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Nell’era dello streming video Disney si compra 21st Century Fox

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I Simpson avevano previsto tutto quando mostrarono nella serie “When You Dish Upon A Star,” la 21st Century Fox, divenuta una divisione di Disney. Quel che il cartoon faceva vedere come un fatto improbabile, è avvenuto oggi con la fine della corsa per il magnate dei media australiano Rupert Murdoch che vende tutto ai super-manager che guidano dell’impero dei topi e dei paperi che già si era “pappata” Pixar, poi Marvel e infine Lucas Film (in pratica Star Wars).

La 21st Century Fox però è un boccone molto succoso e grande da mandare giù anche per la golosa Disney, che ha dovuto mettere le mani alle riserve (e fare un bel po’ di debiti) per finanziare una acquisizione da più di 52 miliardi di dollari (44,40 miliardi di euro circa). La voce girava da settimane, si sapeva che Disney preparava il colpo grosso, ma adesso è ufficiale: CNBC ha confermato che l’acquisto è stato fatto. Ma cosa si è portata a casa Disney? Perché la super acquisizione in realtà è più complessa di quel che sembra.

Allora, Disney avrebbe comprato lo studio cinematografico, la compagnia di produzione televisiva (lo studios tv, praticamente), i canali via cavo, gli asset internazionali e i Regional Sport Networks di Fox. Sono invece esclusi dall’accordo il network televisovo di Fox, cioè Fox News e Fox Business, più la parte di sport nazionale e internazionale (F1). Comcast, il colosso via cavo americano, era l’altro contentende per l’acquisizione ma si è fatto due conti in tasca e si è tirato fuori dalla mischia, lasciando mano libera a Disney.

Dentro il pacchetto preso da Disney però ci sono più cose di quelle che non sembrano: gli studios di Hollywood comprendono la 21st Century Fox, Fox Searchlight e Fox 2000, cioè un buon pezzo delle produzioni di film per il grande schermo che negli ultimi anni sono stati al centro delle grandi produzioni americane. C’è poi National Geographic, che da tempo fa parte della galassia Murdoch, e poi c’è Hulu, il broadcaster via internet avversario di Netflix, di cui Fox possiede una bella percentuale. E infine c’è la quota che Fox possiede di Sky per l’Europa, il network televisivo via satellite presente anche nel nostro paese che è diretta emanazione dell’impero mediatico creato da Rupert Murdoch in Australia e Gran Bretagna.

La prima considerazione è sui motivi per cui Disney ha fatto questa mossa. E la risposta sta in tre nomi: Apple, Amazon e Netflix. Per la precisione: le tre aziende che producono e distribuiscono in formato digitale contenuto video ai loro utenti. Disney vuole recuperare a tutti i costi quel pezzo di filiera che è la distribuzione e, già che c’è, vuole anche potenziare la parte relativa alla produzione. Amazon con Prime Video e Netflix con tutto il suo business sono la principale causa di preoccupazione per Disney, ma anche Apple è una spina nel fianco, perché in qualunque momento può accelerare su produzione e distribuzione, e soprattutto può rendere più lontano da Disney il pubblico pagante.

Disney si sta sempre più orientato verso un modello di business basato sulla integrazione verticale e vuole arrivare a toccare gli utenti da una parte e produrre i contenuti dall’altra, con tutto quel che c’è nel mezzo inclusa la vendita dei pop corn, se ci riesce. Se l’antitrust americano e quello europeo saranno d’accordo, ci potrebbe anche riuscire (persino con i pop corn, se continuano così).

disney 20th century fox
I Simpson avevano già previsto tutto…

Nell’ultimo anno, mentre Amazon comincia lentamente a prendere velocità come produttore e distributore di contenuti originali – in Italia si vede ancora poco ma in America la presenza di Prime Video è sempre più improtante – la palla è decisamente passata nel campo di Disney. La quale ha preso consapevolezza con una certa lucidità che la minaccia di Netflix è reale e che l’azienda si è piazzata nella posizione ideale per arrivare a giocare il ruolo di piattaforma. E quindi prendersi sostanzialmente la maggior parte del valore presente nel mercato. Da qui la decisione di Bob Iger di riorganizzare Disney attorno a un modello integrato verticalmente, sistemare i conti in casa e poi partire all’attacco con una nuova ondata di acquisizioni e di movimentazione di dirigenti e direzioni unica nella storia del cinema e della televisione americani.

Entro il 2019 Disney ha pianificato di far partire il suo servizio di streaming in piena competizione con quello di Netflix, dove vuole riportare tutti i prodotti in suo possesso, creando una di quelle situazioni ben conosciute ad esempio nel mercato delle console per videogiochi, in cui determinati titoli sono presenti solo per una piattaforma piuttosto che per l’altra a causa di politiche di esclusiva aggressive.

Infine, una nota per gli amanti dei supereroi: come è noto i diritti cinematografici di alcuni dei supereroi Marvel non sono rimasti attaccati alla casa madre, e quindi con Disney, ma erano già sviluppati da terzi. Adesso, con l’acquisizione di 21st Century Fox, La Disney fa tornare sotto lo stesso ombrello sia i vari X-Men, Deadpool e Fantastici Quattro che i Vendicatori, Uomo Ragno e Iron Man. Come dire: potremmo vedere film in cui Uomo Ragno, Hulk, la Cosa e Thor si menano di santa ragione assieme a Wolverine e Gambit.

Le conseguenze della prima acquisizione di uno dei sei grandi studios di Hollywood da parte di un altro (Disney che compra 21st Century Fox), lascia in mano all’azienda guidata da Iger circa due terzi di Hollywood. Cosa faranno gli altri quattro, cioè Universal, Warner Bros., Paramount e Sony? Ovviamente non lo sappiamo. Il clima, secondo Hollywood Reporter, è piuttosto teso. Il rischio maggiore è che 21st Century Fox diventi solo un marchio, come già lo sono diventati Marvel e Pixar.

Invece, per concludere, non c’è assolutamente una idea su che fine farà il resto di Fox che non è stato comprato da Disney. Murdoch si è liberato praticamente di tutto tranne che delle news e dello sport. Questi due settori da soli però non riescono a tenere assieme un vero impero mediatico (neanche un regno mediatico) e probabilmente dovranno subire una potente riorganizzazione e ripensamento anche come modello di business.

Forse la vera spiegazione dell’acqusizione però è un’altra. Ed ha a che fare con la Rosebund del Cittadino Kane: vendere tutto, allontanarsi sul viale del tramonto mentre i due figli (sventurati) Lachlan e James possono scegliere se continuare a giocare agli imprenditori con Fox oppure andare a fare i dirigenti di altissimo livello dentro Disney. In ogni caso, una uscita in grande stile per il magnate dei media australiano, che adesso non solo ha 86 anni, ma vede anche un suo grande amico e sodale, Donald Trump, come presidente degli Stati Uniti. Siccome il processo di revisione da parte delle autorità durerà 12-18 mesi, quale momento migliore per vendere se non adesso, in maniera tale che il braccio politico del potere accumulato da questa parte degli Stati Uniti si manifesti e faccia concludere tutto per il meglio? Ma queste forse sono dietrologie all’italiana che non dovrebbero avere cittadinanza negli Stati Uniti, paese del libero mercato privo di complicazioni e accordi sottobanco tanto cari al nostro paese. Però, come diceva quello, a pensar male si fa peccato ma molto spesso ci si azzecca. E sai mai che il vecchio Murdoch non abbia deciso di giocare questa carta quando era sicuro che anche il regolatore, per il quale tanto la Fox si è spesa, gli avrebbe dato ragione?

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