Un giorno, prevedono gli esperti, i dischi rigidi scompariranno lasciando la scena a memorie allo stato solido molto grandi, veloci ed economiche. Per adesso, però, la tecnologia che ha fatto partire l’informatica di massa, vale a dire i dischi rigidi, ha ancora parecchie cartucce da sparare. Hitachi, soprattutto, programma di far partire una salva di novità nei prossimi mesi.
L’idea è quella di aumentare drasticamente la capacità di archiviazione dei dischi rigidi, che hanno ormai raggiunto una velocità per quanto riguarda il trasferimento dati nel mercato consumer più che sufficiente. Il modo per aumentare la capacità mantenendo dimensioni piccole o ancora più piccole delle attuali è quello di aumentare la densità con la quale si registrano i dati sulla superficie (piatti) dei dischi.
Il modo scelto da Hitachi è quello di sviluppare hd tridimensionali, vale a dire dischi rigidi che mutino il paradigma nato negli anni Cinquanta per il quale i dati vengono registrati sul piano x-y, ovvero longitudinalmente. I modelli allo studio e in fase di realizzazione prototipale sfruttano anche una terza dimensione, l’altezza, per avere oltre al piano anche le “pareti” sulle quali la testina possa scrivere i dati.
Ancora, nei primi prototipi, la densità dei dati non è significativa: 130-150 gigabits (vale a dire 16-18 Gigabyte) per pollice quadrato, mentre i dischi convenzionali stanno per toccare la soglia dei 120 gigabits (15 Gigabytes) per pollice quadrato: una nuova tecnologia non ancora sufficientemente avanzata rispetto alla presente per giustificare i maggiori costi di produzione. Però la ricerrca non si ferma. L’obiettivo per il 2007 è quello di arrivare a 230 gigabits (quasi 29 Gigabytes) per pollice quadrato e continuare, riducendo anche le dimensioni del disco portando così su un microdrive da 1 pollice 20 GB e 1 Terabyte (1024 Gigabyte) su dischi da 3,5 pollici, quelli usati nei computer fissi.
Anche la concorrenza lavora allo sviluppo di dischi tridimensionali: Seagate, Toshiba e altri stanno infatti cercando di lavorare allo stesso tipo di idea che è legata addirittura al Diciannovesimo secolo, quando lo scienziato danese VAldemar Poulsen registro suoni con tecnologia magnetica in questo modo. L’idea c’è, la tecnologia anche, adesso deve essere sviluppata e resa altrettanto affidabile e sicura rispetto a quella attualmente in uso.
