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MacOs X su Intel: potere non è sempre volere

Sviluppatori ed esperti del mondo Mac concordano: il porting di MacOs X su Intel è solo una questione di risorse e di scelte strategiche, non un problema di carattere tecnico. Questo l’esito di un’inchiesta svolta da MacWeek sul tema della conversione del nuovo sistema operativo per piattaforme diverse da quelle del mondo PPC. Un giro d’opinioni il cui esito era per alcuni versi prevedibile ma che contiene indicazioni preziose per capire quali potrebbero essere le considerazioni sulla cui base saranno elaborate le linee strategiche e di mercato.
La voglia di MacOs X su Intel è nata qualche tempo fa, quando Wilfredo Sanchez, uno degli sviluppatori di Apple, annunciò di avere completato il porting di Darwin per Intel. Una voglia che si é ulteriormente rafforzata negli ultimi mesi durante i quali il mondo x86 ha camminato spedito mentre i processori PPC sono rimasti al palo.
Lo stesso Jobs ha più volte, l’ultima delle quali lo scorso aprile nel corso della assemblea degli azionisti, provato a smentire la possibilità  del porting e anche le considerazioni in merito da parte di siti indipendenti confermano l’illogicità  di questa scelta. Lasciando però da parte queste considerazioni e sotto il profilo meramente tecnico, in realtà , il problema del porting non sarebbe così complesso.
“Si tratta, in fondo, di ricostruire il kernel per Intel – ha detto Bob Murphy, uno dei responsabili di ShadeTree una società  che cura la compilazione di applicazioni per MacOs X – e questo non dovrebbe essere troppo difficile visto che il kernel é lo stesso di NeXT che già  girava su x86. Poi Apple dovrebbe dedicarsi a produrre drivers per le periferiche”.
Anche questo compito, sostiene James Berry di Critical Path software, una società  che produce proprio drivers per MacOs X, non sarebbe un compito arduo. “Basterebbe che Apple definisse le specifiche di una piattaforma di riferimento” e probabilmente potrebbbe essere proprio questa la strada che Cupertino sceglierebbe se decidesse davvero di passare a MacOs X: costruire una scheda madre proprietaria con un chip x86 sarebbe la strada quasi obbligata anche per mantenere i vantaggi di oggi e non disperdere le proprie risorse tornando sulla strada dei cloni.
“Una scheda madre di questo tipo, in fondo, – aggiunge Chris Cooksey, uno dei responsabili di XLR8 – comporterebbe un solo ostacolo: l’utilizzo di un controller di memoria differente da quello proprietario utilizzato oggi, non compatibile con una CPU Intel o AMD”.
Venendo al software MacOs X e i programmi scritti in Cocoa e in Carbon necessiterebbero di una lieve riscrittura o solo di un processo di ottimizzazione, ma anche qui le difficoltà , pare di capire, sarebbero poche. I problemi maggiori sorgerebbero dall’ambiente classico. Per fare sì che esso funzionasse sarebbe necessario costruire un emulatore per PPC su Intel, in sostanza realizzare un’applicazione che similmente e inversamente a quanto fa VPC consentisse ad un codice scritto per una piattaforma di girare su un diverso processore. Apple si troverebbe a che fare, inevitabilmente, con rallentamenti e prestazioni poco soddisfacenti.
Ma la vera sfida giungerebbe da fattori logistici. Apple dovrebbe continuare ad offrire assistenza e supporto a due diverse piattaforme, PPC e x86, visto che la larga base di installato imporrebbe una continuità  anche sul fronte attuale. Ma anche qui la flessibilità  di MacOs X potrebbe dare una mano: il nuovo Os può contenere gli eseguibili per tutte e due le piattaforme in una stessa applicazione.
MacWeek ne conclude che la scelta di Apple di passare ad Intel dipende dalle risorse che la società  di Cupertino deciderà  di destinare ad un simile progetto, risorse che, a giudizio di chi scrive, potrebbero essere ragionevolmente al di là  delle forze di Apple. Soprattutto se Motorola e IBM manterranno le promesse degli ultimi mesi.

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