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Su Wired la storia segreta di iPod

A cinque anni dalla nascita di iPod che cade il 23 ottobre, si vanno moltiplicando gli articoli di giornale che commemorano l’€™evento. Il che non è certamente stupefacente se si considera la portata del cambiamento che iPod ha introdotto nell’€™elettronica di consumo e nel modo di fruizione della musica digitale. Tra i più recenti merita di essere segnalato quello che la prestigiosa rivista Wired ha pubblicato nel corso della giornata di ieri.

L’€™articolo, a firma di leander Kahney (autore dei best seller ‘€œIl culto del Mac’€ e ‘€œIl culto di iPod’€9 è una piccola enciclopedia delle origini di iPod interessante soprattutto per chi è sbarcato da poco nell’€™universo del player, ma che non manca di presentare qualche aspetto non molto conosciuto del processo di studio e sviluppo del lettore.

Ad esempio si apprende che Apple studiava da qualche mese come introdurre sul mercato qualche cosa che avesse a che fare con la musica digitale, partendo software iTunes (nato dall’€™acquisizione di SoundJam), quando Jon Rubinstein, allora capo della divisione hardware di Apple, vide in occasione del Macworld di Tokyo quello che serviva: i dischi da 1,8 pollici di Toshiba. La casa giapponese non sapeva bene che farnsene di Hd di così piccole dimensioni, ma Apple sì. Era la componente di base per creare un player simile a quelli che aveva già  introdotto Creative, ma più piccolo e leggero.

Una volta tornato negli Usa e presentata l’€™idea a Jobs, Rubinstein si dedicò a mettere insieme il team che avrebbe dovuto studiare ogni componente. Apple aveva tutto in casa, dal gruppo che si sarebbe occupato dello schermo a quello che avrebbe pensato al sistema di gestione della batteria. Per accelerare i tempi (Apple voleva che il player fosse pronto in tempo per la stagione dei regali di Natale del 2001) vennero però acquistate alcune componenti (come il processore di PortalPlayer) e il sistema operativo (di Pixo che stava studiando un Os per cellulari). Il team aveva quale consulente Tony Fadell, un ingegnere che aveva già  lavorato a progetti simili. Nella più pura tradizione Apple Fadell venne portato a Cupertino senza che sapesse di che cosa si sarebbe occupato.

Nel corso del processo di studio uno dei concetti fondamentali, al contrario di quel che si può pensare, non fu aggiungere funzioni, ma eliminarne, renderlo più semplice. Tra le invenzioni più brillanti c’€™è stata la rotella di navigazione che, secondo Rubinstein, venne a Phil Schiller. Sempre a Schiller si dovrebbe l’€™idea della rotella che fa scorrere i menù più veloci più a lungo viene girata.

Infine il nome. Venne scelto tra quelli che Apple aveva già  registrato. Nel caso specifico si riferiva ad una denominazione scelta per un chiosco Internet che non venne mai realizzato. Nonostante il richiamo che determinava alla mente avesse poco a che fare con le funzioni del player, la scelta fu geniale e contribuì al successo: è semplice, facilmente memorizzabile e, come spiega Athol Foden, un esperto di denominazioni citato nell’€™articolo, non descrive l’€™oggetto e quindi può essere applicato ad esso anche in futuro, nel caso in cui le sue funzioni si evolvono.

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