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Meg Withman (HP): “Microsoft e Intel erano nostri partner, ora sono nostri avversari”

Stiamo vivendo una stagione molto interessante per il mondo della tecnologia. È un po’ come se si fosse congelato l’inferno, per usare un proverbio molto in voga tra i genietti dell’hi-tech californiano. Forse perché da quelle parti fa abbastanza caldo da ritenere che una gelata improvvisa sia una cosa inusuale e, in un certo senso, eccezionale: neve sulle strade di San Francisco e nella Silicon Valley, ad esempio.

Ebbene, a far scendere copiosi i fiocchi su Cupertino, San José e Palo Alto non è un cannone da pista di sci ma Meg Withman CEO di HP, donna energica e di carattere che sta cercando in tutti i modi di rimettere in carreggiata uno dei colossi più colossali del settore tecnologico. HP è un’azienda con una tradizione lunghissima – è stata fondata dai suoi due creatori neolaureati di Stanford in un garage di Palo Alto nel 1937, sostanzialmente creando il mito della start-up californiana e hi-tech – con quote di mercato enormi e con ambizioni ad essere presente in maniera totale nel settore dei PC, dei server, della stampa, degli apparati per l’azienda (storage, networking) ma anche nel software e nei servizi. HP è un’azieneda che innova ma che sta anche perdendo quota.

E ne perde tanta: il 20% del fatturato della divisione PC è evaporato a maggio e poi in agosto un altro 11%. Questo, dice adesso Meg Whitman, arrivata alla guida dell’azienda dopo l’esperienza fallimentare con Leo Apoteker durata pochi mesi e che ha l’obiettivo di fare una rivoluzione (necessaria) con un piano di qualche anno. Meg questa rivoluzione vuole farla, ma si sta rendendo conto di una cosa: i peggiori nemici sono quelli che credeva i suoi migliori amici.

La prospettiva del mercato PC business è negativa: nel 2014 (anno fiscale) HP non vedrà una crescita. Probabilmente un calo. C’è una emorragia enorme, e questo nonostante Meg abbia dichiarato di essere un supporter e un “credente” di Windows 8. L’idea della Withman, che aveva brevemente flirtato con Google e i suoi tablet Android e i suoi PC Chromebook, era che bisognase stare allineati al mercato di Microsoft per la parte software e al mercato Intel per la parte hardware più pregiata, cioè il processore. Come dire: “Wintel”, il vecchio duopolio che è andato avanti per venti o trent’anni.

Ecco, adesso la Meg dichiara: “I mercati di HP che tradizionalmente erano altamente profittevoli stanno fronteggiando una significativa fase di crisi. Gli apparecchi Wintel vengono sfidati quotidianamente dagli apparecchi basati su processore ARM. Stiamo vedendo un profondo cambiamento nelle dinamiche della competizione sul mercato. I nostri attuali partner, come Intel e Microsoft, si stanno trasformando da partner in fenomenali avversari”.

hp Meg Withman 500

Traduciamo quel che la Withman dice: la supremazia del modello Wintel non c’è più. Adesso c’è concorrenza, quindi i prezzi si abbassano e i margini diventano irraggiungibilli. Da un lato le vendite calano perché la gente compra i tablet, dall’altra le aziende come HP devono pagare il costo dei processori di Intel – che se li fa pagare molto cari per i primi 18 mesi di commercializzazione, prima di lanciare la generazione successiva – e i costi delle licenze di Windows, che impattano significativamente sui computer da 400 o 500 o 600 dollari.

I computer di fascia alta sono quelli dominati da Apple, che estrae tutto il suo valore. E riesce anche a farlo perché produce non solo il computer ma anche il sistema operativo, differenziando in maniera netta il suo lavoro dagli altri. Quando HP lancia un nuovo computer, è sostanzialmente un nuovo guscio attorno al sistema operativo di Microsoft e al processore di Intel. Apple ha capitolato su Intel, ma va alla grande con il resto, design, sistema operativo e le altre cose.

Adesso però non c’è solo la competizione, ma anche il cambiamento di strategia che coglie impreparata la Whitman che “crede” in Windows 8 e in Wintel. C’è che Microsoft produce i suoi Surface e presta due miliardi di dollari a Dell per delistare il titolo dell’azienda dal Nasdaq (praticamente indicando il cavallo sul quale Redmond vuole scommettere per la produzione dei PC) e compra il busines dei telefonini di Nokia per 7 miliardi di dollari. Intel compete anche nei settori enterprise con aree come il cloud computing (per le offerte alle aziende) e la computer security (McAfee è di Intel). In sostanza, gli alleati di una volta stanno estraendo tutto il valore e svuotano HP del suo.

La risposta della Whitman è di andare verso Google di nuovo. Cioè aprire una nuova stagione di supporto hardware e di progettazione agli apparecchi basati su Android e su Chrome OS. Senza contare poi che HP si è bruciata una carta eccezionale, a detta di molti, cioè la possibilità di sviluppare il suo sistema operativo partendo da WebOS di Palm, che aveva acquistato, fatto andare avanti e poi bruciato staccando la spina al servizio. Mossa crudele e a questo punto si capisce anche poco intelligente, simile a quella di Nokia che ha “ucciso” Symbian e il suo sistema operativo basato su Linux per passare a Windows e poi finire tra le braccia di Microsoft. Un lusso questo che HP non ha.

La mossa a sorpresa che HP potrebbe fare sarebbe l’acquisto di Blackberry, a questo punto l’unico grande vendor di tecnologia mobile con un piede anche nel settore dei tablet in grave difficoltà ma con ancora una base di installato significativa. Cosa farà Meg? Cosa deciderà? La prossima mossa, nell’arco delle prossime settimane-mesi, sarà quella che deciderà il suo futuro come CEO dell’azienda, ma soprattutto il futuro della storica HP.

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