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P@tto di Sanremo, c’è (forse) anche Apple

Finalmente abbiamo avuto soddisfazione dal Governo riguardo ad alcuni dei quesiti sul P@tto di Sanremo, quello che lasciava sorprendentemente fuori dai “giochi” tutto quanto di buono Apple aveva portato nel settore con iTunes Music Store, il DRM FairPlay e l’iPod.

Immediatamente dopo la firma (inizio marzo) di una cinquantina dei maggiori player mondiali un po’ tutti gli utenti Mac e più in generale quelli di iTunes/iPod (quindi anche Windows) si sono chiesti perché lasciare fuori questi sistemi dalle nuove regole italiane del settore, la redazione di MacityNet si è mossa chiedendolo direttamente all’ing. Paolo Vigevano: Consigliere del Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie nonché Capo della Segreteria Tecnica del Ministro Stanca, fondatore di Radio Radicale nel 1979, fondatore e finanziatore di uno dei primi ISP italiani, Agorà  Telematica, infine eletto nel 1994 alla Camera dei Deputati.

MacityNet:
Dottor Vigevano, qual’è stato il processo che vi ha portato a redigere il P@tto di Sanremo? Da chi è partita la prima richiesta di regolamentare diversamente il settore, nato da relativamente poco tempo, dei contenuti digitali acquistabili in rete?

Ing. Vigevano:
Il P@tto di Sanremo è il punto di arrivo di un lungo processo incentrato sul confronto ed il coinvolgimento di numerosi attori, tutti direttamente coinvolti ma spesso con interessi e prospettive molto diverse se non contrastanti.
Torniamo un po’ indietro, al pre-Patto, se così si può dire.
In data 23 luglio 2004, con decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con i Ministri per i beni e le attività  culturali e delle comunicazioni, nasce la Commissione Interministeriale sui contenuti digitali nell’era di Internet (di seguito Commissione) che si è posta come principale obiettivo quello di condurre un’approfondita analisi del mercato dei contenuti digitali tenendo conto, in particolare, delle evoluzioni tecnologiche e del contesto internazionale. Tra gli obbiettivi rilevanti anche l’elaborazione di proposte, anche di natura normativa e in considerazione degli orientamenti comunitari, finalizzate ad incentivare le forme di offerta e consumo di contenuti digitali, garantendo allo stesso tempo l’efficacia della tutela della proprietà  intellettuale.

Per svolgere tali compiti, la Commissione ha effettuato 56 audizioni, di cui 3 realizzate in forma scritta – per un corrispondente numero di ore pari a circa 100 – dei soggetti più rappresentativi del settore, tra i quali: esperti, operatori di software e di device, operatori di telecomunicazioni, editori, produttori di contenuti e autori, operatori cinema/TV/Format, Federazioni e Associazioni dei imprese operanti nei settori citati, Associazioni di Consumatori, Guardia di Finanza e Forze di Polizia, Autorità  amministrative indipendenti ed altre Istituzioni.
Dall’attento lavoro della Commissione e dall’apertura di questo confronto, spesso serrato ma mai di totale chiusura, è nato il Patto.
Mi permetta di precisare l’uso della terminologia: qui viene usato un termine “regolamentazione” che ha una precisa valenza tecnica. La Commissione, se pure ha affrontato durante le audizioni temi indirettamente legati al problema, non si è mai occupata di regolamentazione della distribuzione dei contenuti poiché non ne aveva assolutamente competenza.

Cerchiamo di essere più precisi: parliamo di revisione della normativa del diritto d’autore rispetto alle sfide poste da Internet in particolare sulla diffusione non autorizzata in rete di materiale protetto dal diritto d’autore. Ed è questo di cui si è occupata la Commissione.
Per quanto riguarda la seconda parte della sua domanda, il Governo ha cercato, con l’istituzione della Commissione, di venire incontro ad esigenze sollevate, potremmo dire quasi contemporaneamente, da vari attori: operatori, produttori di software, associazioni di consumatori, il cosiddetto popolo della Rete, ecc. I catalizzatori di questo processo di revisione sono stati dunque molteplici.

MacityNet:
Il retro-marcia sulla “criminalizzazione” di chi scarica, dopo quali considerazioni è nato? Le multe sono state definite con certezza nel tipo di reato e nella cifra da pagare?

Ing. Vigevano:
Più che di un retromarcia, il parlamento ha stabilito per legge che la via repressiva anche se attenuata dalla multa in sostituzione della sanzione penale non è sufficiente a risolvere il problema di un corretto sviluppo della produzione, della distribuzione dei contenuti digitali.
Tanto è vero che nel convertire in legge il D.L. 7/05 ha introdotto nell’articolo 3 il comma 3 sexties che individua in un’azione comune di governo e settore privato lo strumento per affrontare in sede tecnica attraverso appositi gruppi di lavoro tutti gli aspetti aperti.

