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Fare il fotoreporter in tempo di guerra con un iBook

Un iBook, macchine fotografiche digitali e telefono satellitare. Ecco gli strumenti che, come Macity ha già  avuto modo di segnalare sono bastati ad un fotoreporter del St. Petersburg Times per svolgere i reportage dall’Iraq.

Un’attrezzatura alla portata, ormai, di tutti, ma che ha consentito a John Pendygraft, questo il nome del fotoreporter, di svolgere un compito difficile in un modo e con tempi che era difficile anche solo immaginare poco tempo fa.

Ma quali sono i dettagli tecnici dell’attrezzatura di Pendygraft. Come ha lavorato e, soprattutto, che cosa lo ha spinto a scegliere un Mac come compagno di “un’avventura d’informazione” tanto complessa?

A rispondere alle nostre domande è stato Jack Rowland, direttore tecnico del St. Petersburg Times.

Il computer, come già  avevamo fatto notare nel precedente articolo, è un iBook da 600 MHz, col massimo della RAM, ovvero 640 MB, un hard disk da 30 GB e doppio sistema operativo Mac OS 9/Mac OS X.

“L’utilizzo di un sistema misto – ci ha spiegato Jack Rowland – lo consideriamo un “paracadute” in quanto il nostro giornale non ha ancora fatto uno “switch” totale verso il nuovo sistema operativo. Tutto il personale è ancora in fase di training per Mac OS X e presto abbandoneremo del tutto Mac OS 9″

Le fotocamere usate da John sono due, Nikon D1 e D1h, entrambe dotate di una scheda Compact Flash da 512 MB della linea professionale di Lexar, “due schede – dice ancora Rowland – con le quali si possono riprendere immagini per tutto il giorno senza aver la necessità  di scaricare le fotografie dalla scheda più volte e rischiare infiltrazioni di sabbia e altro, aprendo la fotocamera”.

Come lettori per le Compact Flash, fortunatamente, John aveva in dotazione due modelli, un Lexar JumpShot USB e un Lexar FireWire, dicevamo fortunatamente perché con il secondo lettore (FireWire) fin da subito ci sono stati problemi di funzionamento e quindi per evitare di perdere tempo si è optato per il lettore USB, certamente più lento, ma più affidabile.

Il giornale aveva pensato anche a come ovviare a possibili guasti alle schede: “Nel caso si fossero danneggiate le Compact Flash – ha spiegato ancora il direttore tecnico del giornale – John avrebbe potuto usufruire del software Lexar Image Rescue, che è in grado di recuperare i dati dalle schede di memoria”.

Piuttosto lunga la serie di software utilizzati per gestire le immagini, i reportage e le modalità  di comunicazioni. Un fattore cruciale per il quale i responsabili tecnici del giornale hanno preferito fare una scelta oculata, senza per forza rincorrere le ultime versioni disponibili. Ecco l’elenco: Adobe Photoshop 5.5, Camera Bits PhotoMechanic Pro 2.0, FileMaker Pro 4.1, AppleWorks 6, FTupperWare 2.3.1, Transmit 1.7, AOL Instant Messenger. Per la navigazione Pendygraft ha usato  Microsoft Internet Explorer; per la posta elettronica un account su Yahoo! Mail.

Fondamentale un telefono satellitare per comunicare ed inviare il materiale digitale a Jack che, dall’ufficio in Florida, ha collaborato nella buona riuscita della trasferta in Iraq. Abbiamo scelto un NERA M4 World Communicator (il cui costo negli USA è di 6.600 dollari) collegato al sistema satellitare del provider inglese Inmarsat, che copre la zona col suo Inmarsat-3 F2“, ci ha detto ancora Jack Rowland

Il telefono satellitare funge da modem esterno seriale per l’iBook, al quale è collegato con un cavo USB e gestito dal “vecchio” Apple Remote Access di Mac OS 9, con driver compatibile “Metricom Wireless 64K ISDN”.

I tempi di trasmissione dei dati erano del tutto accettabili, i costi di trasmissione, invece, decisamente elitari. “Il telefono  – spiega ancora Rowland – forniva a John una connessione da 64 Kbps ovunque e in ogni momento ci fosse un cielo limpido, ogni fotografia (di circa 400 KB, dopo la compressione JPEG) poteva essere spedita in circa 60 secondi al costo di 7 dollari al minuto. Per le comunicazioni in voce il giornale ha speso invece 3 dollari al minuto”.

La spedizione delle fotografie e dei testi prodotti da John è avvenuta via FTP, Jack dalla redazione provvedeva alla composizione e alla sistemazione delle immagini per la pubblicazione sul sito del > giornale.

Uno dei fattori di maggiore preoccupazione erano le batterie e non solo per il loro numero (il fotoreporter della Florida ne aveva 2 per l’iBook, 10 standard e 1 da 30 watt per le fotocamere Nikon e altre due per il sistema di telefonia satellitare NERA), ma anche per la loro indispensabile ricarica.

“Quando John era aggregato in Kuwait al suo squadrone di Marine elicotteristi – ci ha detto Rowland – non aveva ovviamente alcun problema a ricaricare tutte le batterie della sua attrezzatura. Le complicazioni sono cominciati una volta in Iraq. Qui il sole è stato la principale fonte di approvvigionamento elettrico. Abbiamo infatti utilizzato alcuni prodotti di ASC Scientific: un pannello solare Brunton Solaris da 25 watt e un accumulatore ASC Scientific Brunton Solo da 200 watt. Sugli elicotteri e a bordo di altri mezzi militari, poteva convertire l’elettricità  grazie a un Vector MaxxSST VEC061 da 350 watt a 110 V, acquistato in un comune supermercato di Tampa”

Infine altro accessorio utile per John è stato il registratore digitale Olympus DS-330 col quale prendere appunti vocali on the road.

Tutta questa attrezzatura, pur robusta e valida per un uso quotidiano in un ambiente di lavoro e in viaggio, ha dovuto però fare i conti con il fatto che è stata utilizzata in mezzo al deserto e in condizioni per le quali non era stata specificatamente studiata. Basti pensare i problemi che ha apportato anche alle attrezzature militari, certo più robuste di quelle usate dal Pendygraft.

“John – ci fanno sapere dal giornale di Tampa – ha usato borse con zip e nastri adesivi telati per chiudere le fessure. Con questo sistema abbiamo anche chiuso alcune porte dell’iBook per evitare infiltrazioni di polvere e sabbia. Sono stati anche impiegati dei collant di nylon come primo avvolgimento per tutte le periferiche elettroniche. Le fotocamere digitali Nikon sono state inserite in una custodia trasparente di derivazione nautica, l’EWA-Marine U-AV, quando si verificavano delle tempeste di sabbia”.

Per quanto riguarda l’affidabilità  del computer il St. Petersburg Times non ha avuto dubbi a scegliere un Mac: “ne abbiamo 14 di questi laptop compatti di Apple e conosciamo la loro robustezza perché vengono usati sempre dagli inviati. -  non esita a sottolineare Jack Rowland – Un sistema Windows? Non ci abbiamo mai pensato, per molte ragioni. La prima è che il settore dei giornali e quello della fotografia è dominato da computer Apple e quindi è semplice trovare aiuto da altri utenti Apple. I Mac sono facili da configurare e da usare, ed è più agevole insegnarlo ad un gruppo di persone. Semplicemente sono migliori”, conclude il nostro interlocutore.

Un’opinione che certamente condividono molti dei nostri lettori, anche se non hanno mai avuto alcuna occasione di sperimentare condizioni così estreme.

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