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Samba: “Novell, ripensaci. Lascia perdere Microsoft”

La questione è un po’ complessa. Ma, dopotutto, il mondo del software “libero” (nel senso di privo di vincoli, oltre che gratuito nella maggior parte dei casi ma non necessariamente) non è affatto semplice. E’ un mondo nuovo, in cui le crisi negli ultimi anni si susseguono. Basta ripensare alla causa intentata da Sco a Ibm che aveva come obiettivo indiretto gli utilizzatori di Linux e del software Open Source. Ma tant’è, questa volta gli avvenimenti sono così improvvisi e repentini che ancora in molti non si sono riusciti a formare un’idea. Quei pochi, a quanto pare, stanno però già  cominciando a protestare.

L’antefatto è l’accordo siglato una decina di giorni fa tra Novell, azienda storica del networking (suo NetWare, che per lungo tempo aveva dominato la scena del mondo delle interconnessioni aziendali prima di Internet per tutti) sconfitta da Microsoft e Linux e successivamente riconvertitasi al mondo “open” con l’acquisto di Suse, la distribuzione del pinguino che avrebbe dovuto conquistare anche lo spazio del desktop oltre a quello dei server, e Microsoft, l’azienda di Redmond che non ha bisogno di tante presentazioni. Nell’accordo si prevede uno scambio di licenze, nel senso che nonostante le cause ancora in sospeso (Novell ha citato più volte Microsoft per violazione delle sue proprietà  intellettuali, e l’ha in passato anche sconfitta incassando un po’ di milioncini) le due aziende si possono in qualche misura “scambiare” proprietà  intellettuali e collaborare assieme allo sviluppo di nuovo codice.

Il problema, come hanno iniziato a notare gli altri membri di altre comunità  Open Source (regolate da altre licenze rispetto a quelle di Novell), è che in questo modo si crea una sorta di spaccatura. Una rottura che, prevedono quelli di Samba (uno dei maggiori programmi open in circolazione, insieme alla fondazione di Apache e allo stesso Linux) potrebbe portare anche a una divisione, uno scisma tra chi segue il codice libero “duro e puro” senza compromessi con il mondo del “closed source” e della “malefica” Microsoft, e chi invece va a fare affari con il demonio senza tanti drammi di coscienza.

Qual è il risultato? Che adesso la pressione dall’esterno verso Novell sta cominciando a diventare forte prim’ancora che l’inchiostro sull’accordo siglato si sia finito di asciugare. In questo modo, l’azienda dello Utah che forse sperava di recuperare economicamente qualcosa da una non felice transizione al mondo “open”, adesso vede lampeggiare all’orizzonte lo spettro di una perdita se non altro di reputazione tra gli sviluppatori open source che potrebbe costargli parecchio cara.

Non è ancora chiarissimo l’effetto dell’accordo con Microsoft, si diceva, né chi veramente ci guadagni e chi veramente ci perda. La convinzione di Microsoft dev’essere abbastanza monolitica e far parte di una più ampia strategia verso il suo principale competitor, cioè quell’Open Source che mina le basi stesse del modello di business intuito da Bill Gates più di trent’anni fa: i soldi si fanno col software e non coll’hardware. Se il software però viene via gratis, allora niente più soldi se non con i servizi collegati (come fa, peraltro, in buona parte Ibm). Quindi, un problema da risolvere magari non più con attacchi frontali ma con un accerchiamento e una sottile manovra di dirottamento dal binario del treno open source.

Chi può dirlo? Proprio adesso che la stessa Novell ha piazzato la versione 1.2 di Mono, uno dei più ambiziosi progetti di riconversione del framework di DotNet (doveva essere il gioiello della corona di Microsoft, cinque anni fa, anche se poi ha perso un po’ di quota), e un successivo aumento costante del pinguino in generale nel mercato server, tra molti sviluppatori indipendenti (i soldati dell’armata anonima dietro ai progetti open) serpeggia un po’ di malumore, di malcontento e soprattutto di perplessità . Fosse che l’ambizione di Novell ha giocato un tiro mancino a tutti loro? Dopo che anche Oracle ha aperto la via al supporto di Red Hat, la principale distribuzione sulla quale girano i suoi database, spiazzando così la società  omonima quotata in Borsa, rimane una sola certezza. Almeno Sun Microsystem ha scelto la licenza Gpl (lo standard dell’open più open) per la transizione verso il mercato libero da vincoli e segreti di tutto il mondo Java. Chissà  cosa succederà  adesso: la questione è davvero un po’ complicata…

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