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La fine della larga banda (negli Usa, perché da noi…)

Non c’è cosa che innervosisca di più gli analisti di mercato, quei signori delegati a costruire strane tendenze statistiche che giustifichino investimenti o rovina per le aziende e i consumatori senza contare gli investitori, di quando qualcuno prospetta la parola “fine”. Perché le loro analisi sono sempre costruite come se niente dovesse cambiare: oggi si vendono tanti Pc? Se continua così tra vent’anni ne avremo costruiti più di quanti grani di sabbia ci siano in riva al mare. Non è un ragionamento plausibile perché non tiene alcun conto delle ondate di innovazione e dei cambiamenti di mercato, delle tecnologie concorrenti? Non importa: questo è ciò di cui è imbevuta l’ideologia degli analisti e questo è ciò che vanno raccontando al mondo.

Ordunque, veniamo a noi: negli Usa la crescita della larga banda è stato un fiume inarrestabile, un maremoto che ha portato, come le piene del Nilo, sedimenti fruttuosi per tanta parte dell’industria high-tech. Tanta banda vuol dire far crescere i giganti della connessione, le aziende dei servizi, i fornitori degli apparecchi delegati. Uno, due, addirittura tre o quattro interi comparti tecnologici (dai produttori di semiconduttori a quelli che fanno cavi e router, persino i software open source e l’eLearning) tutto si è tenuto perché questo gigantesco e sotterraneo motore continuava a crescere senza requie: nei conti economici dei fornitori di connettività  e nelle previsioni oracolari degli analisti.

Adesso, però, siamo arrivati al soffitto: pochissima acqua ancora può allagare la stanza. La banda larga nel maggio del 2006, negli Usa, è cresciuta del 57% rispetto allo stesso periodo del 2005, portando il totale di persone che navigano la rete e la utilizzano all’astronomica cifra del 72%. Ma stiamo per arrivare al picco e all’appiattimento della curva, stimato (dal solito analista questa volta controcorrente) intorno all’85%. Sopra quella cifra, con prezzi ridicoli come 14,95 dollari al mese (da noi sarebbero dieci euro, e ti regalano pure le telefonate ai cellulari e quintali di sms), il mercato delle Dsl è chiuso. Chi ancora utilizza il doppino telefonico da lì non si schioda. Doppino una volta e doppino per sempre, c’è a chi basta quello e di più non vuole. Cosa significa? Che le magnifiche e progressive sorti di quel mercato (e di tutti quelli collegati) nelle fantasie previsionali e numeriche degli analisti segnano una brusca frenata. E’ la fine di un’era, direbbero. Tempo di chiedere il trasferimento ad altra sezione della ricchissima società  di analisi di mercato.

Ebbene, se la crescita arriva al palo, se la doppia cifra sarà  un ricordo come ai tempi della corsa all’Oro e dei Fortyniners, quelli del ’49 (inteso come 1849, non come la squadra di football) saranno solo un ricordo. Quindi?

Manca da sfondare un ultimo muro, quello dell’accesso universale alla larga banda, previsto dallo stesso Bush per il 2007 e spalleggiato dai Democratici americani, che lo sognavano già  per il 2006 – ma a quanto pare siamo un po’ in ritardo – costruito sulla trasformazione di un mercato altamente competitivo come quello dei provider di connettività  in un mercato di “commodity”, con prezzi livellati ancor di più e raggiungibilità  del servizio basata sull’idea dell’accesso universale e del servizio pubblico infrastrutturale. E’ la fine di un’era, piace testimoniarlo tra i primi.

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