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Nuovi MacBook: i gemelli finalmente riuniti

Il design funziona a tendenze, in qualche modo segue delle onde, percorre dei sentieri anche tortuosi ma netti. In qualche caso, il “family feeling” spiega molto. E per capire come sarà  il futuro dei nuovi portatili di Apple bisogna fare due passi indietro. Il primo, alla bellezza di cinque anni fa (una vita, in termini informatici) per quell’anno per molti versi eccezionali (e per altri terribili) che fu il 2001.

Quando Arthur C. Clarke aveva previsto che dovesse aver luogo la sua Odissea (in realtà , ci fu l’11 settembre), Apple ha giocato due carte “storiche” per il suo futuro. La prima è stata l’iPod, il cui successo è sotto gli occhi di tutti. La seconda si chiamava iBook, la seconda generazione di portatili per il mondo “education” (cioè scolastico) e per i consumatori che cercavano la qualità  della mela in una fascia di prezzo relativamente più bassa.

La prima generazione, con design circolare e colorato a conchiglia esordì nel luglio del 1999: primo processore un G3 a 300 Mhz e scheda video da 8 Mb Ati Rage Mobility. L’iBook 12 pollici bianco e liscio come una caramella esordì invece a maggio del 2001 con un modello dotato di processore G3 a 500 Mhz e stessa scheda video da 8 Mb, seguito nel gennaio 2002 dal modello con schermo a 14 pollici. Questa coppia è diventata nel tempo una “fabbrica di record”, a tal punto da vedere solo ieri interrotta la sua produzione record (cinque anni e due processori: G3 e G4).

L’iBook ha rappresentato per molti versi la vera macchina entry-level di Apple: economica, molto robusta e compatta, dal design intrigante, adatta a un pubblico vario: uomini e donne, studenti ma anche professionisti in cerca di una macchina di forte portabilità . Bisogna arrivare al MacWorld di San Francisco del gennaio 2003 per veder comparire, insieme al modello PowerBook 17 pollici – con un design che poi avrebbe ispirato il “nuovo” PowerBook Aluminium 15 pollici che aveva sostituì l’eroico Titanium – anche il PowerBook 12 pollici. Sostanzialmente, un involucro di alluminio con praticamente lo stesso tipo di design (solo più sottile grazie alle differenti proprietà  di resistenza rispetto al policarbonato bianco) dell’iBook.

Qui comincia l’anomalia. Due dodici pollici molto simili, entrambi con monitor 3/4, cioè con la stessa proporzione tra altezza e larghezza dei televisori non widescreen. Per molto tempo il pubblico si è spaccato e anche la matrice dei prodotti voluta da Steve Jobs al suo rientro in Apple, cioè due prodotti professionali (PowerMac e PowerBook) e due prodotti consumer (iMac e iBook) si è un po’ confusa. L’arrivo del Mac mini, alla fine del 2005, per la precisione settembre, ha complicato ulteriormente le cose, creando una terza categoria “ibrida” per switcher e gente alla ricerca di Mac molto economici.

La competizione tra i due “piccoli” in un settore come quello dei portatili dove a contare sono variabili ulteriori rispetto alla semplice potenza (il peso, la portabilità , sicuramente il costo) hanno inciso a lungo sull’area comune. L’arrivo dei processori Intel, che hanno seguito un percorso di adozione graduale ed ancora in corso, ha reso “sospesi” i tempi per chi voleva comprare Mac portatili. Prima iMac e MacBook Pro 15 pollici. Poi Mac mini. Quindi, MacBook Pro 17 pollici. Infine, adesso, i nuovi MacBook da 13 pollici in sostanzialmente tre modelli diversi per velocità  o per colorazione.

Ricordando che all’appello mancano ancora i PowerMac (tuttora dotati di G5 da uno a quattro “cuori” fisici o logici) e gli Xserve nelle differenti varianti commercializzate ma sempre tutte con a bordo i G5, una grande semplificazione è avvenuta e il maggiore elemento di novità  sta tutto nella differente colorazione, che apre la strada a possibili modelli di iMac Intel dai colori diversi. Anzi, dai “non-colori”, dato che né il nero né il bianco possono essere correttamente classificati come colori.

Ma qual è il punto nella fusione celebrata ufficialmente dei due prodotti peraltro già  così confusi, cioè i due “piccoli” tra i portatili di Apple? Il modello nero ha sulla carta sostanzialmente le stesse caratteristiche di quelli bianchi. Ma anche guardando i dettagli non si spiega la differenza di prezzo tra il prodotti medio e il massimo.

Cambia il disco (che passa da 60 ad 80 GB a 5400 giri al minuto, espandibile peraltro sino a 120 GB a richiesta), mentre la scheda video rimane sempre la stessa, cioè il modello un po’ debole integrato con la memoria condivisa, e anche tutto il resto è identico, dal processore alla dotazione di memoria, sino alla possibilità  di collegare un monitor esterno sia Dvi che Vga e ottenere oltre al mirroring anche la scrivania estesa.

In questo modo la matrice di prodotti Apple cambia radicalmente: 17 e 15 pollici per i professionisti (Pro) e 13 pollici per i consumer o per chi cerca mobilità  a scapito di performance (in queste ore i 15 pollici hanno subito il primo speed bump, arrivando a 2,16 Ghz). Dal lato “anomalo”, il Mac mini continua a fare storia a sé, anche se è l’unico prodotto ad avere il processore Core Solo, e l’iMac Intel attende l’arrivo di un “parallelo” nel mondo professionale che probabilmente si potrebbe chiamare Mac Pro. La transizione di Apple ad Intel è quasi arrivata a termine, ma si sta intrecciando anche con un cambiamento più profondo sia nella nomenclatura degli apparecchi che nella loro “disposizione”, tanto da far pensare che in realtà  l’arrivo degli apparecchi fissi Pro non sia l’ultimo passaggio ma solo uno stadio ulteriore di rinnovamento. Con lo spazio sempre aperto ad altri tipi di computer portatili, ad esempio, dotati di schermo ancora più piccolo e simmetrici magari al Mac mini. Magari un MacBook mini, simile a un piccolo Tablet Pc…

Una scusa verso tutti lettori e un ringraziamento a quanti hanno puntualizzato alcune – troppe – delle imprecisioni presenti in questo articolo. Il vantaggio (e la sfida) di scrivere su Internet è proprio questo: il dialogo continuo con voi lettori, che costituisce una delle principali ricchezze.
a.

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