple. Se i dipendenti che si occupano dello sviluppo di iOS dovessero rifiutare di collaborare, la Mela potrebbe essere costretta a pagare pesanti sanzioni per la non ottemperanza e ci sarebbe anche il rischio sulle tempistiche: un gruppo di dipendenti esperti, (alcuni di loro sono elementi chiave, in grado di dare un rapido riscontro alle richieste dell’FBI) che lascia improvvisamente provocherebbe inevitabilmente dei ritardi che andrebbero a collocarsi alla necessità di comporre un team che oggi non esiste, composto da un mix di tecnici della cifratura unito a quelli del codice base di iOS.

Jean-Louis Gassée, l’ex manager francese delle Mela che a un certo punto della sua vita si trovò a offrire ad Apple l’alternativa a quello che è oggi OS X, spiega che è una questione di cultura indipendente e ribelle insita in Apple. “Se li vorranno costringere a testimoniare o ad agire, auguro loro (all’FBI, ndr) buona fortuna”.

Qualche settimana addietro Gassée, commentando la vicenda Apple-FBI, aveva riportato sul suo blog una massima di Lord Acton: “Il potere tende a corrompere, il potere assoluto corrompe in modo assoluto”. Secondo il manager francese Apple fa bene a combattere per la difesa della privacy e la backdoor richiesta dall’FBI fa parte di una strategia più grande che prevede il controllo in massa dei dispositivi. Citando un articolo di Bloomberg Gassée spiega che in un meeting che si è svolto alla Casa Bianca nel periodo del Giorno del Ringraziamento, funzionari di alto livello delle forze di sicurezza hanno ordinato alle agenzie governative di trovare modi per aggirare le cifrature usate dai software per proteggere dati sui dispositivi degli utenti.

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