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Quattro anni fa uno squarcio di futuro

Sono già passati quattro anni, scrive un amico su Telegram. E un altro twitta: era il futuro e ancora non lo sapevamo. Abbiamo riso, abbiamo riso tutti all’ennesimo meme che circolava sui social, e non sapevamo che era uno squarcio spazio temporale, un anticipo del futuro che ci avrebbe raggiunto e travolto, ahimé con effetti devastanti per tutti. Anche per questo aspetto, forse marginale ma sicuramente non meno importante.

Quattro anni e due giorni fa un consulente geopolitico della BBC che vive in Corea del Sud veniva intervistato come di consueto per BBC News, il telegiornale della televisione pubblica inglese. Il tema erano le tensioni (tutt’ora in corso) in tutta quella parte dell’Asia. Il professor Robert Kelly era intervistato da quello che sembrava essere un normale ufficio, con la webcam del PC: libri sulla scrivania, una cartina del mondo alle spalle. Quando, all’improvviso entra di corsa la figlia Marion di pochissimi anni, seguita attimi dopo dal figlio con il girello, James.

È il delirio, l’intervista si inceppa, il professore è imbarazzato ed entra di corsa anche la moglie (letteralmente in scivolata), Jung-a Kim, che abbranca i figli e li porta via. Intanto, nel pandemonio cadono i libri e il tavolo di lato si rivela essere il realtà il letto matrimoniale della coppia e tutta la stanza appare all’improvviso essere un set messo su in maniera ingegnosa con pochi effetti dal professore per poter comparire in diretta televisiva da casa in un ambiente “ufficiale” di lavoro.

Inutile dire che la scena diventa istantaneamente virale, impazzisce su YouTube, c’è persino una gif animata con i figli che devastano l’intervista del padre, e la BBC coglie la palla al balzo con una seconda intervista al professore, questa volta ospite non per le sue competenze ma per il tema del lavoro da casa e accompagnato da tutta la famiglia, inclusa la moglie sorridente e i due figli. Come sa chi ha bambini piccoli, è difficile gestirli ma comunque la seconda è una chiacchierata “come avrebbe dovuto essere”.

E ci sono state anche conferenze stampa ed eventi ufficiali per questo improvviso quarto d’ora di celebrità. Sono già passati quattro anni, i figli tra l’altro sono cresciuti (come testimonia questa clip della figlia che suona il violoncello) e noi ci siamo accorti che non avevamo capito niente.

Quello che ci sembrava un evento surreale, una gag, qualcosa di cui fare la parodia perché fondamentalmente violava alcune delle regole sociali più profonde, cioè la divisione tra spazio del lavoro e della famiglia, in realtà era qualcosa di completamente diverso. Come la figlia, che entra in camera del padre durante l’intervista “like a boss”, così la storia è entrata “like a boss” nelle nostre vite. E le ha travolte. È arrivato un anno e pochi giorni fa la zona rossa, il lockdown, la pandemia, e con questo, assieme ai lutti e ai danni all’economia, è entrata la videoconferenza permanente per il lavoro e la DAD, la didattica a distanza, per gli studenti. Ed è cominciato l’incubo.

Sì perché il costo umano sia dell’isolamento che quello del costante logoramento con infinite conferenze e infinite lezioni tenute via video è qualcosa che sta scavando dentro moltissime persone. Per fortuna non tutti sono stati travolti da questo meccanismo, ma la realtà è che adesso tutti hanno cambiato registro e le case, gli spazi privati, sono diventati in parte pubblici. La tolleranza per figli e nipoti, per ambienti dismessi o non professionali, per contesti nei quali le persone entrano ed escono dalla modalità lavorativa o di studio costantemente, sono diventate la norma.

Quattro anni fa involontariamente, o potremmo dire grazie al genio serendipico di due bambini piccoli e allo sforzo eroico della madre che ha cercato di acchiapparli al volo (e che venne anche razzisticamente indicata come la babysitter perché di etnia asiatica, a differenza del britannico marito), il professor Robert Kelly ci ha offerto un pezzo di futuro che non abbiamo saputo cogliere. Ne abbiamo riso, lo abbiamo stigmatizzato, abbiamo giudicato dal comfort dei nostri ambienti tradizionali e dei nostri riti convenzionali quella che sembrava una clamorosa violazione dell’etichetta, un evento carnevalesco perché mette a nudo paure e modalità aliene dalla norma sociale. E in realtà non avevamo capito niente.

Infatti, il destino ci stava preparando un piatto inimmaginabile in cui il video connesso alla rete sarebbe diventato il nostro signore e padrone, in cui tutte le nostre case si sarebbero trasformate in improvvisati studi televisivi, a prescindere che il device connesso a Zoom, Meet o Teams e dotato di videocamera fosse nel tinello, nel sottotetto o nel sottoscala o addirittura sul terrazzino vista giardino. Tutti quanti abbiamo dovuto fare i conti con un modo diverso di porci nei confronti della scuola e del lavoro.

Sono ammessi stili di vestiario molto più informali, ambienti familiari, intrusioni di bambini e animali domestici o passaggi di adulti indaffarati in altro. Però nessuno ancora tiene conto in maniera adeguata delle sofferenze psicologiche e professionali ad esempio di moltissime donne, che stanno pagando in maniera sproporzionata il prezzo del lockdown, oppure la fatica logorante del lavoro da casa e del video su scala industriale, della mancanza di moto, della fatica psicologica e sopratutto dell’anno perduto per bambine e bambini in età scolare.

Quattro anni fa uno squarcio di futuro

Insomma, abbiamo riso perché non sapevamo cosa stava per succedere quattro anni fa, e adesso non ci stiamo preoccupando adeguatamente del costo psicologico e umano che stiamo pagando, oltre a quello delle vite umane perdute e dell’economia. Forse, dovremmo imparare dal passato e prestare più attenzione a quello che sta succedendo.

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