Una donna americana ha citato in giudizio agenti della polizia alle frontiere statunitense dopo essere tornata da un viaggio in Svizzera. La donna, Rejhane Lazoja, era stata fermata all’Aeroporto Internazionale di Newark (il principale aeroporto del New Jersey e il secondo dell’area metropolitana di New York); il suo iPhone era stato sequestrato dagli agenti perché la donna si era rifiutata di sbloccare il dispositivo.
Nell’azione legale si sostiene che gli agenti di frontiera hanno effettuato una copia dei dati dello smartphone senza indicare cosa è stato eventualmente prelevato/cancellato. BBC News cita documenti legali secondo i quali la U.S. Customs and Border Protection (la maggiore tra le forze dell’ordine per la sicurezza delle frontiere che espleta servizio di polizia di controllo doganale e di transito presso i varchi di confine nazionali), ha trattenuto il telefono per oltre 120 giorni prima di restituirlo alla signora Lazoja.
Secondo la donna, gli agenti non hanno indicato cosa è stato eventualmente copiato e se i suoi dati siano stati condivisi con altri organismi. Nello smartphone erano presenti foto della donna “in stato di nudità”, così come messaggi privati del suo avvocato.
“Ms Lazoja è una donna musulmana, indossa l’hijab (il tipico velo o meglio copricapo che lascia il viso scoperto, ndr) e secondo i dettami del suo credo religioso non può essere vista con il capo scoperto da uomini che non siano membri della sua famiglia” si legge nel documento, affermando ancora che non vi era necessità di sequestrare il dispositivo e che la perquisizione e la confisca del telefono siano una violazione dei suoi diritti secondo quanto stabilito nel Quarto Emendamento (che nella Carta dei diritti difende da perquisizioni, arresti e confische irragionevoli). Il caso sarà discusso in un tribunale distrettuale del New Jersey.