MacityNet:
Pare di capire che non criminalizziate il peer-to-peer perché, con tutta evidenza, serve anche a scambiarsi contenuti perfettamente legali, ma per molti serve a trovare su server remoti materiale che necessita di licenza per essere usato e anche materiale che non può avere licenza e dunque non utilizzabile. Come verrà  monitorato il sistema e come determinare colpe e colpevoli?

Ing. Vigevano:
Mi scusi ma qui non si tratta di criminalizzare il peer-to-peer, la legge vuole solo punire chi attua comportamenti contro la legge stessa e immette senza averne diritto, materiale protetto dal diritto d’autore. Mi pare che nessuno abbia mai invocato indagini a tappeto, per altro costosissime, su tutti gli utenti del peer-to-peer. Volevo inoltre ricordarvi che sono altre le attività  illecite su cui si concentra l’attività  investigativa delle nostre Forze dell’ordine, ne cito solo alcuni esempi: pedopornografia, terrorismo, invasione della privacy e furto dell’identità  personale.

MacityNet:
Gli ISP a quali regole precise dovranno sottostare e a partire da quando? Contratti vessatori all’orizzonte che schiaccino la già  flebile tutela della privacy, senza da parte loro dare nessuno strumento in più ai clienti?

Ing. Vigevano:
Gli ISP non hanno con la nuova legge nessuno obbligo aggiuntivo, se non quelli già  recepiti nella legislazione italiana con il D.lgs 70/2003 ed indicati dalla Direttiva relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società  dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico (Direttiva 2000/31/CE). Ovvero l’ISP può agire solo su comunicazione dell’autorità  giudiziaria e debba comunicare all’autorità  la violazione, una volta venutone a conoscenza.
L’ISP non appena a conoscenza dei fatti, su comunicazione delle autorità  competenti, agisce immediatamente per rimuovere le informazioni o disabilitarne.
L’ISP non è inoltre soggetto ad alcun obbligo di sorveglianza, tuttavia deve: “informare senza indugio l’autorità  giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza, qualora sia a conoscenza di presunte attività  o informazioni illecite riguardanti un suo destinatario del servizio della società  dell’informazione”; “fornire senza indugio, a richiesta delle autorità  competenti, le informazioni in suo possesso che consentano l’identificazione del destinatario dei suoi servizi con cui ha accordi di memorizzazione dei dati, al fine di individuare e prevenire attività  illecite” (art 17 commi 1 e 2).

L’ISP è civilmente responsabile del contenuto di tali servizi solo nel caso in cui, richiesto dall’autorità  giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non ha agito prontamente per impedire l’accesso a detto contenuto, ovvero se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole, per un terzo, del contenuto di un servizio al quale assicura l’accesso, non ha provveduto ad informarne l’autorità  competente. L’azione dell’ISP è dunque attuata solo in risposta ad una violazione reale del diritto d’autore accertata dall’autorità  giudiziaria.

Questo, credo, che risponda alla sua domanda esaustivamente. La tutela dell’ISP rispetto ad azioni a tappeto sui propri clienti, che potrebbero essere in parte non motivate e deteriorare i rapporti ISP-cliente è fuori discussione.
Preciso inoltre che allo stato dei fatti, una inversione di tendenza rispetto alla normativa vigente, nel senso di fare dell’ISP un esecutore delle notifiche e contronotifiche, in maniera automatica, richiederebbe ulteriori approfondimenti e studi per valutare adeguatamente le conseguenze che una simile disciplina comporterebbe, in considerazione delle peculiarità  del nostro ordinamento.
Se infatti un processo di questo genere garantirebbe la velocità  d’azione, priverebbe l’utente e gli ISP delle garanzie contro false segnalazioni e con conseguente rischio di generare un notevole contenzioso in relazione alla concreta applicazione della procedura.

MacityNet:
Pare che dalla vendita dei file che servono alle costosissime suonerie dei telefoni cellulari gran parte del guadagno resti nelle mani solo delle varie telecom e della SIAE, gli autori e gli editori delle canzoni non ricevono nulla, le sembra corretto?

Ing. Vigevano:
Lei fa riferimento, in generale, a quella parte del mercato dell’E-content che va sotto il nome di “Mobile Entertainment”, del quale recentemente sono stati presentati alcuni interessanti dati all’interno del 1mo Rapporto sul Mercato dei Contenuti Digitali curato, oltre che dal nostro Centro Studi anche da Federcomin e Netconsulting.
Le indagini mostrano come in effetti gli operatori di telecomunicazioni riescano a trattenere fino al 50%-60% dei ricavi complessivamente prodotti dal mercato dei loghi e delle suonerie.
Tuttavia, se togliamo i margini degli aggregatori di contenuti, rappresentati dai cosiddetti WASP (Wireless Apllication Service Provider), ai titolari dei diritti di proprietà  intellettuale spetta una quota compresa tra il 20% e il 25% del valore complessivo del business generato.
Inoltre, alcuni trend riscontrati evidenziano come i tradizionali produttori di contenuti, nel prossimo futuro, potrebbero decidere di svincolarsi sempre più dagli intermediari (ovvero i WASP), per raggiungere direttamente l’utente finale e incrementare i propri margini.

MacityNet:
Lo studio dei DRM fatto dalla Commissione che garanzie e che tutele ha dovuto “pesare”; quanti tipi di DRM sono stati analizzati?

Ing. Vigevano:
Speravo di non doverci tornare! Evidentemente il popolo della rete non comunica così velocemente e “viralmente” come si crede. In più di un’occasione anche per altre testate e riviste in rete, ho precisato che il Rapporto sul DRM, non è, ripeto, non è, opera della Commissione.
Il lavoro nasce come informativa interna alle strutture del Ministro per l’Innovazione e Tecnologie. Tuttavia poiché, nel vero spirito della rete e del peer-to-peer, a noi piace condividere la conoscenza, fare il knowledge sharing, l’abbiamo pubblicato sul nostro sito.
Il documento proprio per questa sua natura informativa non riflette necessariamente né la posizione del Ministro né quella della Commissione.

Premessa questa necessaria precisazione, la nostra posizione sui DRM è riassunta nel Rapporto, i contenuti digitali nell’era di Internet frutto dei lavori della Commissione, e disponibile sin dai primi di marzo sul sito www.innovazione.gov.it.

Noi riteniamo che i DRM siano fondamentali per lo sviluppo legale del mercato dei contenuti digitali. Tuttavia la condizione necessaria perché l’effetto dei DRM sia positivo è che essi si basino su standard aperti, interoperabili che consentano la facilità  di fruizione e le garanzie di tutela della privacy per il consumatore.

La tecnologia dei DRM rappresenta inoltre un’importante opportunità  per i detentori del copyright di differenziare la propria offerta commerciale su diversi livelli, in base ai diversi utilizzi e alle diverse modalità  d’uso. L’idea di base è che il consumatore paga in rapporto ai particolari diritti che acquisisce sul contenuto digitale.

Il vantaggio del DRM è di consentire un’offerta differenziata sul prezzo in base all’utilizzo che ciascun consumatore vuole fare di ciascun contenuto, sviluppando nuovi modelli di fruizione ad hoc basati sui bisogni dei consumatori e garantendo un’offerta attrattiva, che dovrebbe svolgere la funzione di deterrente ai comportamenti illeciti.

Vorrei concludere enfatizzando il fatto che non possono essere trascurate le speciali esigenze dei consumatori diversamente abili. Né non può essere tralasciato il ruolo delle biblioteche, che nel loro ruolo di conservazione e diffusione della conoscenza, devono consentire il più ampio accesso possibile dei cittadini al sapere. Da ultimo, debbono essere valutate con attenzione le esigenze della scuola e delle comunità  scientifiche per le quali la diffusione e la condivisione della conoscenza sono elementi fondamentali.

MacityNet:
La Commissione in base a quali criteri ha scelto i membri da contattare (auto-candidatura o a chiamata?) e, se c’è qualcuno di quelli contemplati che ha deciso di non firmare, si possono conoscere i nomi?

Ing. Vigevano:
Abbiamo scelto il criterio di sentire le associazioni e gli attori principali del settore. Naturalmente abbiamo dovuto fare una scelta; abbiamo avuto circa 60 audizioni e qualcuno è rimasto fuori; a quanti ci hanno chiesto ormai fuori tempo massimo di partecipare alle audizioni, abbiamo chiesto di mandare una memoria scritta.
E’ chiaro che avremmo voluto coinvolgere tutti ma questo avrebbe allungato i tempi in maniera esponenziale. Diciamo che come la rete, la Commissione ha lavorato in modalità  best effort.

MacityNet:
Vi ha in qualche modo influenzato quello che già  accade da tempo nel più grande mercato, quello statunitense, MusicUnited per esempio, nel giudizio su alcuni operatori da interpellare?

Ing. Vigevano:
Naturalmente sì. In tutto il nostro lavoro abbiamo tenuto conto sia del dibattito europeo e che di quello statunitense come si può facilmente verificare nel Rapporto della Commissione.

MacityNet:
L’iPod, come saprà , è il leader assoluto dei player MP3 in tutto il mondo, il jukebox musicale digitale iTunes Music Store è invece il leader assoluto con oltre 300.000.000 di brani venduti legalmente in tutto il mondo. Perché Apple (iPod e iTunes Music Store sono suoi prodotti) non c’è nel P@tto di Sanremo? Si badi che non abbiamo chiesto di Apple Italia, ma di Apple genericamente.

Ing. Vigevano:
Scelte aziendali, credo.

MacityNet:
Per voi è un ostacolo avere il maggiore player del settore della musica digitale che pur avendo una sede legale in Italia dipende da una sede europea e mondiale (in California) alla quale vengono demandate tutte le decisioni, nella fattispecie iTunes Music Store, per le 12 nazioni europee contemplate, ha sede in Lussemburgo. E’ per questo che non avete potuto avere anche la loro firma?

Ing. Vigevano:
Non capisco a quale ostacolo allude. Apple è venuta in audizione e ha espresso liberamente il suo punto di vista. Nel Rapporto è stato dedicato ampio spazio sia al business model dell’Apple sia da posizione espressa in audizione. Vorrei comunque precisare che la BSA (Business Software Alliance), Associazione di cui Apple fa parte, ha firmato. Possiamo quindi dire che Apple ha sottoscritto in quanto associato!

MacityNet:
Vi preoccupa la defezione dichiarata di alcune associazioni dei consumatori (anche se altre hanno aderito) e della dura critica di un “paladino dell’open source” come si propone essere l’onorevole Fiorello Cortiana, oppure scivolano velocemente le loro osservazioni negative?

Ing. Vigevano:
No, non mi preoccupa! Credo che abbiamo fatto il possibile per dare una risposta politica convincente e naturalmente di mediazione tra interessi diversissimi; tuttavia siamo impegnati a continuare a lavorare per trovare soluzioni sempre migliori e quindi non desistiamo dalla nostra speranza di portare dalla nostra parte anche gli irriducibili.

MacityNet:
Il P@tto è migliorabile/mutabile e se sì come e quando?

Ing. Vigevano:
Il P@tto non è scritto nella pietra; è solo un punto di partenza.
Al P@tto seguiranno i tavoli di lavoro con tutti gli attori del settore. I tavoli rappresentano un’opportunità  sistematica di supporto all’attività  del legislatore anche nella definizione di un nuovo scenario normativo. E’ il punto di partenza per sciogliere il dilemma digitale incentrato sulla ricerca di un giusto equilibrio tra diffusione dei contenuti e tutela della proprietà  intellettuale. L’obiettivo è quello di valorizzare gli effetti positivi della rivoluzione digitale in atto e, allo stesso tempo, di combattere gli abusi commessi in rete.

Insomma, grazie al tempo e alla pazienza spesi dal nostro interlocutore nel rispondere alle nostre domande (che hanno necessitato quasi due mesi di tempo per essere completate), ora sappiamo che Apple, nei fatti è tra i firmatari del P@tto di Sanremo. Purtroppo, nonostante ciò, nelle comunicazioni ufficiali di Apple non v’è traccia, come non si fa alcuna menzione ad iTunes Music Store, iPod, o FairPlay. E lo stesso si può dire delle documentazioni rilasciate a margine del patto, come il Rapporto citato. Ci sono però Microsoft e altre aziende (pure l’italiana Vitaminic che da diversi anni vende online anche in USA, ma che MusicUnited, continua ancora ad ignorare), tutte membri di BSA, al pari di Apple. E dire che Cupertino ha una rilevanza superiore a tutti questi protagonisti, anzi non è esagerato dire che nell’ambito della musica digitale supera la stragrande maggioranza di molti di essi sommati insieme.

A margine notiamo anche che scorrendo il patto si esce con qualche dubbio di troppo (ad esempio l’importo delle multe specifiche introdotte dal P@tto non siamo riuscite a conoscerle) e con la convinzione che alcuni aspetti dovranno essere meglio precisati o approfonditi, magari rendendosi conto che DRM basati su sistemi aperti non ne esistono, semmai ce ne sono di proprietari e minoritari sul mercato concessi in licenza (come quelli studiati da Microsoft) e che altri che restano in pieno controllo di chi li ha gestiti (come fa Apple) nonostante rappresentino la maggioranza del mercato. Ma questa è altra questione meritevole, al massimo, di essere valutata dalle commissioni antitrust locali.

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